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Clairière, da Lugano a Bergen sulla rotta dei cori

Uno scambio con l’Edvard Grieg Youth Choir che va oltre la musica, il 29 giugno nella Hall del Lac, il 6 agosto nella città norvegese

Repertori, pedagogie, stili di lavoro e repertori a confronto, e in unione (Conservatorio della Svizzera italiana)

Uno scambio con l’Edvard Grieg Youth Choir che va oltre la musica, il 29 giugno nella Hall del Lac, il 6 agosto nella città norvegese

18 giugno 2022
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Incontriamo un estratto del Coro Clairière nella stanza in cui, di lì a un’ora, un trio di giovani studenti sbucherà dalla porta per impossessarsi di un’esemplare di Steinway & Sons e di un paio dei leggii griffati Csi, Conservatorio della Svizzera italiana. Brunella Clerici, direttrice artistica del ‘Clairière’, in rappresentanza del quale ci sono anche – disposti in circolo – Rebecca, Elisa, David, Tim, Elias, Therèse, Adele, Aynadis. E Piera. Siamo qui per una co-produzione internazionale tra cori svizzero e norvegese, ovvero il Clairière e l’Edvard Grieg Youth Choir di Bergen, per una formazione complessiva di 50 cantori tra i 14 e i 18 anni attesi mercoledì 29 giugno alle 18 nella Hall del Lac in collaborazione con LuganoMusica e sabato 6 agosto alle 17 a Bergen, nella locale Cattedrale. Un scambio che va oltre la musica, mettendo in relazione pedagogie, stili di lavoro e repertori.

2’218 chilometri

Sono tre i cori del Conservatorio della Svizzera italiana: il Coro di voci bianche Clairière, il Coro Preparatorio (diviso in Coro Piccole Voci 1 e 2) e il Coro Giovanile. Nato nel 1999 all’interno della Scuola di Musica del Csi, il Clairière è diretto da Brunella Clerici, diplomata in composizione, pianoforte e direzione di coro presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Nel 1983, anno della direzione del suo primo coro, Clerici non ha più rinunciato alla coralità. Dal 2000 ha applicato questa missione al Csi, dove è docente alla Scuola universitaria di Musica; ha collaborato con Claudio Abbado, Marc Andreae, Giorgio Bernasconi, René Clemencic, Diego Fasolis, con i compositori Ivo Antognini, Jorge Bosso, Francesco Hoch, John Rutter, Jose M. Sánchez-Verdú, Daniel Teruggi; si è esibita con l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Orchestra Mozart, l’Orchestra Verdi, la World Doctors Orchestra, l’Ensemble Scirocco.

A 2’218 chilometri da Besso, tra i fiordi e le montagne, sorge Bergen, città della costa sud-ovest della Norvegia, anche sede della Edvard Grieg House, casa nella quale ha vissuto il celebre compositore. Il coro Egu, non per niente, è l’Edvard Grieg Ungdomskor (Youth Choir), composto da giovani tra i 16 e i 26 anni. Si esibisce in patria e all’estero, i suoi direttori sono Håkon Matti Skrede e Jon Flydal Blichfeldt. Così è avvenuta la scelta: «Il progetto con la Norvegia – spiega Clerici – è nato in un momento della pandemia durante il quale il nostro coro non poteva cantare, men che meno provare; cercavamo la strada per mantenerci comunque in attività, arrivando a una soluzione paradossale che in molti hanno adottato: fare lezioni di coro online, il massimo della fantasia…». In quel tentativo di dire ‘comunque ci siamo’, in quel tempo trascorso a studiare nuova musica, con tutte le difficoltà del caso, il coro riceve la sollecitazione di uno sponsor a costruire, carta bianca in mano, un progetto.

Il suono dei paesi del Nord

«Da tempo – continua Clerici – avevo nella mia testa l’idea di accostarci al suono corale del nord Europa, per la grandissima ricchezza di cori esistenti, per il repertorio vasto, popolare, i molti compositori attuali e un suono particolare, che ho sempre definito ‘il suono dei paesi del Nord’. Cercando di capire come avremmo potuto costruire una collaborazione all’interno della quale noi eravamo impossibilitati a fare prove, figurarsi viaggiare, abbiamo individuato a Bergen un coro giovanile con una certa attività. Dopodiché abbiamo pensato che non volevamo un déjà-vu – voi cantate, noi cantiamo, e alla fine cantiamo tutti insieme – e ci siamo presi tutto il tempo per costruire un repertorio». All’interno di esso, alcune partiture sono state composte appositamente da Ivo Antognini e, per la parte norvegese, da Kim André Arnesen. Il primo, su testo scritto dalla figlia 17enne, ha prodotto ‘Anima liquida’, ispirata al Lago di Lugano; il secondo ha composto ‘Lux illuxit’, rifacendosi alle sonorità dei canti medievali norvegesi. Ciò implica che il Clairière canterà in norgevese.

