Mondiali di hockey

Raffainer: «Senza la nostra filosofia non credo che Fora sarebbe qui»

Il direttore della squadre nazionali parla a ruota libera del successo attuale, le strategie e la nuova generazione

Keystone
19 maggio 2018
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Felicità per gli altri

«Ho provato grandi emozioni, nel primo tempo i finlandesi ci sono stati superiori, poi è arrivato il pareggio e il momentum è stato dalla nostra. È stata una partita fantastica, devo ammettere che a fine partita ero esausto dall’adrenalina». Così commenta Raeto Raffainer, il direttore delle squadre nazionali, la vittoria ottenuta nei quarti di finale a più di 24 ore di distanza. «È difficile valutare il valore di questo risultato, anche perchè il torneo è ancora in corso. Già quando ero giocatore ho imparato a non abbattermi troppo quando perdevo e a non esaltarmi a dismisura quando vincevo. Certo che il passaggio in semifinale è balsamo e sono felicissimo per tante persone, in particolare per il nostro coach Patrick Fischer. E poi anche per i nostri dirigenti, ci hanno sempre sostenuto dal 2015, da quando è iniziato questo corso. Hanno creduto in noi e continuano a farlo».

Slancio e futuro

L'ottimo risultato, indipendentemente da come andrà finire questa avventura mondiale, potrebbe creare ulteriore slancio per il futuro. «È difficile fare previsioni, ma posso dire che già negli ultimi anni abbiamo portato avanti diversi progetti. È un processo continuo. Chiaramente la nostra concentrazione è rivolta ai Mondiali casalinghi del 2020. Il punto centrale per quel che concerne il futuro più lontano è il reclutamento dei ragazzini. Dobbiamo avvicinarli a questo sport. Questo aspetto concerne tutti, dalla Federazione ai club. Avendo successo il compito diventa sicuramente più facile».

Fischer e la credibilità

Il trionfo contro la Finlandia dà anche agli occhi del pubblico maggiore credibilità sportiva al coach Patrick Fischer. «Sicuramente. Noi abbiamo creduto sin dall’inizio in lui. Che ad esempio i media non abbiano a suo tempo capito o condiviso al 100% la scelta d’ingaggiarlo lo posso in qualche modo comprendere a causa dei risultati conseguiti da Patrick a Lugano. Ma senza andare nei dettagli, se si analizzano attentamente i risultati dei bianconeri sotto la guida di Fischer, ci si accorge che pure in riva al Ceresio ha raggiunto parecchio».

La nuova generazione

A colpire è il cambiamento di mentalità di questa generazione rossocrociata. «Hanno molta fiducia in se stessi, si nota già nei vari club. Ai miei tempi, quando da sbarbatelli si entrava nello spogliatoio, si guardavano i vari Zeiter o Micheli dal basso all’alto e per i primi 6 mesi non si diceva una parola. Oggi i giovani entrano a testa alta nello spogliatoio e sono capaci di sedersi anche al posto del Seger di turno se non gli si dice che quell’angolo è occupato. Questo può portare pericoli in merito alla gerarchia di una squadra, ma può fruttare pure molti aspetti positivi. Hanno traguardi alti, sono cresciuti avendo come idolo un Mark Streit, colui che in sostanza ha aperto le porte di Nhl ai giocatori elvetici. Vogliono dunque a tutti i costi guadagnarsi un posto al fine di realizzare il loro sogno. Ai nostri tempi invece il Nordamerica era lontano, molto lontano. I nostri giocatori che tentano questa avventura ritornano più forti di prima. Ma in fondo il discorso vale anche per quelli che restano più a lungo nel nostro campionato. Ci sono tante vie per arrivare in Nhl, dipende da che persona sei, dal club che ti accoglie, non esiste una ricetta unica. Oggi, malgrado giochi in National League, fino a 24-25 anni è ancora possibile fare il grande salto in Nhl e i nostri hockeisti continuano a crederci senza mollare. Ciò fornisce una grande spinta a tutto il nostro movimento e lo si è visto contro la Finlandia. Eravamo in svantaggio, ma i ragazzi non hanno mai smesso di credere alla rimonta».

Stoccolma e i leader venuti da lontano

Un altro fattore che ha dato indubbiamente coraggio è la medaglia d’argento conquistata nel 2013 in Svezia. «A questo livello in tanti casi sono i dettagli a decidere, come ad esempio una penalità. Se tutto funziona a volte anche una squadra fuori dal top six può arrivare in semifinale o addirittura in finale. Stoccolma in questo senso ha aiutato questa generazione, sanno che non è un sogno, è veramente possibile». Soprattutto quest’anno, con così tanti elementi ormai affermati provenienti da oltreoceano. «Si capisce perchè sono là. Dimostrano di essere dei leader, si siedono 10 ore in un aereo e qualche ora più tardi sono pronti a scendere in pista come se nulla fosse fornendo ottime prestazioni. Inoltre hanno tutti degli splendidi caratteri e s’integrano senza problemi all’interno del gruppo, ma d’altronde se non hai un carattere del genere non puoi andare lontano in Nhl».

Cruccio portieri

Il problema più grosso sembra attualmente provenire dai portieri. Negli anni scorso questo ruolo è stato un nostro cavallo di battaglia, ora c’è penuria di talenti e le vecchie glorie si sono o si stanno ritirando. «Ci siamo accorti da tempo di questo problema. La prima misura presa per invertire la tendenza è di aver ingaggiato a tempo pieno un allenatore per gli estremi difensori. Stiamo investendo anche a livello giovanile, in particolare nelle categorie U13, U14 e U15. I primi risultati stanno lentamente arrivando, abbiamo individuato dei portieri che possiedono un grande potenziale. A lungo termine siamo dunque fiduciosi. È però vero che dietro alla generazione di Genoni, Flüeler e Berra c’è un buco. E proprio per questo abbiamo deciso di convocare Van Pottelberghe e Senn (nati nel 1997 rispettivamente 1996 ndr) per i vari campi di allenamento. Vogliamo formarli e aiutarli a progredire. La nostra visione è chiara, ai Mondiali il terzo portiere sarà sempre un giovane».

No filosofia no Fora

Già, anche perchè effettivamente per un portiere è più dura emergere, i posti in National League sono limitati e per un 19enne o ventenne è difficile guadagnarsi un posto da titolare e quindi spesso si finisce in panchina o bisogna cercare un impiego in Swiss League. Sovente dunque gli estremi difensori devono pazientare maggiormente a differenza dei giocatori di movimento. «Certo, ma anche per loro è difficile. Spesso i nostri ventenni si devono accontentare di debuttare in National League in una terza o quarta linea, hanno poco tempo di gioco, e ciò ne rallenta sviluppo e la crescita. Dobbiamo cercare di aiutarli in tutti modi, ecco perchè ad esempio in agosto organizzeremo nuovamente il campo di allenamento per questi giovani talenti. Inoltre nel febbraio del 2019 convocheremo esclusivamente loro, e con loro intendo gli elementi U23. È fondamentale acquisire esperienza e disputare sfide a livello internazionale. Questa nostra politica ad esempio ha già fornito un risultato, ovvero Fora. Concretamente è nel giro della Nazionale da solo un anno e mezzo eppure partecipa già a un mondiale. Abbiamo visto in lui un grande potenziale e grazie a questa strategia di convocazioni Michael ha avuto la possibilità di disputare in questi ultimi 18 mesi diverse partite in rossocrociato. Se non avessimo attuato questa filosofia e se fosse stato chiamato per la prima volta lo scorso aprile non credo che Fora sarebbe riuscito a volare in Danimarca», conclude Raffainer.

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