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Un turbine creativo: Niki de Saint Phalle

Il Kunsthaus di Zurigo ne celebra vita e talento. ‘Non mi aspetto di cambiare la società, ma proporre una visione con queste donne gioiose e dominanti’.

Il teschio nella stanza della meditazione
(Keystone)
31 dicembre 2022
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Innovativa, coraggiosa, indipendente, anticonformista, ribelle: era Niki de Saint Phalle. A vent’anni dalla sua scomparsa, il Kunsthaus di Zurigo ha dedicato alla realizzatrice delle gigantesche Nanas (termine francese e gergale per ragazze), che l’hanno resa celebre in tutto il mondo, un’ampia retrospettiva. Inaugurata lo scorso settembre, l’esposizione è stata prolungata fino al 15 gennaio 2023.

Considerata una fra i più importanti artisti del Ventesimo secolo – parte di un movimento esclusivamente maschile –, con le sue opere colorate, giocose, leggiadre e grottesche, emozionali, sicuramente eccentriche e uniche, Niki de Saint Phalle non si aspettava "di cambiare la società, ma proporre una visione con queste donne gioiose e dominanti" da cui partire per costruire una società più giusta, basata sul matriarcato.

La mostra zurighese, curata da Christoph Becker, propone l’esplorazione della sua produzione artistica – dagli esordi negli anni Cinquanta circa fino alla sua morte nel 2002 – con un centinaio di opere che illustrano il suo lavoro creativo complesso e straordinario. Si parte dagli assemblaggi fino alle grandi sculture tardive, passando per performance, grafismo, le Nanas.

L’arte come scappatoia

Catherine Marie-Agnès Fal de Saint Phalle (assumerà lo pseudonimo in seguito) nasce il 29 ottobre del 1930 a Neuilly-sur-Seine; è la seconda di cinque figli della statunitense Jeanne Jacqueline Harper e del banchiere aristocratico francese André Marie Fal de Saint Phalle. Il tracollo economico del Ventinove, spinge la famiglia a lasciare la Francia e stabilirsi a New York, verso la fine degli anni Trenta. Niki trascorre la maggior parte di infanzia e adolescenza nella metropoli, sebbene passi le estati in Francia dai nonni. La madre, molto austera e fredda, la iscrive a una scuola religiosa, ma nel corso della formazione cambierà diversi istituti a causa del suo temperamento ribelle. I primi anni di vita sono difficili: il complicato rapporto con la madre e l’abuso sessuale del padre (a undici anni; terrà nascosto per molti anni questo trauma: troverà il coraggio di raccontarlo solo nel 1994, in ‘Mon secret’) segneranno profondamente la sua vita e di conseguenza la sua espressione artistica.


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Niki de Saint Phalle era nata nel 1930

Inizia a lavorare come fotomodella per riviste di moda quali Vogue, Life, Elle e a diciotto anni sposa in fretta e furia lo scrittore Harry Matthews (con cui avrà due figli). Con la nuova famiglia, Niki torna in Francia, dove inizia a studiare teatro. Ma nel ’52 ha una forte crisi di nervi e, dopo più tentativi di suicidio, viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Lì, comincia a dipingere e scopre il potere salvifico e terapeutico dell’arte. Sviluppa le sue doti da autodidatta, rifiutando qualunque recinto accademico, affermando che le sue scuole sono musei e cattedrali. Da qui in avanti, riferire della sua biografia staccata dal percorso artistico è impossibile. L’arte diverrà al contempo motore e valvola di sfogo. Procediamo a grandi passi.

Provocatoria, unica

La sua prima mostra personale si tiene a San Gallo, all’inizio degli anni Cinquanta, dove conosce lo scultore friburghese Jean Tinguely, che sposerà nel 1971. Un incontro che le cambierà la vita e sancirà un legame artistico duraturo, oltre che sentimentale, basti pensare che la città sulla Sarina, in un vecchio deposito dei tram, ospita l’Espace Jean Tinguely - Niki de Saint Phalle.

Torniamo agli anni 60, con Tinguely condivide uno studio a Parigi e partecipa al gruppo dei Nouveaux Réalistes, fondato da Yves Klein con Pierre Restany, cui prenderanno parte, fra gli altri, Arman, François Dufrêne, Daniel Spoerri, Jacques Villeglé. Sono di quegli anni i ‘Tiri’: una serie di performance aggressive in cui imbraccia una carabina e spara contro assemblaggi di gesso immacolato sui quali pone tasche di pittura. Una volta colpite, il colore "sporca" le opere intonse, colorandole in modo casuale: "Stavo sparando a me stessa, alla società con le sue ingiustizie. Stavo sparando alla mia violenza e alla violenza dei tempi. Sparando alla mia stessa violenza, non avrei più dovuto portarla dentro di me", spiegherà de Saint Phalle.

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Un ‘Tiro’

La consacra alla notorietà la mostra al Moderna Museet di Stoccolma, dove espone una monumentale scultura realizzata anche con l’aiuto di Tinguely: è ‘Hon’, una Nana distesa a gambe divaricate perché in travaglio. Attraversando la vagina si accede a diversi spazi abitabili come un bar e un planetario. Arriva così il periodo delle ‘Nanas’: voluminose, colorate, gioiose, dinamiche statue femminili archetipo della donna secondo Niki. Sono figure paradigmatiche come l’angelo, la nascita, la vita e la morte che tornano nelle sue rappresentazioni. Con la fama, non si fanno aspettare le innumerevoli committenze, ma il lavoro con materiali tossici – quali poliestere e fibre di vetro – pregiudica gravemente il suo apparato respiratorio. Un’insufficienza respiratoria la condurrà alla morte nel 2002.


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Hon al Moderna Museet di Stoccolma

Fra le sue opere più celebri accenniamo anche al Giardino dei Tarocchi, realizzato a partire dal 1979 a Capalbio e ispirato al Parc Güell di Antoni Gaudí a Barcellona.

Niki de Saint Phalle ha sempre rifiutato i ruoli precostituiti della donna, negli anni Sessanta era già un’iconica ribelle, anche nell’espressione artistica, rifiutando le convenzioni e abbracciando la sperimentazione: aveva un’immaginazione fuori dal comune. Era altresì interessata e vicina a tematiche sociali e politiche: si impegnerà per esempio nella campagna di sensibilizzazione sull’Aids, ma anche per la questione del cambiamento climatico, dei diritti delle donne e degli afroamericani.

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Un angelo della Temperanza a Zurigo

Negli spazi pubblici in Svizzera

Le grandi opere di de Saint Phalle abitano diversi spazi pubblici nel mondo, da levante a ponente, ci limitiamo a segnalare i luoghi svizzeri: un ‘Grand Oiseau amoureux’ sta all’entrata di Palazzo Turconi a Mendrisio, dove trova spazio l’Accademia di architettura. Un ‘Angelo protettore’ accoglie i viaggiatori che arrivano in Stazione centrale a Zurigo, svolazzando nell’immenso atrio; a Rorschach ci sono un ‘Orso’, un ‘Nikigator’, un totem taurino. Ancora a Coira: ‘Il mondo’, un ‘Drago’ e una ‘Nana nera’.

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