Luganese

Lugano, a processo una truffa, contestata, per i crediti Covid

Due imputati sono accusati di aver conseguito, con l’inganno e illecitamente, mezzo milione di franchi. Le difese chiedono il proscioglimento

La sentenza è annunciata domani mattina
(Ti-Press/Archivio)
10 ottobre 2022
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Hanno prodotto carte false per ottenere illecitamente 500’000 franchi per sviluppare l’attività di una società, invece di ‘mettere fieno in cascina’ e utilizzare i soldi ricevuti per saldare le spese correnti. Non è vero, hanno agito per garantire la sopravvivenza e l’operatività della ditta attiva nel trading. Accusa e avvocati difensori forniscono letture contrapposte dei fatti risalenti ai mesi di giugno e luglio del 2020, che sono stati ripercorsi oggi nel processo celebrato dinanzi alla Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, giudici a latere Renata Loss Campana e Fabrizio Filippo Monaci. Un processo che ruota attorno alla concessione di un credito Covid di mezzo milione di franchi. La sentenza è prevista domattina.

In ballo c’era la cessione dell’azienda

Entrambi gli imputati, un 68enne di nazionalità italiana residente nel Luganese, e un uomo di 66 anni italiano anch’esso residente nel Luganese, negano di aver ingannato l’autorità. Durante il dibattimento hanno sostenuto di aver fatto richiesta, tramite una banca, del credito transitorio concesso dalla Confederazione per assicurare la liquidità necessaria alla sopravvivenza dell’azienda di proprietà del più anziano che voleva andare al beneficio della pensione ed era in trattativa per cederla al 66enne. La cifra d’affari indicata nel formulario per ottenere il prestito agevolato era corretta, ha detto il 68enne. La procuratrice pubblica Chiara Borelli lo accusa invece di truffa, in correità con l’altro imputato perché, nella richiesta, ha tra l’altro sottaciuto la trattativa in corso. Il 66enne ha contestato l’accusa, confermando che voleva acquisire l’azienda ma c’è una pendenza in sospeso per una fattura non saldata e aveva pertanto chiesto al titolare di fare richiesta per ottenere i crediti Covid.

Una richiesta illecita, per l’accusa

La procuratrice ha ritenuto che la richiesta di credito rientrasse nell’ambito di un’opportunità affaristica, volta a sviluppare l’azienda, piuttosto che a scongiurarne il fallimento, a garantirne la sopravvivenza, come prescritto dall’ordinanza federale. Secondo Borelli, i due imputati avrebbero prodotto carte false per assicurarsi il credito Covid. La richiesta risale all’8 luglio 2020, i soldi sono arrivati il 21 dello stesso mese e dopo poco più di una settimana è stata formalizzata la cessione dell’azienda. La procuratrice ha inoltre sostenuto che poi ci sono stati tre bonifici effettuati con i soldi ottenuti dal prestito, transitati in altre società. Al termine della requisitoria, Borelli ha chiesto una penale di 29 mesi di reclusione, di cui sei da espiare per l’imputato più giovane e una condanna di 20 mesi sospesi con la condizionale a carico del 68enne. L’accusa ha lasciato alla Corte la valutazione sull’eventuale espulsione dalla Svizzera di entrambi gli imputati.

‘Uso conforme all’ordinanza’

Diametralmente opposte le tesi difensive che hanno chiesto il proscioglimento dei due imputati, perché l’utilizzo dei crediti Covid è ritenuto conforme all’ordinanza. L’avvocato Roy Bay, legale del 68enne, ha evidenziato l’ingenuità del suo assistito che voleva andare in pensione, non prima di aver ceduto l’attività e di aver sistemato la fattura pendente. Perciò, si è affidato al 68enne e ha accettato di formulare la richiesta per i crediti Covid. Anche l’avvocato Luigi Mattei ha contestato integralmente l’atto d’accusa, sostenendo che il 66enne ha effettuato operazioni ordinarie per garantire la sopravvivenza della ditta e che tutte le operazioni bancarie citate dalla procuratrice sono comprovate dalle carte.

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