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Frontaliere che vieni, residente che vai

Nel 2019 saldo negativo tra i lavoratori che si trasferiscono qui e quelli che spostano il domicilio – ma non l’impiego – oltre confine

(Ti-Press)
25 novembre 2022
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Nel 2019, i residenti in Ticino divenuti frontalieri sono stati più numerosi dei frontalieri divenuti residenti. Se il dato di un anno – l’ultimo dello studio appena pubblicato dall’Ufficio di statistica (Ustat) – non basta a fare dell’allarmismo e parlare di ‘fuggi fuggi’, è pur vero che il sorpasso suggella una tendenza pluriennale (vedi infografica). E fa il paio con una crisi demografica che tra il 2016 e il 2020 ha visto calare la popolazione residente, anzitutto a causa dell’invecchiamento e di un saldo migratorio più generale fortemente diminuito, visto l’aumento delle partenze e il calo degli arrivi soprattutto tra i giovani. Per capire meglio come leggere i risultati che troviamo nell’ultimo numero della rivista ‘Dati’, ne abbiamo parlato con il ricercatore Ustat Francesco Giudici, che se n’è occupato insieme ai colleghi Maurizio Bigotta e Matteo Borioli.

La popolazione residente in età lavorativa è calata significativamente negli ultimi anni, eppure tra il 2016 e il 2021 il numero di lavoratori in Ticino è aumentato di 2mila unità. I frontalieri, insomma, hanno più che compensato la contrazione interna dovuta anzitutto all’invecchiamento. Tra questi ci sono anche gli ex residenti divenuti frontalieri: un numero passato dal minimo di 587 nel 2013 ai 941 nel 2019, che sale a 1’244 se si contano i congiunti trasferitisi con loro. Si tratta di cifre contenute, ma cosa ci dicono delle tendenze socioeconomiche in atto? Chi sono coloro che se ne vanno – o meglio: ritornano – in Italia?

Dai dati a nostra disposizione notiamo che il numero delle partenze è cresciuto significativamente negli anni tra il 2012 e il 2019. Per quel che riguarda genere e stato civile non ci sono grandi cambiamenti: uomini per il 55-60%, il 50-55% è celibe o nubile. Vediamo invece quasi raddoppiare il numero di ultraquarantenni che partono. Il fenomeno interessa anzitutto gli stranieri. Aumenta anche il numero di svizzeri che si trasferiscono all’estero pur mantenendo il lavoro in Svizzera, ma parliamo di un fenomeno meno pronunciato: si passa da 285 persone nel 2013 a 326 nel 2019. Infine, è soprattutto il Mendrisiotto a essere interessato dall’aumento di residenti che diventano frontalieri, arrivando a registrare il 24,5% di tutte le partenze ticinesi contro il 15,6% del 2013.

È facile ipotizzare che il minor costo della vita, rafforzato dalla possibilità di non pagare l’assicurazione malattia, costituisca il principale movente di questa fuoriuscita. È davvero così? Quali altri fattori contribuiscono a spiegarla?

Questi elementi contribuiscono a spiegare tale tendenza, anche se le ragioni per ogni singolo trasloco possono essere numerose e richiederebbero un sondaggio specifico. Oltre al minor costo della vita, all’apprezzamento del franco e alla questione della cassa malati – che per una famiglia con due figli comporta un esborso medio di 1’000-1’200 franchi in Ticino, mentre in Italia la sanità è finanziata dalle tasse –, possiamo ipotizzare che un movente importante sia la maggiore accessibilità del mercato immobiliare, ad esempio per chi vuole acquistare una prima casa per la famiglia. Potrebbero fungere da incentivo anche gli scenari attuali per lo statuto di frontalieri: chi si trasferisce oggi, prima cioè della ratifica di un nuovo accordo, si garantisce anche per il futuro un trattamento fiscale più vantaggioso di quello che si prospetta per chi diventerà frontaliere più avanti, a nuovo regime in vigore.

In Ticino è cambiata un po’ anche l’‘atmosfera’ nei confronti degli stranieri: nel vostro saggio accennate a campagne come ‘Prima i nostri’ e ‘Contro l’immigrazione di massa’, che hanno visto un forte sostegno da parte della popolazione. È possibile che una percezione di ostilità contribuisca al fenomeno delle maggiori partenze e dei minori arrivi?

Non si può dire esattamente quanto peso possa avere tale contesto. Come detto prima, andrebbe fatto un sondaggio presso le persone stesse che hanno – o che non hanno – compiuto uno spostamento per capire i motivi di tali scelte. Come osservato da Oscar Mazzoleni e Andrea Pilotti, dell’Osservatorio della vita politica regionale presso l’Università di Losanna, l’elettorato ticinese ha profondamente cambiato il suo orientamento sulle questioni migratorie. In generale, è quindi possibile che questo contesto influenzi le percezioni degli stranieri e di conseguenza giochi un ruolo nelle scelte migratorie. Ma questo sia nell’anticipare la decisione di diventare residente per paura di non poterlo più fare in seguito – qualora fossero stati presi provvedimenti restrittivi in termini di politica migratoria: nei dati si vede un picco nel 2016 –, sia nel disincentivare l’arrivo di nuovi residenti in seguito.

Anche gli arrivi di ex frontalieri diminuiscono e pure questo fa riflettere. Nel 2013 erano 1’546 i frontalieri divenuti residenti, nel 2019 solo 717. La tendenza si innesta in un calo più generale degli arrivi internazionali: dai quasi 9mila del 2016 ai circa 5mila del 2019 (un po’ meno delle partenze).

In effetti si nota una contrazione degli arrivi in particolare a partire dal 2016-2017. Tuttavia nel biennio successivo a quello preso in esame, 2020-2021, vediamo che i dati evidenziano un miglioramento del tasso migratorio, anche se è ancora presto per valutare ragioni e implicazioni di questa inversione di tendenza, eventualmente anche alla luce della pandemia.

Lo studio apparso su ‘Dati’ costituisce per molti versi una prima volta: le metodologie e le banche dati utilizzate segnano l’apertura di quello che nel saggio definite "un cantiere statistico importante". Quali saranno le prossime tappe?

La nuova metodologia che abbiamo utilizzato e la banca dati a disposizione ci permettono di esplorare in modo più puntuale e dettagliato diversi aspetti del rapporto tra lavoro e immigrazione. Sarà interessante anzitutto vedere quante persone arrivate in Ticino sono rimaste qui anche dopo un certo lasso di tempo, ma anche quante sono rientrate dopo una parentesi da frontalieri, oltre a comprenderne i profili salariali e sociali.

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