laR+
logoBol

Stress, pensieri tossici... così ci rubano l’energia vitale

Il Lama della Mongolia riflette sulle radici della depressione e su come essere sereni tra pandemia e guerra. ‘Gli altri sono specchio di ciò che diamo’

Lama Shinendentsel, abate del monastero Janchivdechinlen (in Mongolia) era a Lugano per un seminario sulla felicità

Il Lama della Mongolia riflette sulle radici della depressione e su come essere sereni tra pandemia e guerra. ‘Gli altri sono specchio di ciò che diamo’

17 agosto 2022
|

"Essere felici, dipende da noi stessi". È bene capire come, in questi tribolati tempi. La pandemia ci ha messo a dura prova, poi la guerra con la sua scia di morti. Mentre l’afa ci toglie il sonno, ci chiediamo: ‘Perché a me? Perché a noi? Quando finirà questa sequela di sfortune, che si inanellano con un tempismo perfetto?’. Non possiamo cambiare gli eventi esterni, ma possiamo affrontarli in modo diverso: «Quando qualcosa va storto diamo di regola la colpa agli altri, ci sentiamo vittime. Ma in ogni momento possiamo decidere come nutrire la nostra mente: coltivando pensieri, parole e azioni negative (come invidia, rabbia, rancore... ) che danneggiano noi stessi o gli altri, perdiamo molta energia vitale. In più, ci sono eventi esterni che ci indeboliscono come lutti e malattie, in una società molto, troppo veloce, dove si accumula tanto stress e ansia. Una pillola può alleviare i sintomi, ma non cura la causa e si sta sempre peggio. È come bere da un bicchiere, dove l’acqua limpida si è mischiata al fango: solo il 30% è puro e ci nutre. Così vive gran parte della gente». A parlare è Lama Shinendentsel, lo incontriamo a Lugano, dove ha tenuto un seminario sulla felicità, su come preservare la nostra energia e vivere appieno la vita (il ricavato va a un progetto umanitario, vedi box). Viene dalle steppe sconfinate del paese di Chinghis Khaan, incastonato tra Russia e Cina. All’età di sei anni ha deciso di diventare monaco. Ha studiato e praticato per 32 anni il buddismo e viene invitato in Europa e America a tenere insegnamenti e rituali. È uno dei pochi monaci-oracolo (Choijin Lama), esperto di rituali come quello del fuoco e il rituale Luijin- Chöd, che sciolgono le energie bloccate dalla sofferenza, le fanno fluire di nuovo, ristabilendo forza, portando guarigione. Oggi è abate del monastero Janchivdechinlen, nel distretto di Ulaanbaatar.

Ne approfittiamo per avere uno sguardo diverso su malesseri della nostra epoca: ansia, depressione. «Quando siamo positivi, felici attiriamo lo stesso genere di eventi. Vale anche il contrario. Ciò che emaniamo, ci ritorna, gli altri sono lo specchio di ciò che diamo».

Se proprio vogliamo essere egoisti – ripete spesso il Dalai Lama – facciamolo in modo intelligente. Aiutando gli altri, aiutiamo anche noi stessi. Si è veramente ricchi, solo di ciò che si dona. Esserci per gli altri, ci distoglie dai nostri crucci, calma la mente, la apre con fiducia al mondo, ci riempie di gioia. Purtroppo, ci spiega il maestro della Mongolia, molti sono programmati fin da bambini a pensare solo a se stessi. Cresciamo nell’ansia di dover primeggiare, allontanandoci l’uno dall’altro. Questa dolorosa solitudine può diventare violenza. Tanti giovani sono pieni di rabbia. C’è chi la scarica fuori, chi fa male a se stesso. Ne soffriamo, precisa, perché l’uomo è un essere sociale. «Vedo molti genitori stressati che per avere un momento di pace, lasciano i figli piccoli piangere e quelli grandi intrattenersi per ore davanti ai videogiochi. Il messaggio che passa ai ragazzi è che devono farcela da soli». I genitori sono degli esempi: «È in famiglia che un bambino impara a rispettare l’altro. Sono le fondamenta per diventare adulti integri, capaci di amare ed essere amati». Siamo in un bar a due passi dalla stazione a Lugano, sorseggiamo acqua, l’afa taglia quasi il respiro, solo l’ombra delle piante ci protegge. Ne indica una, tutta storta. «In un ambiente ostile, anche un albero cresce storto. Immagina che cosa penetra nella mente di un bambino», dice con uno sguardo che si fa molto serio. Per diventare un adulto forte ed equilibrato, continua, si deve poter contare su una riserva di affetto interno, che si accumula nell’infanzia: «In Mongolia pensiamo che questa memoria si ‘archivia’ nel fegato». In Svizzera, gli spiego, diciamo rodersi il fegato, l’organo bersaglio della rabbia. L’antidoto, continua l’abate, è l’amore rispettoso dell’altro, che ci apre alla solidarietà. Dipendiamo l’uno dall’altro, spesso lo dimentichiamo, correndo da mattina a sera, nutrendo voracemente i nostri bisogni, incuranti degli altri.

