Bellinzonese

Cocaina, un anno in più di prigione per un ticinese

Processo Ombra 3: 63enne di Bodio pregiudicato è stato condannato oggi dal Tribunale penale federale per 8 kg di droga trasportati a Milano

Il giudice Tito Ponti (Ti-Press)
26 marzo 2018
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Salgono a dieci le condanne nell’ambito dell’inchiesta antidroga ‘Ombra’ condotta dal procuratore federale Alfredo Rezzonico contro un’organizzazione dedita al traffico di cocaina da Bolivia e Brasile via Svizzera con destinazione Italia. L’ultima, al termine del terzo processo dopo i primi due celebrati nel 2015 e 2017, è stata pronunciata oggi nei confronti di un 63enne di Bodio. La corte del Tribunale penale federale di Bellinzona, presieduta dal giudice Tito Ponti, ha accolto solo metà delle accuse contenute nell’atto d’accusa per infrazione aggravata alla legge stupefacenti. La pena irrogata, anziché i proposti due anni e 10 mesi, è di un anno di reclusione effettiva. Pena aggiuntiva a quella inflittagli nel 2010 dall’allora Corte ticinese di cassazione pari a 4 anni e tre mesi per aver preso parte a un analogo traffico di cocaina.

Ora il 63enne era accusato di aver fatto da corriere compiendo due viaggi con la propria vettura da Bellinzona a Milano nell’agosto e nel novembre 2008; stando all’Accusa, in entrambe le occasioni trasportava nel baule quattro valigie contenenti ogni volta 8 chili di cocaina. Per quei viaggi (dapprima in aereo fino a Zurigo, poi in treno fino a Bellinzona) i corrieri sudamericani venivano pagati con i soldi che lui riceveva dagli acquirenti italiani una volta consegnata la merce. Fra questi figura il suo coimputato, un avvocato lombardo non presentatosi a processo; il caso è stato quindi disgiunto e la Procura federale dovrà agire separatamente (il procuratore si dice determinato a farlo).

Quanto all’imputato di Bodio, che ha sempre rifiutato di collaborare con gli inquirenti dichiarandosi innocente, la corte ha considerato valida solo una delle due chiamate di correo – quella riferita al primo viaggio – fatte da un membro dell’organizzazione a sua volta condannato dallo stesso Tpf nel 2015: mentre la prima è stata considerata sufficientemente concreta poiché basata su una conoscenza diretta dei fatti, la seconda è stata stralciata poiché basata su spiegazioni fornitegli da un altro membro dell’organizzazione, suo nipote. Inoltre per la prima pesa il fatto che al rientro del 63enne da Milano, i doganieri del valico di Bizzarone abbiano trovato tracce di droga sulle sue mani, sulle banconote e nella vettura; mentre al suo domicilio sono stati trovati biglietti aerei dal Sudamerica e la sostanza con cui i narcos avvolgono solitamente i pacchi di cocaina per eludere i controlli. Non da ultimo, nel proprio computer conservava nomi e recapiti di altre persone coinvolte in Sudamerica.

'Ruolo di primaria importanza'

Per la Corte il 63enne ha quindi giocato «un ruolo chiave, di primaria importanza vicino ai vertici dell’organizzazione e agli acquirenti». La sola attenuante riconosciutagli è la violazione del principio di celerità. L'avvocato difensore Nadir Guglielmoni, battutosi per il proscioglimento, ha chiesto alla corte le motivazioni scritte della sentenza, così da valutare col proprio assistito se impugnarla con un ricorso davanti al Tribunale federale. Idem potrebbe fare il procuratore Rezzonico.

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