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Bellinzona, una città sempre più ‘amica dell’autismo’

La Fondazione Ares in collaborazione con il Municipio ha promosso una formazione per gli impiegati della capitale a diretto contatto con l’utenza

14 novembre 2022
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Tutti necessitano di recarsi dal parrucchiere, fare acquisiti o chiedere informazioni a qualche sportello comunale. Le persone autistiche possono tuttavia faticare a orientarsi nel marasma quotidiano di parole, suoni, luci e colori, mettendo in atto tutta una serie di comportamenti poco comprensibili a occhi inesperti. Di fronte a queste manifestazioni, spesso, si rimane spiazzati, dimenticando che si tratta di una condizione che impedisce di percepire ed elaborare normalmente sensazioni e stimoli. Ecco quindi l’importanza di adottare piccoli, ma fondamentali, accorgimenti per valorizzare e includere uomini, donne e bambini affetti da questo disturbo. Accorgimenti che proprio in queste settimane una cinquantina di impiegati della capitale a diretto contatto con l’utenza si è impegnata ad assimilare nell’ambito del progetto ‘Bellinzona, la città che include’ promosso dalla Fondazione Ares (Autismo risorse e sviluppo) in collaborazione con il Municipio di Bellinzona. «L’iniziativa si propone di rendere i luoghi pubblici, e quelli che erogano servizi, più sensibili e preparati a interagire con persone autistiche in modo da ridurre ansia e autoisolamento. Questo non significa che tutti devono diventare esperti, semplicemente arricchire le proprie conoscenze in materia – spiega a ‘laRegione’ la responsabile comunicazione della sopraccitata fondazione Rosy Pozzi –. L’autismo è infatti una condizione più frequente di quel che si pensi: circa una persona su cento ne è affetta», in forma più o meno grave. Fra i sintomi più comuni troviamo un deficit nella comunicazione e nell’interazione. «L’obiettivo è di fornire a tutti il diritto di partecipare attivamente alla vita sociale, iniziando proprio dai luoghi pubblici. La nostra sede ora è nel cuore della capitale, quindi abbiamo colto l’occasione per sensibilizzare i nostri vicini come, ad esempio, negozi, parrucchieri nonché sportelli comunali, turistici e della polizia locale».

‘Rumore e confusione possono far perdere l’orientamento’

E nell’ente istituzionale di Bellinzona la fondazione ha scoperto un partner molto attivo, entusiasta e interessato alla formazione. Il primo passo, puntualizza sempre Pozzi, era di fornire una piccola infarinatura (non però forzatamente scientifica) sul funzionamento percettivo, cognitivo e di apprendimento di persone autistiche e sulle possibili reazioni comportamentali in determinate circostanze. «Rumore e confusione possono creare disorientamento, perciò è necessario cercare di evitare situazioni eccessivamente stimolanti. Alcuni potrebbero sentirsi in difficoltà con un’illuminazione molto forte, altri invece faticare a rivolgersi a un dipendente comunale a causa di un qualche elemento disturbante». Tutta una serie di informazioni molto utili a chi sta dietro a uno sportello affinché possa superare la paura di risultare inopportuno e poco cortese. «Fermata da un poliziotto, una persona autistica potrebbe andare talmente in agitazione da innescare dei comportamenti inadeguati... anziché intervenire con la forza e provocare una situazione ancora più grave, l’agente può capire le sue difficoltà e chiamare qualcuno capace di rilassarla». In Europa e nel mondo, riferisce la responsabile comunicazione, simili iniziative sono già tuttora in atto nelle grandi catene di supermercati, ad esempio dedicando loro più ore alla settimana per fare la spesa. Luci soffuse, assenza di musica e altri rumori nonché presenza di personale formato. Un modo per vivere la routine quotidiana con maggiore partecipazione e senza pregiudizi.

Anche fra i commercianti

Non è infatti una rarità che la Fondazione Ares entri in contatto con mamme, papà, nonni e zii in difficoltà perché hanno paura di essere mal giudicati. Secondo Pozzi, talvolta, la popolazione considera responsabili i familiari di persone autistiche per comportamenti socialmente inadeguati «e non riesce a capire i problemi che possono incontrare nel momento in cui il bambino esprime ad esempio una qualsiasi forma di disagio. In una società responsabile questo può essere corretto con la conoscenza». Ne è ben consapevole la Società commercianti di Bellinzona: una cinquantina di esercenti ha aderito al progetto, esponendo in vetrina un oggetto di colore blu (emblema della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo) rappresentativo della loro attività. Oggetti a cui è stata poi abbinata una frase inclusiva proposta dagli studenti della Supsi (Dfa). Una sorta di ‘fil bleu’ fra viale Stazione e piazza Indipendenza a sottolineare l’importanza di permettere a tutti di beneficiare dei luoghi pubblici. «La nostra fondazione si offre come centro di competenza: da noi le persone possono reperire le informazioni e la documentazione necessaria ad approfondire il disturbo dello spettro autistico, basta solo instillare un po’ di curiosità e interesse nella comunità. Il motto è ‘conoscere significa riconoscere’ a tutti i livelli» anche nelle strutture ricettive, come dimostra la catena di hotel Best Western. Non si tratta di stravolgere l’infrastruttura, ma apportare piccoli accorgimenti. «La reception è caotica? Allora si cerca di creare uno sportello appartato, meno rumoroso e con illuminazione più tenue. L’idea è di ampliare il progetto anche all’hotellerie così da riuscire a offrire una migliore accoglienza alle famiglie confrontate a questa condizione. È un modo differente di funzionare: per favorire un incontro, e non uno scontro, basta adattare le abitudini della società». Migliorare la qualità di vita delle persone affette da autismo è possibile, «bisogna soltanto insegnare loro a stare al mondo e al mondo che le ospita come poterle accogliere e valorizzare cosicché possano esprimere tutte le loro peculiarità e contribuire alla vita sociale. È importante sapere che, se accompagnato sin dalla primissima infanzia, il bambino può iniziare un percorso scolastico o di apprendistato regolare ed essere inserito nel mondo del lavoro», conclude Pozzi. Il progetto della Fondazione Ares, dopo la prima fase volta a sensibilizzare e informare, intende elaborare un documento di raccomandazioni da distribuire e implementare presso esercizi ed enti pubblici della città. E dopo l’apripista Bellinzona l’obiettivo è di estendere il modello ad altri comuni ticinesi.

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