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Non sono stati avvelenati i due grifoni dell’Alto Ticino

Dalle analisi di laboratorio del contenuto dello stomaco non è emersa alcuna presenza di sostanze tossiche. Tra le ipotesi, carne avariata o un virus

I due volatili, la cui apertura alare può superare i 2,5 metri, ora stanno bene
(Paola Dova)
3 settembre 2022
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Nessun avvelenamento. Cosa sia successo ai grifoni ritrovati alcune settimane fa in pessime condizioni di salute in Val Bedretto e in Val Canaria, rimane ancora un mistero: «Dalle analisi di laboratorio del contenuto dello stomaco non è emersa alcuna presenza di sostanze tossiche», afferma a ‘laRegione’ Emanuele Besomi, presidente della Società protezione animali Bellinzona (Spab). Si possono dunque solo fare ipotesi su cosa sia successo ai due volatili che ora stanno bene: potrebbero ad esempio aver mangiato carne avariata o essere stati infettati da un virus. In ogni caso Besomi è sollevato dal fatto che sul territorio «non dovrebbero esserci sostanze tossiche che potrebbero avvelenare altri animali».

‘Alcuni virus provocano morie importanti’

Anche Roberto Lardelli – presidente di Ficedula, l’Associazione per lo studio e la conservazione degli uccelli della Svizzera italiana – non riesce a trovare una spiegazione su cosa possa aver quasi ucciso almeno uno dei due grifoni. «Sembrerebbe che abbiano reagito bene alla lavanda gastrica, quindi, probabilmente, è dipeso da qualcosa che hanno mangiato», afferma da noi contattato. Un’altra ipotesi è che siano stati infettati, come detto, da un virus: ne girano diversi che colpiscono gli uccelli e che talvolta provocano morie importanti e visibili come era successo in passato con l’Usutu, che è stato messo in relazione con il brusco calo di alcune specie. O forse anche il virus della Febbre del Nilo, la cui presenza è stata recentemente confermata in Ticino e che colpisce in particolare i volatili.

Invito a segnalare gruppi di uccelli in difficoltà o morti

«Cercando indizi dell’Usutu – prosegue Lardelli –, a metà agosto Ficedula aveva fatto un appello al pubblico a segnalare gruppi di uccelli morti. Abbiamo ricevuto solo pochissime segnalazioni». Solitamente quando un virus inizia a diffondersi, «riceviamo moltissime segnalazioni». In generale, «una moria di uccelli può essere dovuta a un avvelenamento o a un fenomeno virale: nel primo caso i decessi sono circoscritti in un luogo preciso, ovvero dove è presente la sostanza tossica, mentre nel secondo a essere interessato è un territorio più ampio». Per cercare di capire cosa sia successo ai due grifoni, si dovrebbero dunque svolgere ulteriori analisi su altri esemplari. Lardelli invita ancora quindi «chiunque avvisti o ritrovi gruppi di uccelli in difficoltà o morti (almeno cinque) non riconducibili all’azione dei gatti o altre cause cruente, a segnalarli».

‘Pecore per nulla intimidite’

Se da un lato vi sono persone preoccupate per la salute dei volatili, dall’altra vi sono anche allevatori che temono attacchi al bestiame proprio dai grifoni che possono raggiungere un’apertura alare anche superiore ai 2,5 metri. In particolare c’è chi pensa che possano far cadere le pecore (spaventandole) dai dirupi per poi nutrirsi della carcassa. «Anche noi abbiamo ricevuto segnalazioni simili», sottolinea Lardelli, premettendo che i grifoni non cacciano. «Abbiamo quindi effettuato numerose osservazioni in zone di presenza simultanea di grifoni e ovini e lanciato anche un appello al pubblico chiedendo di fornirci filmati che mostrino come si comportano le pecore in presenza di questi uccelli e viceversa. La documentazione che abbiamo raccolto mostra tuttavia pecore per nulla intimidite dai grifoni che le sorvolano anche a breve distanza. E al momento non siamo in possesso di alcuna prova di attacchi». Invece, «vi sono casi documentati di lupi che provocano cadute di pecore non custodite dai dirupi. Ed eventualmente il grifone si nutre poi delle carcasse degli animali deceduti per le più svariate cause; e sono di vario tipo».

Nessun comportamento predatorio attivo

Lardelli ha però voluto approfondire e ha quindi contattato diversi specialisti di grifoni in Grecia, Spagna, Italia e Francia: «Chi osserva sistematicamente questi uccelli, afferma di non aver mai notato un comportamento predatorio attivo. In pochi casi sono segnalate uccisioni di animali appena nati calpestati mentre i grifoni erano intenti a cibarsi della carcassa della madre morta di parto o alla ricerca delle placente». I casi documentati sono però pochi e non si può in ogni caso parlare di predazioni vere e proprie.

Pastori che collaborano a un progetto di reintroduzione

Il presidente di Ficedula aggiunge poi che in Sardegna l’associazione dei pastori collabora al progetto di reintroduzione dei grifoni nella regione. «È un partner importante, visto che i pastori ritengono questi volatili utili per smaltire le carcasse». Insomma in questo caso sono addirittura di aiuto e non vengono assolutamente percepiti come una minaccia. E questo potrebbe essere quindi un ulteriore indizio sul fatto che i grifoni sono innocui per il bestiame.

Mai così tanti in Ticino

Resta il fatto che in Ticino non si erano praticamente mai visti così tanti grifoni: «Aveva fatto notizia un grifone segnalato circa 20 anni fa sul Monte Generoso, quando l’ultimo avvistamento documentato risaliva al 1845. Ora fra il massiccio del San Gottardo e la valle di Blenio ve ne dovrebbero essere tra i 50 e gli 80. Negli anni scorsi sono stati avvistati anche sopra Bellinzona», precisa Lardelli, aggiungendo che fra di loro sono anche stati avvistati «cinque avvoltoi monaci. Pure questi si nutrono di carcasse e non devono quindi destare alcuna preoccupazione».

‘Cercano nuove aree dove alimentarsi’

Ma come si spiega questa massiccia presenza nell’Alto Ticino? «I grifoni osservati provengono dalla Francia (Alta Provenza) e dalla Spagna (Pirenei), dove rientreranno al più tardi fra qualche settimana». Infatti, proprio in Alta Provenza vi è stata un’importante operazione di conservazione: «Alla fine degli anni 80 erano spariti, mentre nel 2020 vi erano nuovamente 250 coppie con oltre 150 piccoli nati. La popolazione è dunque in crescita, come nel resto dell’Europa centrale. E quindi cercano nuove aree dove alimentarsi».

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