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Nuove Officine Ffs, ‘troppi interrogativi senza risposte’

Gianni Frizzo, presidente di ‘Giù le mani’ e coordinatore della Cope allargata, denuncia l’assenza di trasparenza e chiarezza sulle cifre in ballo

Maestranze riunite (Ti-Press)
28 dicembre 2021
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Le cifre esposte dalle Ffs il 7 dicembre presentando insieme alle autorità cantonali e cittadine il Piano industriale del nuovo stabilimento di manutenzione previsto a Castione dal marzo 2026 «suscitano legittimi interrogativi», esordisce Gianni Frizzo in veste di presidente dell’associazione ‘Giù le mani dall’officina’ e portavoce della Commissione del personale (Cope) allargata ai sindacati Sev, Unia e Transfair. Riassunte all’osso le cifre indicano incrementi su due fronti: da 360 a 580 i milioni necessari all’investimento, da 200/230 a 360 le unità lavorative a tempo pieno necessarie per la lavorazione sulle varie tipologie di treni passeggeri. Unità che oggi fra vecchio stabilimento e struttura di Pedemonte variano fra 450 e 500, interinali inclusi.

‘Volontà quasi nulla’

Dapprima, attacca Frizzo, un accenno alla cosiddetta Piattaforma di dialogo diretta dall’ex consigliere nazionale urano Franz Steinegger e istituita a suo tempo quale luogo per lo scambio d’informazioni, sulle prospettive dell’Officina, fra tutte le parti interessate: «Sarebbe stato un luogo ideale per discutere di tutti i progetti. In realtà non è stato così: la volontà d’informazione delle Ffs è ormai nulla». Quanto successo in autunno non corrisponde infatti a quanto deciso in primavera, quando si era concordato sul fatto che il Piano industriale sarebbe stato esposto preventivamente alla Cope allargata lasciandole il tempo di valutarlo e redigere eventuali osservazioni all’indirizzo dei vertici ferroviari. «Abbiamo assistito a un ‘balletto delle cifre’ per l’ammontare dell’investimento (+ 61%) e dell’occupazione (+80%) senza capirne le ragioni visto che il Piano industriale non fornisce dettagli né plausibili spiegazioni. Si aggiunge poi la questione, fondamentale, della fase di transizione 2018-2027, ancora totalmente aperta e non affrontata».


Gianni Frizzo (Ti-Press)

‘Manca lo statu quo’

Frizzo e colleghi sollecitano le Ffs affinché presentino e precisino i dati relativi alla pianificazione dettagliata (budget) dei prossimi cinque anni, ossia 2022-26: «Fornendo anzitutto un bilancio dettagliato dello ‘statu quo’ che illustri il portfolio delle attuali attività svolte nello stabilimento cittadino e in quello di Pedemonte. E, per ognuna di essa, l’ammontare dei volumi di lavoro in ore annue e il numero di tutti i collaboratori, interinali compresi. Come pure la distinta delle varie strutture e servizi implicati, compresi quelli centralizzati, con rispettivo numero di personale, interinali inclusi». Cifre che la Cope ha più volte sollecitato, senza riuscire a ottenerle. «Solo così potremo capire il valore reale, umano e materiale, di ciò che ora possediamo e quanto di questo passerà effettivamente nella nuova struttura», sottolinea Frizzo: «Si potrà anche avere una visione inequivocabile della provenienza, dei profili, della caratteristica dei contratti e delle modalità d’assunzione dei 360 collaboratori previsti a Castione». La Cope allargata desidera insomma poter giocare fino in fondo il proprio ruolo di partner interno, «ma sulla base di cifre dettagliate e spiegate».

