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Tradizioni: un’eredità del passato per l’identità futura

Dal ripristino del Genée di Rancate alla richiesta d’inserire San Provino e San Martino nell’Unesco, cresce l’importanza di tutelare la memoria collettiva

In sintesi:
  • Le usanze viventi sono un patrimonio sociale e culturale comunitario prezioso
  • Aumenta la consapevolezza della necessità di valorizzarle e, se possibile, rivitalizzarle
Un’usanza unisce e non emargina
(Archivio Arogno)
9 marzo 2023
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Panta rei. Tutto scorre. Ne è una prova schiacciante l’inarrestabile corsa del tempo, il susseguirsi puntuale degli anni che scandiscono le fasi della vita. Eppure, nel travolgente flusso del ‘tutto scorre’ qualche memoria sociale resiste tenace e si concretizza nel richiamo delle tradizioni che creano o rinvigoriscono un’identità collettiva. E se una tradizione persiste, non rappresenta necessariamente un freno al progresso, al quale etimologicamente si oppone, ma al contrario concede al passato di rivivere nel presente. Un passato che non avrà modo di estinguersi finché c’è qualcuno disposto a garantirne la sopravvivenza trasmettendo di generazione in generazione determinati valori, usi e costumi. Sì, perché tradizione deriva dal latino traditio, ovvero "consegna, trasmissione". Un passaggio consapevole e volontario, ma che non può essere soggetto all’immutabilità e alla replica forzatamente pedissequa. Una tradizione necessita di cura e innovazione, adattabilità e nuova linfa per poter rimanere intatta. Deve rimanere al passo coi tempi, rivitalizzarsi.

Serve una rinascita in chiave ‘moderna’

Ne è un esempio concreto il ripristino del Genée di Rancate, che, seppur minacciato da regolamenti più severi, ha avuto una sua rinascita in chiave ‘moderna’, adatta alle esigenze di una società più prudente. Ne è una prova anche la volontà – concretizzatasi nella richiesta da parte di un gruppo di promotori – di inserire le sagre di San Provino e San Martino nella lista dei beni immateriali dell’Unesco. Una volontà scaturita dalla necessità di salvaguardare le origini e di garantirne la consegna alle generazioni future. Un regalo dal passato, per l’avvenire.

Le tradizioni, parte della memoria collettiva

E quando questa rifioritura non è possibile, una determinata ricorrenza si estingue e finisce per diventare sempre più sfocata e lontana nei ricordi degli abitanti di uno stesso luogo in cui prima esisteva. E quando scompare, è come se una parte della nostra identità venisse spazzata via dalla frenesia quotidiana, dalla fugacità che contraddistingue questo periodo storico. Il nostro passato non vive solamente nell’architettura delle città, nei monumenti storici, e nei libri ma vive anche nelle ricorrenze popolari e religiose, che per essere accettate dalle successive generazioni devono venire riformulate in un processo continuo di adattamento. La collettività ha bisogno di memoria e le tradizioni sono il contenuto della memoria collettiva, sono il modo per affrancare la propria identità nel fluire del tempo. Perché una società non è un fenomeno sincronico, non esiste se non ha una continuità e una durata. Così anche le tradizioni, alla cui base vi è l’attribuzione di un determinato valore a qualche tratto tipico tramandato da chi ci ha preceduti.

Il giusto equilibrio per l’avvenire

In una società spesso materialista, risulta talvolta difficile preservare, curare, aggiustare. Ma questo, alla lunga, è prodromo di una devalorizzazione del territorio, di una cospicua perdita del patrimonio culturale e sociale. E alla conseguente perdita di un senso di appartenenza che unisce e non emargina. Una tradizione è un’occasione in cui arrestare la quotidiana frenesia, riflettere sul concetto del tempo affinché sul passato non si abbia solo mera reminiscenza. E così l’oblio non potrà intaccare la coscienza identitaria e la memoria collettiva, tutelando così un rapporto di coessenzialità reciproca tra passato e presente, il cui giusto equilibrio è fondamentale per il futuro.

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