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Nodo intermodale, uno scivolone per eccesso di slancio

Il pasticcio delle decisioni di Muralto sul comparto stazione annullate dal governo, che ha portato al congelamento dell’intero progetto

Per adesso (e chissà per quanto ancora) siamo messi così
(Ti-Press)
19 novembre 2021
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È brutto dirlo, ma lo stralcio del credito milionario per il nodo intermodale alla stazione Ffs di Muralto imposto dal Consiglio di Stato è dovuto in primo luogo a un grosso pasticcio nato dalla fretta. La fretta del locale Municipio di presentare al suo Consiglio comunale due messaggi con la garanzia di avere i numeri per farli approvare prima del rinnovo dei poteri comunali, con tutte le incognite che gli sono proprie. Poi ce la si poteva giocare alle urne, in occasione del referendum ampiamente annunciato dall’opposizione con l’appoggio di una vasta porzione di scontenti a traino. Ma lì il contesto è più liquido e la “macchina da guerra” di una gestione dinastica come quella rappresentata dal partito di storica maggioranza – Ordine e Progresso, il locale Ppd – avrebbe avuto tutte le carte per non partire battuto.

A Muralto, invece, le cose sono andate diversamente per un chiaro eccesso di disinvoltura. Così il grosso ingranaggio viario previsto alla stazione si è inceppato di colpo, bloccando di conseguenza una risposta (perfettibile fin che si vuole, e infatti invisa a molti, ma necessaria) a uno sviluppo del trasporto pubblico regionale e urbano che dal dicembre dello scorso anno ha subito un’accelerata epocale.

Il perché si sia giunti a questo stallo che lascia allibiti tutti (Cantone, Cit, Fart, Ffs, utenza e probabilmente pure Comune) sta scritto anche, ma non solo, nella severa sentenza del Consiglio di Stato sui ricorsi inoltrati contro le decisioni del legislativo riguardo ai due messaggi in questione; ovverosia la variante di Pr per tutto il comparto della stazione e il credito di 4,7 milioni per la costruzione di una pensilina grezza per i bus. La prima motivazione addotta dal governo è oggettivamente imbarazzante: nel gioco del “vai e vieni” fra consiglieri comunali dimissionari e nuovi – funzionale, dobbiamo aggiungere, all’ottenimento della maggioranza qualificata necessaria per votare la modifica pianificatoria – la procedura stabilita dalla Legge organica comunale non è stata seguita correttamente. In un caso un consigliere si è dimesso con un’e-mail al sindaco e senza informare il Municipio, e non c’è stata neppure alcuna decisione formale di accettazione (previo esame commissionale) da parte del legislativo. Ci sarebbe anche da discutere sui 5 nuovi entrati la stessa sera del Consiglio comunale: un po’ come chiamare dagli spalti un tifoso perché c’è da tirare il rigore decisivo.

Non sono purtroppo meno gravi, se vogliamo usare questo termine, le altre censure sollevate dal governo: il messaggio sui quasi 5 milioni per la futura pensilina non poteva ottenere l’ok prima che la relativa modifica pianificatoria venisse adottata dal Consiglio di Stato. In più, risultava già a monte non abbastanza approfondito per consentire al legislativo un voto “con piena cognizione di causa”.

Tutti elementi certamente ignoti alla Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio, che il 9 novembre, nel suo rapporto sui crediti PaLoc, parlava del nodo intermodale di Muralto come di “un’opera fondamentale nel concetto della nuova mobilità del Locarnese” e faceva “appello esplicito agli attori in gioco affinché ci si adoperi nel risolvere velocemente e con spirito costruttivo le procedure in corso”. Peccato che nel frattempo fosse stato chiesto il Var e, caso rarissimo, il rigore di cui sopra si è tramutato in autogol.

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