‘Via i merci? Già ora colpiti 43 posti di lavoro’

Criticata anche la decisione, comunicata ormai da tempo, di abbandonare la manutenzione dei carri merci: «Decisione presa in modo estemporaneo quando ancora mancava il Piano industriale, essenziale per individuare le ripercussioni. Una scelta scellerata che causerà importanti contraccolpi (li si sta già ravvisando) sui volumi di lavoro e sull’occupazione». Questo significa, chiediamo, che lo stabilimento viaggia attualmente a regime ridotto? «Già adesso – conferma Frizzo – vediamo colpiti almeno 43 posti di lavoro a causa della perdita prematura degli attuali e potenziali clienti operativi nel traffico merci. In che misura, vogliamo capire, il riorientamento al solo mercato viaggiatori compenserà realmente il calo già oggi molto ben presente?». Fra le conseguenze negative, oltre a quelle occupazionali e alla ridotta diversificazione di prodotti e clienti, «voglio citare anche quelle d’interesse economico relative alla cifra d’affari aziendale. Temi tra l’altro messi in luce dallo studio di fattibilità per il Centro di competenze, elaborato e presentato nel 2014 dalla società Bdo diretta allora dall’attuale consigliere di Stato Christian Vitta».

‘Quanto sarà investito e quanto servirà per i terreni’

Entrando nel merito dell’investimento pari a oltre mezzo miliardo di franchi, Gianni Frizzo mette lì alcuni interrogativi. A cominciare dalla partecipazione finanziaria di Cantone (100 milioni) e Città di Bellinzona (20) che in cambio riceveranno circa metà della superficie attualmente occupata dal vecchio stabilimento. «Sulla base delle varianti presentate nel giugno 2017 pochi mesi prima della Dichiarazione d’intenti sottoscritta da Ffs, Consiglio di Stato e Municipio di Bellinzona, le Ferrovie dichiaravano di poter procedere alla variante Castione solo se Cantone e Città avessero concorso con un finanziamento di almeno 100 milioni su un totale di 355. Cambierà qualcosa con gli attuali 580? Come si giustifica una differenza così importante visto che, a parte un aumento generico di lavorazioni sulle componenti, nulla viene specificato? La differenza sarà coperta unicamente dalle Ffs? Nel dettaglio, dei 580 milioni quanti saranno destinati al nuovo stabilimento con tutte le sue nuove infrastrutture e macchinari, e quanti invece al solo acquisto dei terreni». Frizzo e colleghi sollecitano insomma un chiarimento su chi investirà quanto e a quale scopo.

‘Da tre anni inascoltati dal Municipio’

Quindi, alcuni dubbi di natura prettamente politica. E qui il nostro interlocutore non va per il sottile additando chi siede nella stanza dei bottoni a Palazzo civico. «Mi riferisco in particolare al Municipio cittadino che da oltre tre anni evita di comunicare con noi. Per come evolvono le cose e per l’indifferenza degli ambienti istituzionali nel cercare di comprendere le nostre preoccupazioni, temiamo che l’unico obiettivo prestabilito non fosse altro che quello finalizzato a rimanere ben ‘attaccati alla giacca’ delle Ffs per non compromettere ciò che si potrebbe conseguire dopo lo ‘sfratto’ delle Officine, senza quindi formalizzarsi troppo sulle questioni che ho descritto prima». In primis quella occupazionale? «Esatto: un centinaio di posti di lavoro in più o in meno, cosa vuoi che siano di fronte all’occasione, più unica che rara, di poter mettere le mani sugli oltre 100’000 metri quadrati di terreno?». Dove tuttavia lo stesso direttore del Dfe Christian Vitta, intervistato il 26 novembre dalla ‘Regione’, ha indicato uno scenario occupazionale molto positivo con l’arrivo del previsto Parco dell’innovazione, in grado di generare centinaia di posti di lavoro. «Intanto però – replica Gianni Frizzo – di concreto c’è ben poco, se non il forte rischio che a Castione non si valorizzi e onori quanto messo in cantiere da tutti coloro che, dallo sciopero del 2008 in avanti, con tanta abnegazione si sono battuti per assicurare alle Officine una prospettiva ben diversa da quella che si presenta ora». Il messaggio che Frizzo e colleghi lanciano è preciso: «Trasparenza su tutta la linea e coinvolgimento effettivo».

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