Alexander Romanovsky, acclamato esponente della scuola pianistica russa e vincitore del Premio Busoni a soli diciassette anni, affronta uno dei cicli più emblematici del repertorio romantico: gli Studi Trascendentali di Franz Liszt. Queste dodici pagine, nate nel 1826 come esercizi tecnici, furono rielaborate da Liszt nel 1837 e infine portate alla loro forma definitiva nel 1852. Non semplici studi virtuosistici, ma veri e propri poemi sinfonici in miniatura, essi sintetizzano la rivoluzione lisztiana: l’eredità beethoveniana, la fascinazione per la letteratura (da Victor Hugo a Byron), e una visione radicale del colore pianistico che annuncia il Novecento.
Romanovsky incarna una tradizione interpretativa che unisce precisione filologica e ricerca spirituale. La sua arte riflette l’insegnamento di Heinrich Neuhaus: «Il suono deve rivelare la verità interiore della musica, non l’abilità delle dita».
Romanovsky è presente nei cartelloni delle più prestigiose istituzioni musicali del mondo, come il Concertgebouw di Amsterdam, il Teatro alla Scala di Milano, la Royal Albert Hall di Londra, il Teatro Colón di Buenos Aires, la Sala Grande del Conservatorio di Mosca, la Suntory Hall di Tokyo, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, il Teatro degli Champs-Élysées a Parigi.
Si esibisce regolarmente con le maggiori orchestre, tra cui la New York Philharmonic, la Chicago Symphony, la Royal Philharmonic, la Filarmonica della Scala, l’orchestra del Teatro Mariinsky e l’Orchestra Nazionale Russa,la NHK Symphony collaborando con importanti direttori quali Sir Antonio Pappano, Myun-Whun Chung, Valery Gergiev, James Conlon, Vladimir Spivakov ecc.