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Bellinzona-parrocchie, ritirato il ricorso anti-convenzione

L’opponente ha cambiato domicilio. La Curia lo ha sostenuto ritenendo sbagliato non riconoscere la congrua dei preti nel contributo di 253mila franchi

D'ora in poi le 16 parrocchie di Bellinzona dovranno provvedere da sole alla congrua del prete (Ti-Press)
8 gennaio 2021
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Ricorso ritirato e passo avanti per l’entrata in vigore della convenzione valida otto anni fra la Città, le 16 parrocchie attive nel comprensorio aggregato e la Chiesa evangelica riformata (Cer). Convenzione che prevede un contributo comunale annuo di 253mila franchi, identico al montante derivante dalle convenzioni siglate nel corso dei decenni/secoli dalle parrocchie con i rispettivi ex 13 Comuni. Convenzione – questa la novità principale – che cancella la congrua, ossia il salario versato ai preti per le attività spirituali e di culto. Come appreso dalla ‘Regione’, l’abitante di Bellinzona che a fine 2019 aveva impugnato davanti al Consiglio di Stato il voto favorevole alla convenzione allora espresso dal Consiglio comunale, ha nel frattempo ritirato il ricorso avendo cambiato domicilio (ma non solo: la vicenda, come si potrà leggere, è assai più complessa) perdendo così il diritto d’impugnare decisioni adottate dalle autorità cittadine.

Via spianata, forse

Trattandosi dell’unico ricorso interposto, la convenzione ha ora in teoria la via spianata. In teoria, perché per poter entrare in vigore necessita di un doppio avallo superiore: dapprima quello della Sezione enti locali (Sel) che al Dipartimento istituzioni vigila sulla buona conduzione anche dei Comuni, e successivamente quello della Diocesi di Lugano. La quale durante l’iter ricorsuale si è schierata un po’ a sorpresa contro la convenzione sposando le tesi dell’opponente. E pensare che la convenzione è frutto di un lavoro d’assieme Comune-Parrocchie iniziato durante il progetto aggregativo e poi sfociato nell’adesione corale dapprima di tutte le 16 parrocchie attive nel comprensorio, poi del Legislativo cittadino.

Segnalata una prevaricazione

Visto il ricorso, 13 delle 16 parrocchie affidandosi all’avvocato Stefano Manetti avevano ritenuto opportuno prendere parte allo ‘scambio degli allegati’: inoltrando un’approfondita presa di posizione critica nei confronti del ricorso, avevano invitato il governo a respingerlo. Una questione a cavallo fra diritto canonico, diritto civile e diritti costituzionali nella quale la Curia, intervenendo nella diatriba su invito del ricorrente, si è anche dichiarata pronta a sostituirsi d’imperio alle parrocchie con l’obiettivo di definire con la capitale una nuova convenzione. È in questa fase che l’amministrazione cittadina si è accorta dell’avvenuto cambiamento di domicilio, invocando così la necessità di annullare il ricorso. Caso archiviato? Affatto. Le parrocchie, anche qui un po’ a sorpresa, tramite l’avvocato Manetti si sono infatti opposte allo stralcio del ricorso, credendo nell’opportunità/necessità di aggiornare la giurisprudenza in materia e considerando la portata del ricorso medesimo per altre potenziali situazioni simili derivanti da aggregazioni comunali. Anche in questo caso la presa di posizione delle 13 parrocchie è stata assai severa nei confronti dell’intervento della Curia, ravvisando una grave prevaricazione dei diritti e la violazione dell’autonomia parrocchiale.

Pressioni dall'alto?

E a quel punto che, in attesa della decisione governativa, il ricorrente ha infine ritirato il ricorso. Non è dato a sapere se ‘motu proprio’ o se dietro pressioni dall’alto. Di certo la vicenda ha innescato un po’ di tensione (eufemismo) sull’asse Bellinzona-Curia. Diocesi, come detto, che prossimamente sarà chiamata ad avallare la convenzione dopo la Sel, ma con una capacità di vigilanza e intervento che rischia di essere ridotta e limitata al solo arbitrio, senza più toccare in questa fase le questioni di principio.

Gli estremi della convenzione

La convenzione, ricordiamo, si basa sul principio secondo cui alla paga del prete deve provvedere la parrocchia finanziandola con le offerte raccolte e/o l’imposta parrocchiale non da tutte applicata (Bellinzona ad esempio). Fra i punti centrali vi è anche l’armonizzazione del contributo (pari a metà dei 253mila franchi) all’insegnamento religioso per tutti i quartieri; quanto all’altra metà, 15mila franchi finirebbero alla Cer e i 113’500 franchi restanti andrebbe a costituire un fondo comune delle 16 parrocchie, gestito da quella di Giubiasco, destinato ad attività sociali/locali. La soluzione individuata veniva ritenuta dal ricorrente, si leggeva nel suo testo, “un harakiri che a medio termine porterà a diminuire drasticamente le entrate delle parrocchie”, non da ultimo considerando che “l’insegnamento religioso è in declino costante”. Una convenzione, proseguiva il ricorso, “permeata di giacobinismo di stampo ateista, tipico del periodo radicale dell’800, approccio che lede crassamente il principio della libertà religiosa, così com’è intesa in Svizzera e Ticino”. Secondo l’ex ricorrente “sorprende che Parrocchie e Cer non abbiano combattuto la clausola di divieto di utilizzo dei fondi per scopi o attività di culto”, visto che per definizione stessa le chiese “hanno uno scopo di culto”.

Spese legali, il conto è salato

Resta per contro pendente – senza tuttavia coinvolgere la convenzione – il solo punto relativo alle spese legali sopportate durante la fase ricorsuale dalle 13 parrocchie assistite dall’avvocato. Parrocchie che in difesa del principio di causalità contestano l’ammontare di 300 franchi riconosciuto loro dal governo, cifra che corrisponde all’incirca a un’ora di patrocinio, e ne chiedono svariate migliaia a fronte delle decine di ore lavorative resesi necessarie durante lo scambio degli allegati avvenuto dopo l’inoltro del ricorso. Qualora la richiesta delle parrocchie venisse accolta, l’ormai ex ricorrente – o chi per esso – rischia di dover attingere pesantemente al conto in banca per saldare una fattura a più zeri.

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