Locarnese

Incendio nel Gambarogno, si teme il vento tempestoso

Lo spegnimento prosegue, a preoccupare i pompieri le raffiche annunciate. Nella lotta alle fiamme decisive si dimostrano le vasche in quota

Uomini ed elicotteri impegnati sul fronte dell’incendio da stamattina
(Ti-Press)
31 gennaio 2022
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«Ne avremo ancora per un po’. Non siamo nella fase risolutiva dello spegnimento dell’incendio». Così il comandante del Corpo pompieri di Bellinzona Samuele Barenco (nonché coordinatore delle operazioni) interpellato in merito al vasto incendio che da domenica mattina alle 4 sta consumando ettari di vegetazione e che sta tenendo col naso all’insù la popolazione, che scruta verso la montagna con la speranza di non vedere più quella preoccupante e densa colonna di fumo salire verso il cielo.

«L’incendio durante la notte si è sviluppato parecchio. La zona interessata – ricorda – va dal Monte Gambarogno fino, scendendo a sud, all’abitato della frazione di Indemini – specifica il comandante –. Si tratta di una superficie molto, molto importante, per il momento non ancora quantificata con precisione. Il fronte del fuoco che stiamo gestendo però misura oltre due chilometri», stima. Focolai che camminano in modo imprevedibile, un’avanzata che «dipende anche molto dalla vegetazione, con cui il fuoco assume “forme” differenti», precisa.

L’operazione di spegnimento è ripresa questa mattina («sta procedendo bene») con pompieri appartenenti ai Corpi di Gambarogno e Bellinzona impegnati a «lavorare sui fianchi del rogo, affinché si possa arginare e contenere lo sviluppo del fuoco, proteggendo la strada e l’abitato di Indemini (da cui ieri sono state evacuate alcune persone). Fortunatamente per il momento c’è poco vento e riusciamo ad agire con efficacia. Tuttavia, le previsioni meteorologiche annunciano forti raffiche di vento tempestoso da nord dopo mezzogiorno. La situazione cambierà in modo importante. Per noi diventerà tutto più complicato», dice con un certo sconforto.

«Siamo preoccupati dall’aumento del vento – ribadisce quindi –. Per il momento continuiamo a operare per frenare le fiamme. Più tardi, bisognerà capire come adeguare la nostra tattica d’intervento e far fronte alle prospettate raffiche ventose».

Finora le persone sfollate sono 45 (13 persone nelle frazioni di Ri, Pezze e Boè e 32 da Indemini), l’evacuazione si è resa necessaria a causa del denso e acre fumo liberato dalla combustione. Coloro che non hanno trovato rifugio presso i familiari o conoscenti, sono stati accolti nei locali della Protezione civile di Quartino. Altri residenti non domiciliati hanno fatto rientro alle loro dimore d’Oltralpe.

V’è un precedente non così lontano nel tempo: nel 1981 un violento incendio interessò la stessa area. Le fiamme consumarono i boschi da Neggia al Lago Delio, e fu proprio oltre confine che originò il rogo.

All’intervento – oltre ai pompieri dei Corpi di Gambarogno e Bellinzona, ai militi della Protezione civile – da ieri ha preso parte all’operazione anche l’esercito svizzero con tre elicotteri Superpuma.

L’importanza delle vasche in quota per una lotta diretta efficace

Nel piano di contrasto degli incendi boschivi, la duplice funzione dell’uso dell’elicottero si traduce nell’opera di attacco diretto con l’uso delle benne (le note “bambi bucket”) e attraverso la cooperazione con i mezzi terrestri impegnati in prima linea, mediante la fornitura di riserva idrica nelle apposite vasche dalle quali poi avviene il prelievo tramite motopompe. La presenza in quota di grandi vasche, dalla capacità di 50-60 metri cubi è diventata, negli ultimi tempi, sempre più determinante per una lotta efficace e tempestiva.

Alain Zamboni, comandante dei Civici pompieri di Locarno sottolinea l’importanza di simili strutture soprattutto nella fase iniziale dell’incendio: «Si tratta di risorse che possono essere decisive nelle prime ore di lotta alle fiamme. Vengono solitamente realizzate a una quota ritenuta idonea e dove, ovviamente, la scarsità d’acqua nelle vicinanze è tale da rendere difficile un contrasto diretto. Il problema di questi serbatoi è legato alla loro alimentazione. Sono non di rado riempiti da sorgenti che hanno una portata limitata ed è quindi chiaro che, una volta svuotati, richiedono tempo per riempirsi nuovamente. Questo è purtroppo, in alcuni casi, un loro tallone d’Achille».

Il vantaggio di queste “piscine in quota”, soprattutto per i mezzi di spegnimento aerei, è comunque evidente: «Riducono i tempi di spostamento degli elicotteri dal momento del lancio d’acqua sulle fiamme al riempimento della benna. Spole che possono richiedere anche diversi minuti e che, ovviamente, più sono lunghe più riducono l’efficacia tra un getto e l’altro. Un aspetto che può essere sicuramente risolutivo».

Di questi impianti nel Locarnese ne esistono ancora pochi; sono presenti più che altro laddove il territorio, per sua conformazione orografica e geologica, è in sostanza privo di punti naturali idonei di approvvigionamento idrico utili per il pescaggio degli elicotteri (come in Valle Onsernone). A farsi promotori di simili progetti sono solitamente i proprietari dei boschi, vale a dire Patriziati e Comuni, con l’appoggio e la consulenza degli uffici forestali di circondario.

Un gregge di ovini messo in salvo nella notte

Indemini, paese minacciato dal fuoco. I residenti sono stati invitati, a titolo preventivo, a lasciare le loro abitazioni visto che non si può escludere che le fiamme scendano ancora lungo il pendio, avvicinandosi alle proprietà. Tra coloro che hanno dovuto lasciare la propria casa figura anche una coppia di anziani allevatori di bestiame, la cui azienda agricola si trova poche decine di metri sotto la strada cantonale. Oltre ai due coniugi, sono stati provvisoriamente trasferiti anche i loro animali, una trentina di ovini. «Siamo saliti a Indemini domenica sera attorno alle 20 – ci racconta un loro familiare, che ha collaborato allo spostamento del gregge –. Il bestiame, dopo averlo raggruppato fuori dalla stalla, l’abbiamo condotto all’Alpe di Neggia, dove ha trascorso la notte al riparo. Abbiamo percorso a piedi alcuni km, ma tutto è filato liscio. Gli animali non erano affatto terrorizzati e questo ha reso più facile il lavoro. Oggi un allevatore della zona ci ha messo a disposizione una sua stalla per accogliere le pecore e gli agnelli fino a quando l’incendio non sarà domato. Naturalmente siamo preoccupati per ciò che potrà accadere nelle prossime ore. Le fiamme erano impressionanti stanotte e se poi si alzerà il vento, ecco che le cose potrebbero ancora peggiorare».


Il Dovere 3 gennaio 1981
Una pagina di cronaca regionale di 41 anni fa

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