Bellinzonese

Lanciò un seggiolino della Valascia agli avversari? A processo

Assieme al 30enne vodese sono comparsi in Pretura penale a Bellinzona anche altri due tifosi del Losanna accusati di aver preso parte di disordini del 2018

Ti-Press
19 novembre 2020
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In Pretura penale a Bellinzona si torna a parlare dei tafferugli avvenuti alla Valascia il 14 gennaio 2018 in occasione del match tra la squadra di casa e il Losanna. Dopo il processo svoltosi due settimane fa nei confronti di tre tifosi vodesi condannati per sommossa, dello stesso reato devono rispondere altrettanti tifosi sempre della squadra losannese, membri della "Section Ouest", il principale gruppo di tifoseria organizzata della compagine vodese.

Questa volta a impugnare il decreto d'accusa firmato dal procuratore pubblico Nicola Respini sono stati un 43enne e due 30enni del Canton Vaud. Uno dei due imputati più giovani è in particolare accusato di aver lanciato un seggiolino staccato dal suo settore lanciandolo contro gli avversari in occasione dei disordini avvenuti al termine della partita. Per questo motivo, nel suo caso tra i reati di cui deve rispondere vi è anche quello di danneggiamento. Il 30enne dice di aver raccolto un seggiolino da terra e di averlo lanciato ma non verso gli avversari. Il giovane uomo ha alle spalle dei precedenti per aver preso parte a una rissa sempre in occasione di una partita di hockey nel 2017 e per aver lanciato un bicchiere a un'altra persona in un bar qualche anno prima. Adesso, ha assicurato, si è calmato ed è tornato sulla diritta via. Tutti e tre sono accusati di sommossa, violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari, e per due di loro anche di dissimulazione del volto su area pubblica. I tre imputati negano di aver preso parte attivamente agli atti violenti avvenuti in parte prima e in parte dopo la partita e chiedono l'assoluzione. La proposta di pena avanzata da Respini (che ha rinunciato a presenziare al processo) è per tutti e tre di 60 giorni di detenzione da sospendere con la condizionale per due anni. La sentenza da parte del giudice Flavio Biaggi è attesa nel pomeriggio.

Le responsabilità dell'Hcap 

Contrariamente al primo dibattimento, in questo caso uno degli imputati si è presentato in aula accompagnato dal suo avvocato difensore, Christian Chillà, il quale ha puntato il dito contro le misure di sicurezza prese in quell'occasione da parte dell'Hcap, giudicate insufficienti. «Hanno esposto tutti i tifosi presenti quel giorno, tra cui anche molte famiglie, al rischio di subire danni fisici e psicologici», ha sottolineato. Tant'è vero che la Federazione svizzera di hockey ha condannato la società al pagamento di una multa proprio per non aver intrapreso misure adeguate nonostante fosse a conoscenza dell'alto rischio di quella partita. In particolare il legale ha sottolineato la mancanza di una separazione fisica tra le tifoserie all'esterno. Il suo cliente, il 43enne, «segue la sua squadra del cuore da un trentennio, non ha precedenti penali ed è stato ritenuto colpevole dal Ministero pubblico unicamente perché era presente alla partita e si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato». I video utilizzati per la raccolta di prove non hanno infatti fornito la dimostrazione che l'uomo abbia partecipato attivamente ai tafferugli, ha sottolineato l'avvocato. L'imputato stesso ha ammesso di essersi avvicinato al luogo degli scontri, ma solo per vedere se vi fossero dei feriti.

'Un caso politico'

Critiche sono poi state sollevate dal legale contro chi ha condotto l'inchiesta. «Il primo errore del Ministero pubblico è stato quello di basarsi sull'equazione tifoseria organizzata uguale a violenta, il che non corrisponde al vero». Ha definito il lavoro del procuratore pubblico molto poco preciso, avendo egli stilato i decreti d'accusa «tramite copia e incolla che ha portato all'apertura di massa di incarti con l'unico obiettivo di sanzionare il maggior numero di persone». Contestata inoltre la proposta di condanna a 60 giorni detentivi. Secondo la legge, ha spiegato, bisogna chiedere in primo luogo una pena pecuniaria. «Sono convinto che sia stato montato un caso politico e mediatico al fine di poter dare pene esemplari e il Ministero pubblico è stato influenzato da questo», ha aggiunto.

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