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Sementina, ‘il nemico invisibile ha devastato la nostra oasi’

Un’infermiera caporeparto nella casa anziani reagisce alle critiche piovute da più parti dopo il decesso di 19 ospiti su 80 a causa del Covid

Archivio Ti-Press
7 maggio 2020
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"Il nemico invisibile ha devastato la nostra oasi". Inizia così la testimonianza di Nadia Canella, infermiera di lungo corso alla Casa anziani di Sementina (dal 2017 di proprietà della Città di Bellinzona) dove svolge la funzione di caporeparto. Lavora nella struttura dal lontano 1993 e, ci dice, "in tutti questi anni mi sono trovata confrontata con tante situazioni, ma mai hanno avuto un impatto devastante nella presa a carico e a livello gestionale ed emotivo come quello vissuto nell’attuale periodo pandemico". Dopo quanto pubblicato e letto sui giornali (la ‘Regione’ ha dedicato al tema più articoli: il 21 aprile, il 22, il 26, il 28 e il 4 maggio) afferma di "non potere rimanere in silenzio e subire senza raccontare il mio stato d’animo". Con una premessa: "Sono vicina ai famigliari che hanno perso il loro caro, ma nello stesso tempo sono distrutta e mortificata nel leggere tanti sentimenti di rabbia". Sono quelli che il nostro giornale ha raccolto ascoltando alcuni familiari di ospiti deceduti (il numero ufficiale è 19 su 80, fra i più alti del Ticino) e un operatore sanitario che la pensa diversamente da Nadia Canella. Critiche cui il direttore degli Istituti per anziani della Città, Silvano Morisoli, nonché il medico cantonale Giorgio Merlani, hanno risposto da queste colonne.

‘Lavorato ininterrottamente per garantire le cure’

"Noi ci siamo da sempre - prosegue Nadia Canella - e c’eravamo anche questa volta, in un angolo, pronti a combattere il virus annidatosi, per sfortuna o fatalità, nel nostro tranquillo luogo di vita, dove per anni abbiamo curato e amato ogni residente". Netta la presa di coscienza di quanto accaduto, che è ben diverso dai zero decessi registrati nelle altre due strutture di proprietà comunale, le case Pedemonte e Mesolcina: a Sementina, evidenzia la caporeparto, "siamo stati colpiti in modo devastante! Ogni giorno abbiamo lavorato ininterrottamente per garantire le cure, rispondere ai bisogni di ogni singolo ospite, confortare, sostenere i famigliari e gestire un nemico a volte mortale". Una versione che contrasta con quella di chi sostiene invece che l’informazione ai familiari fosse carente, le cure prestate insufficienti e lacunosa la gestione di degenti e personale apparentemente non positivi. Ma il cui tampone effettuato per decisione del medico cantonale il 18 aprile (in deroga alle disposizioni federali che non prevedevano fino al 22 aprile un’esecuzione a tappeto nelle strutture sanitarie, nonostante in altre nazioni fosse chiaro da tempo ormai che uno dei problemi più importanti fosse proprio quello degli asintomatici potenzialmente positivi) ha portato alla luce diversi contagi fra chi non manifestava sintomi.

‘Mortificata dalle critiche’

"Ben presto - annota Nadia Canella - ci siamo resi conto della sua virulenza, nonostante le nostre continue attenzioni, precauzioni e dispositivi di protezione adottati e messi in atto". Il tutto in un contesto emotivamente pesante: "Abbiamo dovuto affrontare situazioni di cure complesse, gestire l’emergenza e con grande sofferenza arrenderci di fronte alla morte dei nostri affezionati residenti". Per chi come Nadia Canella ha dovuto "vivere di persona questo subdolo periodo" cominciato a marzo, "non è stato per niente facile né scontato, e sicuramente i recenti articoli non hanno aiutato a mantenere un ambiente di lavoro sereno". Articoli - ribadiamo tuttavia - con i quali la ‘Regione’ ha voluto dar voce alle varie parti coinvolte. "Sono mortificata - entra nel merito la caporeparto - nel leggere che un istituto o il personale avrebbe peccato di negligenza, senza curare e assistere ogni singolo residente in modo adeguato attenendosi alle direttive cantonali". Criticità comunque finite sotto la lente del medico cantonale, che sull’istituto di Sementina ha istituito una sorveglianza speciale. Non da ultimo, il Movimento per il socialismo ha chiesto al procuratore generale di aprire una verifica preliminare su tutte le analoghe strutture ticinesi che registrano decessi per Covid-19. Nadia Canella richiama però dal canto suo, in un periodo di emergenza pandemica, al "bisogno di solidarietà, umanità e comprensione da parte di tutti e non certo di critiche e sentenze dettate da rabbia, incomprensione o poco rispetto". Ogni operatore - assicura - era "cosciente di poter contrarre il virus, ma nonostante la paura e la preoccupazione si è messo a disposizione per prestare tutte le cure necessarie a vincere questa dura battaglia". D’altronde il personale è anche ben cosciente del fatto che quando si lavora in ambiti sanitari "si è sempre esposti a un rischio maggiore, nonostante l’adozione dei dispositivi di protezione individuale, il rispetto delle norme d’igiene e l’applicazione dei criteri di sicurezza che la professione impone".

‘Ricostruire un’immagine di rispetto’

L’invito è quindi quello di valutare la difficile situazione considerando le varie sfaccettature e ogni componente: "Credo non sia stato facile per nessuno, famigliari, personale, direzione ma soprattutto per i residenti stessi, essere privati degli affetti più cari e trovarsi costretti a vivere le giornate nella propria camera, comprendere cosa stava succedendo nel vederci trasformati e non più riconoscibili sotto i dispositivi di protezione, e da ultimo accettare l’isolamento come forma preventiva". Con questo testimonianza Nadia Canella vuole evidenziare la necessità di trovare "la forza e il coraggio per potercela fare. Siamo stati travolti e soffocati da qualcosa di sconosciuto. Tutto questo ci ha insegnato a non mollare e a non arrenderci, traendo anzi insegnamenti significativi per un prossimo futuro, aiutandoci a ripartire più ricchi di esperienza e consapevoli che solo l’unione potrà permetterci di ricostruire un’immagine di rispetto, affetto e riconoscenza verso quel luogo di assistenza e di vita per cui ogni istituzione di cura nasce".

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