«Sulla pronuncia ci stiamo lavorando», dice Therèse. «Abbiamo un compagna di coro, Caroline, che conosce la lingua e ci può aiutare. È una lingua molto ‘sulle pronunce’, non è come leggere l’italiano. Per fortuna c’è lei». Di nuovo Clerici: «A tutto ciò si accompagna una peculiarità del repertorio latino: siamo andati a cercare nella nostra tradizione musicale individuando due brani di Monteverdi, non proprio un’abitudine nei repertori norvegesi; loro hanno individuato alcuni brani popolari. Poi una composizione di Benjamin Britten (‘A Hymn to the virgin’, per doppio coro, ndr), scritta quando questi aveva 16 anni per l’ammissione alla Royal Academy di Londra. A parte un paio di brani in solitaria, tutto il resto del programma è cantato insieme». Come provare? L’Egu verrà a Lugano per tre giorni alla fine di giugno, eseguirà uno spaccato del repertorio in un concerto-aperitivo, poi i cantori ticinesi prenderanno l’aereo, studieranno l’altra parte di repertorio e si farà il concerto, «compartecipato al 95 per cento». E come sarà la Norvegia? David: «Mia sorella è ossessionata dai paesi nordici. Io sono di origini portoghesi e la differenza tra Svizzera e Portogallo è già molto chiara. Penso che oltre la Svizzera sia ancora più diverso, una cosa più nuova». Clerici: «Non andremo a fare i lavori forzati, non sarà una cosa prove-concerto-ritorno. Avremo tempo quanto basta per visitare Bergen». E quando sarà la volta dei norvegesi, tutti al Lido di Lugano, nelle meno fredde acque della piscina comunale.

Martin Roos, CSII Tre moschettieri, all’Auditorio Stelio Molo

Dentro e fuori la mascherina

«Mentre eravamo in quarantena stavo cambiando la voce. Cantare è stato ancora più difficile. In videolezione faticavo a sentire il pianoforte, a sentire tutte le voci insieme, a prendere la nota perché prima avevo di fianco un soprano o contralto a darmela, e ora non li potevo sentire. Facevi fatica a imparare il pezzo, poi tornavi qui e il pezzo era completamente diverso da come l’avevi sentito online». Sono i ricordi di Tim, basso, nei giorni bui del Clairière. Clerici: «Il coro ha iniziato a entrare in quarantena dopo un grande progetto molto impegnativo, ‘Il piccolo spazzacamino’ al Lac, quando aleggiava il virus: dopo tre giorni, il Lac ha chiuso. Poi siamo entrati in questo limbo di lezioni online, ma tra un’interruzione della clausura e un’altra abbiamo allestito ‘I Tre moschettieri’, per poi andare in scena all’Auditorio Stelio Molo, non senza chiederci se ce l’avremmo fatta. Ci abbiamo messo impegno, energia, l’elettricità in sala era palpabile, tutti erano contenti che si tornasse a cantare».

Com’è stato rivedersi in faccia? Aynadis: È stato bellissimo, dopo che non ci siamo più potuti vedere da vicino. È stata una gioia poter sentire il suono del piano così com’è e non a scatti, e le voci in presenza. È vero, i brani che avevamo iniziato erano completamente diversi da come li avevamo sentiti al pc». Adele: «Con la mascherina senti che soffochi un pochino, però alla fine dagli occhi riesci a capire il sorriso degli altri. E puoi comunque ascoltarli. La mascherina fa sì che il canto resti un po’ più per te». Elisa: «All’inizio sembrava quasi che la voce non uscisse. Toglierla è stato un sollievo, e anche un ritorno al passato». Clerici: «Didatticamente è importante vedere la bocca del cantore, controllarne la dizione, il testo. Inutile dire che con la mascherina è impossibile».

