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'La popolazione di lupi dovrebbe essere dimezzata'

Per Sandro Rusconi (Associazione territorio senza grandi predatori) vi è il rischio che in futuro questo animale attacchi anche le persone

La quarta cucciolata di lupi del branco della valle Morobbia nel 2018 (Ucp)
13 gennaio 2021
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L’avvistamento del lupo sul Piano di Magadino, cui la ‘Regione’ ha dedicato ieri un ampio servizio, «è solo la punta dell’iceberg». A preoccupare Sandro Rusconi, vicepresidente dell’Associazione territorio senza grandi predatori, è in generale «l’aumento vertiginoso della popolazione di questo predatore» che si registra ormai da anni. «Ogni anno bisognerebbe ridurre il numero di esemplari della metà, o almeno del 30%, rendendone così perlomeno stabile la quantità», afferma. Avanti di questo passo, il rischio è che possano iniziare ad «attaccare pure le persone».

In passato «non è mai successo che un lupo rimanesse per tre o quattro settimane in una zona altamente antropizzata», rileva Rusconi. L’Ufficio caccia e pesca (Ucp) ha giustificato questa presenza prolungata con il fatto che nelle scorse settimane vi sono state importanti nevicate che hanno probabilmente costretto l’animale a restare a quote più basse. Per Rusconi, invece, la spiegazione potrebbe essere anche un’altra: «Il fatto che rimanga per così tanto tempo, quando potrebbe recarsi altrove, significa che le altre zone sono occupate da altri esemplari». Si tratterebbe, insomma, di un cosiddetto lupo solitario che, scacciato da un branco, non sa dove andare. E sono proprio questi esemplari a preoccupare: «Un branco causa meno danni agli allevamenti, perché si adatta alla zona di caccia, conosce il territorio e sa quindi dove attaccare la selvaggina». Il problema è che «un branco mantiene le sue dimensioni proporzionate al territorio di caccia che ha a disposizione. Quindi, visto che i lupi si riproducono, ogni anno un branco allontana uno o due esemplari». Individui che poi diventano ancora più imprevedibili.

‘Incertezza, ansia, paura e molti danni’

“Imprevedibile” è proprio il termine con cui l’Associazione territorio senza grandi predatori definisce questo animale. In un comunicato diffuso ieri si fanno alcuni esempi: “Nel 2008 un lupo fece la sua prima apparizione e predazione a Sonogno. Arrivato da solo senza lasciare nessun segno lungo tutto il tragitto. La scorsa primavera uno o più lupi avevano fatto la loro comparsa in Verzasca. Sono stati fotografati di giorno in vicinanza di abitati, hanno predato animali domestici e si temeva potessero diventare stanziali. Poi da metà maggio più nessun segno della loro presenza in quella valle. Spariti nel nulla”. Insomma, “sia negli spazi fortemente antropizzati sia altrove la sua aggressività e furbizia e i suoi imprevedibili spostamenti possono solo causare incertezza, ansia, paura e molti danni agli allevatori”.

‘Se sono troppi possono diventare aggressivi’

Pure sul Piano di Magadino il lupo è stato avvistato insolitamente di giorno. Infatti, “i testi di zoologia descrivono il lupo come un animale schivo con abitudini notturne”, si legge nella nota. Una possibile spiegazione di tale comportamento, secondo l’Ucp, potrebbe essere che si sia spostato in seguito al disturbo provocato dall’importante presenza dell’essere umano. «Un lupo non resta in un territorio nel quale viene disturbato», sottolinea da parte sua Rusconi. «Se vi rimane vuol dire che non vuole o non può andare altrove». E questo perché gli altri territori sono già occupati da altri esemplari. A preoccupare è quindi in particolare la diffusione di questo predatore: «Quando la popolazione di lupi raggiunge una densità tale che gli esemplari si infastidiscono gli uni con gli altri, allora diventano più aggressivi e più sfrontati. Cominciano così a farsi vedere di giorno, ad avvicinarsi alle abitazioni o a occupare nuovi territori». Per Rusconi ciò potrebbe poi portare non solo ad attacchi ad animali da reddito, ma anche a persone. «Per fortuna, intanto, non è ancora successo, ma diventa sempre più probabile».

‘Le misure di protezione passive non bastano’

E quindi come si dovrebbe agire per evitare brutte conseguenze? «Bisognerebbe almeno cercare di stabilizzare la popolazione di questo predatore. Il suo tasso di riproduzione è di circa il 30%, quindi si dovrebbe ridurre ogni anno gli esemplari di almeno questa percentuale», precisa Rusconi. «Bisogna evitare che si arrivi a una situazione di saturazione nella quale i lupi diventino ancora più problematici». Ma le misure di protezione adottate dagli allevatori non bastano? «Quelle passive non hanno dato risultati sufficienti: i lupi sono molto furbi e si adattano, aggirando ad esempio i cani da protezione. Inoltre, le recinzioni non possono essere installate ovunque: sovente sugli alpeggi il terreno non lo permette. E ciò rende l’allevamento non più redditizio. Bisognerebbe quindi implementare misure attive come i tiri di dissuasione con munizioni non letali, come fanno in Francia». Sandro Rusconi è consapevole che in Svizzera «sono difficili da mettere in atto, ma senza tali misure i lupi diventeranno sempre più sfrontati».

Infine, il vicepresidente dell’Associazione territorio senza grandi predatori sottolinea che «il nostro ambiente alpino non è idoneo al reinsediamento del lupo. Che merita molto di meglio, ovvero superfici contigue interamente selvatiche sufficienti per permettergli di vivere secondo la sua biologia. In Svizzera, invece, sente quasi costantemente la presenza dell’essere umano. Quindi o si adatta e diventa semi domestico, oppure genererà problemi».

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