Luganese

Pecunia Olet, il Tpf smonta il riciclaggio. Galeazzi soddisfatto.

La reazione del granconsigliere e consigliere comunale: 'Ne ero convinto'. La Corte federale conferma tuttavia il sequestro di quasi 4 milioni di euro.

Ti-Press
2 maggio 2018
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«L'ho sempre sostenuto e questa è una bella notizia». È di soddisfazione la reazione di Tiziano Galeazzi – da noi sentito – alla decisione del Tribunale Penale Federale (Tpf), che smonta il reato di riciclaggio nell'ambito dell'inchiesta 'Pecunia Olet': i soldi (5,5 milioni di euro circa) sarebbero stati versati in Svizzera prima dei reati contestati in Italia. «Ci tengo a ricordare che stiamo parlando dei soldi della mia ex cliente (una 43enne lombarda residente a Lugano, ndr) – aggiunge il granconsigliere e consigliere comunale Udc a Lugano –, io lavorando in banca ero semplicemente il consulente finanziario e stavo alle regole bancarie e alle leggi svizzere (a quel tempo) in vigore con il segreto bancario come tantissimi altri miei colleghi di settore Ancor oggi ovviamente si seguono le regole, ma dal 2015 vi sono stati enormi cambiamenti anche di paradigma. Sono contento per la signora Sirani, che un tribuna abbia sentenziato in questo modo. Dimostra che qui in Svizzera non c'è stato alcun riciclaggio, il reato contestato più grave in Italia».

'Servirà in parte anche in Italia'

Sebbene si senta toccato solo parzialmente dalla decisione, anticipata dalla Rsi, Galeazzi rivela che potrà valersi, tramite i suoi avvocati, di questa decisone anche in vista dell'incontro – ancora non fissato – con il Giudice delle udienze preliminari (Gup) in Italia: «Questa sentenza, che smonta in parte la linea dell'accusa (rappresentata dal pubblico ministero sostituto della Procura di Bergamo Davide Palmieri, ndr) farà parte della mia difesa e immagino che sicuramente la farà valere anche la mia ex cliente. Si dimostra che le operazioni finanziarie sono avvenute precedentemente a quanto viene contestano in Italia».

Confermato il sequestro di quasi 4 milioni

L'inchiesta è stata aperta nel 2011 in Italia, col sospetto che si stesse riciclando denaro in Svizzera, frutto di ipotetici reati tributari e fallimentari nel Belpaese. E malgrado il reato di riciclaggio in Svizzera sia stato smontato, il Tpf ha per contro confermato il sequestro di 3,9 milioni di euro circa. Altri 1,5 milioni saranno invece sbloccati: secondo gli inquirenti elvetici sono frutto di omesso versamento di imposte; reato non contemplato in Svizzera e quindi non è possibile dare seguito al principio di doppia punibilità. La sentenza – giunta in seguito a un ricorso dell'imprenditrice lombarda – segnala inoltre pure degli errori procedurali commessi dalla Procura italiana.

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