Luana Beeli, I VesperaliCattedrale di San Lorenzo a Lugano, 27 marzo 2022

Luana Beeli, I VesperaliCattedrale di San Lorenzo a Lugano, 27 marzo 2022

C’è un momento che forse più di altri ufficializza l’addio alle mascherine, ed è il primo concerto dei Vesperali, con il Clairière nella Cattedrale di San Lorenzo a Lugano insieme all’Ensemble Concerto Scirocco. Era lo scorso 27 marzo. Clerici: «Abbiamo proposto la Missa sine nomine di Giovanni Pierluigi da Palestrina arrangiata da Johann Sebastian Bach, qualcosa di non usuale per dei ragazzi. Eppure fu così che Palestrina volle quella composizione, lui che scriveva per i giovani, soprattutto per le voci maschili». E la rielaborazione di Bach, che ha unito le voci agli strumenti musicali antichi – che a Lugano erano quelli dell’Ensemble Scirocco – ha fatto il resto. «Eravamo una direttrice del coro e 65 cantori in una fredda chiesa che tra prove e concerto, seduti sul marmo freddo, la settimana successiva ne ha messi a letto 25.

I Vesperali hanno lasciato un entusiasmo che prevedibilmente arriverà fino a Bergen. Complice anche la commisstione fra voci bianche e studenti del pre-college del Csi: «Comanda la partitura. A seconda di essa, si costruisce una sorta di lego, prendiamo diversi mattoncini per formare l’insieme necessario. Per affrontare una partitura come quella di Bach e Palestrina, con bassi e tenori, il Coro Clairière, sostanzialmente di voci bianche e voci femminili, non aveva il materiale corale sufficiente», e ha per questo attinto dal coro giovanile sezione pre-college, «un range di età che va dai 14 ai 18 anni circa, a quattro voci, soprani, contralti, bassi, tenori. Dopo la muta vocale».

Vivere da ragazzi

Con David e Tim, Elias è nel terzetto di bassi di questo nostro incontro, tre giovanissimi «entrati come voci bianche, ora bassi», spiega la direttrice «Non svettano più: psicologicamente è un cambiamento enorme». E dunque parla il terzo basso, che difende la categoria: «I soprani dominiamo su tutto il coro, senti quasi soltanto loro e noi siamo la coda. Ma siamo le fondamenta del brano». E il pubblico? Come lo vivete? Niccolò: «Mi sento abbastanza teso quando devo cantare, soprattutto ne ‘I tre moschettieri‘, con tutta la sala che ti guarda e nessuno dietro di te. Quella volta ho sentito la tensione». E cosa significa cantare qualcosa di così lontano dal sentire musicale di un – nel caso di Rebecca – 14enne? «È una musica che non senti in giro. Non è che accendi la radio ed esce Bach. È un’esperienza che porta ad ascoltare e a cantare musica nuova. Dedicare del tempo a qualcosa che normalmente non ascolterei mi aiuta a uscire dalla mia comfort zone».

Il futuro. Clerici: «Sono cinque i grandi progetti del prossimo anno, un programma impegnativo perché a comandare è il progetto, la partitura, che chiama organici diversi. Il Coro Clairère prova due volte la settimana, un’ora e mezza per volta; è un percorso didattico artistico, non è una società concertistica che può ‘tirare il collo’ per fare concerti. È proprio qui la difficoltà: mantenersi a un alto livello artistico andando nello stesso tempo a scuola, suonando uno strumento, continuando a fare la propria vita di ragazzi». A proposito di alto livello artistico: il 5 e 6 novembre 2022, il Clairière presenterà due repertori sacro rinascimentale all’interno della Stagione della Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma.

Toc toc...

Manca solo la piccola Piera, che è stata zitta tutto il tempo. Mentre il trio fuori la porta fa capolino per prendersi la stanza e il pianoforte, lei, voce bianca del coro di voci non solo bianche di questo incontro, ci fa sapere che quando fa le prove si diverte, anche se certe volte si sente davvero stanca. Poi, con la dovuta spontaneità, dice una di quelle cose che a chi fa questo mestiere risolvono gli incipit, o i finali: «Anche se sono stanca però ci vengo comunque, perché quando canto mi sento veramente felice».

Conservatorio della Svizzera italianaBrunella Clerici