Tutto cambia forma, nulla svanisce

Pandemia e guerra, ci ricordano con prepotenza questa interconnessione globale: «Immagina, una persona sola in una città, quanto sopravvive, sei mesi? Grazie agli altri, abbiamo tutto: cibo, vestiti, casa, riscaldamento... Si sopravvive solo in gruppo». Fa un altro esempio: «Si sbaglia, quel direttore di banca che pensa di dirigere l’istituto da solo. Senza i suoi dipendenti non avrebbe il suo stipendio. Vale anche il contrario: gli impiegati dipendono dal loro dirigente». Tutto è interconnesso. Insiste, su questo punto: «Osserva la natura. Un insetto muore e diventa concime per le piante o cibo per altri animali, in un ciclo infinito, dove tutto cambia forma e nulla svanisce. Tutto ciò che scompare continua in un’altra forma. Siamo tutti parte di questo ciclo». Niente è fisso. Tutto è impermanente. La realtà è in continuo cambiamento, anche il nostro corpo, le nostre emozioni. Tutto sorge da qualcosa d’altro e di conseguenza è vuoto di un’esistenza propria e indipendente. Sono due facce della stessa medaglia. «Nessuno è arrabbiato o felice 24 ore su 24. Anche l’amore si trasforma». Sorride e dice: «Abbiamo un detto in Mongolia: ‘Prima non vivevo senza di te, ora vivo bene senza di te’». In questo flusso costante di cambiamento, ogni momento passa e non torna più. «Solo chi è nel presente può gustarsi appieno le esperienze gioiose, senza attaccamento. Si nutre di bellezza, la espande attorno a se. Una mente stressata, ansiosa per il futuro o rivolta con rimpianto al passato, non si gode nulla».

Il potere della preghiera

Capiamo che ciascuno può fare tanto per se stesso, coltivando una mente gentile e rispettosa dell’altro, tenendo a bada lo stress, godendo e condividendo le gioie del presente. Poi c’è la preghiera, un rimedio potente, dice, uno scudo quando siamo travolti dallo tsunami di emozioni distruttive. Ci spiega: «La preghiera cambia la frequenza della mente – come quando cerchi un canale sulla radio – ti ricarica e protegge, porta serenità e pace interiore». Ma c’è di più: «Ti aiuta ad avere ciò che desideri. Non te lo fa apparire per magia. Ti mette nella condizione energetica per ottenerlo». Ecco perché ciascuno è responsabile della propria felicità. Mentre lo guardo allontanarsi, con passo calmo ma deciso, penso a questo monaco, alla sua vita dedicata al prossimo, in un perenne equilibrio tra tradizioni e modernità, dove ciò che non si vede è più importante di ciò che è.

Dal Ticino alla Mongolia

La lotteria nazionale per un posto all’asilo

Dal Ticino alla Mongolia per costruire un asilo per centinaia di bambini orfani o di famiglie disagiate. In tanti Paesi l’istruzione è un lusso. In Mongolia i bambini, dai 2 ai 5 anni, sono 303mila e le scuole dell’infanzia non bastano per tutti. La pandemia ha creato ancora più povertà, per tre anni le frontiere sono rimaste chiuse. «L’autorità estrae a sorte chi può accedere all’asilo, si fa una sorta di lotteria nazionale. Gli esclusi restano a casa, spesso da soli, in tradizionali abitazioni mobili (si chiamano gher).

Sono tende a struttura circolare con una porta e dentro c’è un camino. I genitori lavorano lontano. Di conseguenza, i bambini anche molto piccoli, restano soli, spesso chiusi a chiave dentro queste strutture dove gli incidenti, come gravissime ustioni, purtroppo sono molto frequenti», ci spiega Muren Santini, economista mongola, che vive in Ticino. Sostiene il progetto di Lama Shinendentsel di costruire un asilo nido per centinaia di bambini orfani e figli di famiglie disagiate. Sarà edificato nella zona periferica del distretto di Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, un distretto popoloso dove c’è una maggiore concentrazione di poveri. Un salario medio è sui 400 dollari.

«Ci vivono 141mila bambini (dai 2 ai 5 anni), uno su quattro, ossia 35mila bambini, stanno tutto il giorno a casa, perché all’asilo non c’è posto». Purtroppo tra loro c’è chi muore, perché la casa prende fuoco.

Il monastero del Lama è in questo distretto. «L’obiettivo è aiutare le famiglie, permettere ai genitori di lavorare tranquilli e ai bimbi di stare in comunità dalle 7 alle 19 e ricevere una formazione. Oltre a quella di base verrà insegnato come diventare una persona rispettosa, di buon cuore e di sani principi», spiega l’abate che verrà anche l’anno prossimo in Ticino.

Questo asilo, nelle sue intenzioni, vuole diventare un modello virtuoso, un seme per farne germogliare altri istituti. «Qui i bambini impareranno soprattutto a coltivare l’altruismo. Così che le prossime generazioni saranno più pacifiche», precisa.

I prezzi sono saliti

Il terreno dove sarà edificata la scuola è stato acquistato grazie a donazioni. Piani di costruzione e permessi sono a buon punto. «La Cina che ci fornisce materiale da costruzione era inaccessibile per la pandemia, e i prezzi ora sono saliti di quasi 3-4 volte», spiega. Un passo alla volta, la meta è sempre più vicina. Con l’aiuto di tutti, conclude Santini, possiamo completare questo centro che permetterà a centinaia di bambini di riacquistare il sorriso e costruire un’infanzia serena per avere adulti integri in futuro. (Per informazioni: eventomongolialama@gmail.com).