Tokyo 2020

La gioia di Noè: ‘Dopo la semifinale ci ho creduto’

Il ticinese commenta lo straordinario bronzo conquistato nei 100 delfino: ‘Non ci sono parole per descrivere le sensazioni che una medaglia alle Olimpiadi dà’

Prima Jérémy Desplanches, poi Noè Ponti: il nuoto svizzero che nella sua storia aveva vinto una sola medaglia olimpica, con Etienne Dagon nei 200 rana a Los Angeles, nel breve arco temporale di un giorno ne ha messe in bacheca addirittura due. Se quella del ginevrino in qualche modo poteva essere attesa, o quantomeno rappresentare un obiettivo, il fantastico bronzo del 20enne ticinese è una bellissima sorpresa. O meglio: è stata un sogno fino alla conquista della finale con il terzo tempo (e relativo record svizzero stracciato). Poi, tutto sommato, alla luce del talento di Noè e della sua capacità di affrontare anche le gare più prestigiose con la serenità dei forti, un occhiolino al podio lo si è potuto fare. Pur consapevoli di quanto complicato fosse l’esercizio, non fosse che perché due posti su tre sul podio erano già stati prenotati (da Dressel e Milak che fanno corsa a sé).

Così, dalla medaglia già storica di Desplanches, la Svizzera sale di un gradino sulla scala delle emozioni e oggi celebra il bronzo folle ma terribilmente concreto di Noè Ponti, travolto dalle mille sensazioni che avvolgono chi compie un’impresa straordinaria. Già, perché per quanto, vedendolo sul blocchetto di partenza, si potesse sperare in una medaglia, un podio olimpico per un 20enne alla prima Olimpiade e alla prima finale, resta un’impresa straordinaria nel vero senso della parola, fuori dall'ordinario. «È incredibile - ha commentato Noè -. È un sogno, sono semplicemente felice e soddisfatto. Cosa devo dire? Non ci sono parole per una medaglia di bronzo ai Giochi olimpici».
Ma un pensiero al bronzo lo ha fatto, a un certo punto? «Dopo il terzo posto in semifinale (50’’76, ndr), mi sono ripetuto che con 50’’7 o 50’’8 avrei potuto vincere il bronzo, perché gli altri non sarebbero stati più veloci di me. Mentalmente non è stato facile, ma ho dato tutto e alla fine ce l’ho fatta».

Il bronzo di Jérémy Desplanches ti è stato d’aiuto? «Certo che sì, la sua prestazione è stata fantastica. Sono state finali velocissime. Due medaglie nel nuoto in 24 ore per la Svizzera, pazzesco».

Un doppio risultato che fa bene all’intero movimento svizzero. «Abbiamo una squadra molto forte che è come una grande famiglia. Questa compattezza ci stimola e contribuisce alla bontà delle prestazioni. La medaglia è un ottimo viatico per il futuro, ma dobbiamo continuare a lavorare duramente per fare altri progressi. La concorrenza di certo non dorme».

La sua fase subacquea è eccellente… « Non la alleno in modo specifico. È un’abilità naturale che fa parte del mio talento. Sono stato a mio agio sott’acqua, sin da bambino. Non la alleno in modo specifico».

Il sogno olimpico, da quando lo culla? «Quando da bambino cominci a fare sport, i Giochi olimpici diventano un sogno. Nel 2012 sono stato colpito da Michael Phelps. Mi ha ispirato. Oggi mi ritrovo a evolvere a quel livello, alle Olimpiadi che guardavo alla televisione. È incredibile».

Una medaglia olimpica è frutto di un lavoro condiviso… «Vi hanno contribuito tutti quelli che mi hanno sempre sostenuto, i miei genitori, mia sorella, la mia famiglia, i miei allenatori. Devo rivolgere un grandissimo ringraziamento al mio allenatore Massimo Meloni, che purtroppo non ha potuto seguirmi a Tokyo».

Tra tre settimane la partenza per affrontare gli studi nel North Carolina. Cambia qualcosa, partire con la medaglia al collo. « Tutti mi dicono che quando vinci una medaglia ti amano tutti. Mi auguro che questo bronzo aiuti me e la mia futura squadra a migliorare ancora e che dia una motivazione enorme a tutti i miei compagni».

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