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Dalle cisterne alle palazzine, il caso di Grancia

La riduzione delle scorte obbligatorie (intempestiva?) ha indotto Pina a ‘reinventarsi’

I serbatoi superstiti
(Ti-Press/Gianinazzi)
21 novembre 2022
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Imponenti, impressionanti, anche un po’ minacciosi, pensando ai rischi in caso d’incendio: sono i grandi tank di stoccaggio del carburante, che a grappoli popolano alcuni punti delle pianure ticinesi. Sempre meno, però: le riduzioni delle scorte obbligatorie progressivamente applicate dalla Confederazione hanno tolto motivo di esistenza a queste cisterne, causando, per fare un esempio, la sparizione di depositi famosi come quello di Rivera. Anche il sito della Pina petroli a Grancia è ormai ridotto a 3 tank degli 11 che erano, e in passato erano ancora più numerosi. Un ampio terreno si è così liberato negli scorsi mesi accanto ai serbatoi superstiti, dove una nuova palazzina ha già trovato posto. «È stata una decisione del proprietario del fondo, il signor Pina, conseguenza della decisione della Confederazione riguardo gli stock obbligatori. In pratica non c’è più bisogno di uno spazio così grande, come d’altra parte è successo a Rivera e in altri depositi» ci risponde il direttore di Pina petroli Mattia Scarpazza. Inevitabile una riconversione dei terreni, appartenenti alla’Gestione immobiliare Pina’. Per quest’area esiste un apposito piano di quartiere che prevede una mezza dozzina di stabili. La palazzina bianca già eretta di fianco alle cisterne superstiti, una volta ultimata, dovrebbe ospitare, oltre a un centro di distribuzione della Posta, una esposizione di auto, e uffici al piano superiore. Un secondo edificio più piccolo, potrebbe sorgere a breve avendo già ricevuto la licenza di costruzione, ci conferma la segreteria comunale di Grancia, mentre gli altri immobili devono ancora passare la trafila della domanda edilizia. Non sono previste nuove superfici di vendita, già numerose in zona.

Mercato imprevedibile

Tornando ai tank, resta sorprendente che in un momento di allarme per il rischio di una penuria energetica, spariscano i depositi di carburante. «Per quanto ne so le direttive della Confederazione dipendono dai cambiamenti in corso nel campo dei vettori energetici, quindi dai bisogni della popolazione». Certo che a questo punto, con la guerra in Ucraina, c’è da chiedersi se questo indirizzo non sia stato imprudente. La Confederazione assicura che le riserve attuali – gestite attraverso la società Carbura di Zurigo – basteranno per 4 o 5 mesi, ma le ha anche ‘liberate’ a partire dal primo ottobre per far fronte alle difficoltà di approvvigionamento causate dai cantieri ferroviari in Germania e dall’abbassamento delle acque del Reno (e quindi della capacità di carico delle imbarcazioni che forniscono la Svizzera). «In questo momento scorte più ampie avrebbero fatto comodo, ma queste sono scelte politiche e noi possiamo fare ben poco».

Quello che resta basta per la normale attività della società di Grancia. «La quantità è sufficiente per i nostri clienti, sommando la scorta obbligatoria rimasta abbiamo una capienza di 20 milioni di litri» ci risponde il direttor Scarpazza. «Noi principalmente lavoriamo sugli acquisti del momento, compriamo giorno per giorno in base agli ordini ricevuti. La quantità richiesta viene ordinata, ricevuta e stoccata fino al giorno concordato per la consegna». Perché non fate scorta quando il prezzo scende? «Perché è molto rischioso, sostanzialmente è come giocare in borsa. Il prezzo del prodotto oscilla parecchio e non possiamo fare speculazioni, non è nemmeno il nostro lavoro. Faccio un esempio: se durante la pandemia avessimo avuto all’interno dei depositi 20 milioni di litri di nostra proprietà, lei oggi avrebbe telefonato a un numero inesistente... perché non avremmo potuto sopportare il colpo di un abbassamento dei prezzi, da 1 franco e 20, a 30 centesimi al litro. Non so se i colleghi di altre società ragionano diversamente, si possono fare delle coperture in borsa e cose del genere, ma noi alla Pina petroli facciamo in questo modo. Il corso dell’olio da riscaldamento è imprevedibile, da quando è iniziata la guerra in Ucraina il prezzo cambia dalla mattina al pomeriggio, anche un franco e 20 per cento litri, che sembra poco ma sulla quantità sono parecchi soldi...».

Certo che il ‘just in time’ comporta un costante viavai di autobotti. «È vero, negli ultimi anni è diventata un’attività molto frenetica. La merce viene ritirata giorno per giorno, e calcoli che un’autobotte con rimorchio contiene 30mila litri, passano da una al giorno fino a 13 o 14, dipende da quanta merce devo importare. D’altra parte in Ticino c’è ancora necessità di olio da riscaldamento, ci sono zone non servite dal gas, ma ci sono anche famiglie che non possono permettersi di cambiare vettore energetico. Sono costi notevoli, per mettere la termopompa in una palazzina non di recente costruzione vuol dire spendere dai 160-170mila franchi in su. Senza contare che questi impianti lavorano a basse temperature, quindi lo stabile deve essere ben coibentato: doppi vetri, cappotto, tetto fatto in un determinato modo. Sono tutti investimenti che devono essere fatti per sfruttare bene la termopompa e naturalmente non tutti possono permetterselo. È vero che il solo impianto di termopompa si ammortizza, nel giro di diversi anni, ma se si considerano tutti gli investimenti a volte economicamente non ha senso cambiare vettore. Noi ai nostri clienti offriamo un servizio di consulenza, con un ingegnere che valuta le diverse soluzioni possibili: termopompa, pellet o quant’altro. Su grosse strutture possiamo anche fornire noi il servizio di gestione del calore prodotto. L’importante è comunque scegliere la migliore soluzione per ogni stabile».

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