Bellinzonese

Migrante ammanettato alla doccia, condannato un solo poliziotto

Uno dei due agenti a processo è stato riconosciuto colpevole di sequestro di persona e abuso di autorità. Prosciolto il collega, presente senza però intervenire

L'entrata del bunker a Camorino (Ti-Press)
20 dicembre 2019
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Un agente della Polizia cantonale condannato per sequestro di persona e abuso di autorità a una pena di 20 aliquote giornaliere da 110 franchi (sospese per un periodo di prova di 2 anni) e prosciolto l’altro collega che era presente ma che di fatto non ha agito. Dopo l’apertura del processo settimana scorsa in Pretura penale a Bellinzona, oggi pomeriggio il giudice Siro Quadri ha letto la sentenza facendo una chiara distinzione tra i ruoli assunti dai due poliziotti 35enni la sera del 21 gennaio 2017, quando lasciarono ammanettato un richiedente l’asilo minorenne per oltre 6 ore in una doccia del bunker di Camorino.

Altre soluzioni

Pur riconoscendo la delicatezza del loro lavoro, Quadri ha spiegato che in quell’occasione il poliziotto con più esperienza, definito capogruppo, avrebbe dovuto perlomeno mettere in dubbio l’ordine ricevuto dal loro superiore di agire in quel modo. I due, patrocinati dagli avvocati Maria Galliani e Deborah Gobbi, si erano infatti giustificati in aula dicendo di aver seguito le indicazioni del sergente maggiore (condannato tramite decreto d’accusa) e di aver dovuto gestire una situazione delicata (con chiamate urgenti e senza altro personale disponibile) nel modo che in quel momento risultava essere il meglio praticabile. «C’erano altre soluzioni – ha invece replicato il giudice – ad esempio chiamare un’ambulanza per il giovane o perlomeno mettere in discussione cosa era stato detto loro di fare. Di sicuro non avrebbero dovuto abbandonare la vittima nel centro di Protezione civile ammanettato al tubo di una doccia senza più interessarsi a lui, nemmeno alla fine del loro turno».

Per questo Quadri ha condannato il poliziotto che ha eseguito l’ammanettamento riducendo però di ben due terzi la pena proposta dal procuratore generale (pg) Andrea Pagani nel decreto d’accusa che i due agenti avevano impugnato. Cadute come detto le accuse di complicità nei confronti dell’altro poliziotto “aiutante” che «non ha scelto né partecipato ai fatti».

‘Intervento sproporzionato’

«Non è un lavoro facile, siete sul campo in mezzo ai delinquenti e mettete in pericolo la vostra vita». Il giudice ha spiegato di aver tenuto conto di ciò nel decidere la sentenza che poliziotto condannato e pg stanno valutando se impugnare. «Quella sera però il comportamento è stato illegale dal profilo deontologico e dal punto di vista delle norme di polizia», ha aggiunto Quadri, sostenendo che «non è giustificato un fermo con queste modalità e così a lungo per un ragazzo minorenne che era stato segnalato da un cittadino alle forze dell’ordine perché era ubriaco e aveva dato in escandescenze». Il principio della proporzionalità, ha continuato il giudice, non è pertanto stato rispettato.

Il coinvolgimento di Argo 1

Nel ripercorrere la vicenda Quadri ha ricordato che, una volta intervenute, le forze dell’ordine hanno portato il minorenne in gendarmeria, situata proprio nei pressi del bunker di Camorino in cui risiedeva il giovane. Successivamente – poiché lui si era inferto delle ferite dando una testata nella cella di sicurezza – e su ordine del sergente maggiore lo hanno portato e bloccato nella doccia del centro per richiedenti l’asilo sorvegliato dagli agenti di Argo 1, il cui ex responsabile Marco Sansonetti è stato scagionato ieri dallo stesso giudice e per la stessa vicenda dal reato di coazione e abuso di autorità (vedi a pagina 3). La polizia sosteneva di aver lasciato le chiavi delle manette al personale di Argo 1 invitandolo a liberare poi il giovane, ma a tal proposito il giudice ha sottolineato che le manette sono materiale di polizia che non possono essere trasmesse a terzi che non hanno la possibilità di utilizzarle.

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