Una modella svizzera molestata. Un agente di moda accusato di stupro di minorenni e i collegamenti tra il presidente americano e l'imprenditore e criminale statunitense, arrestato e condannato per abusi sessuali e traffico internazionale di minori.
«Si mette tutto in un cassetto, prima Trump, poi Epstein. Ma quel cassetto continua ad aprirsi», racconta Beatrice Keul, ex finalista di Miss Svizzera, alla NZZ.
La sua storia riaccende i riflettori su un’epoca in cui uomini potenti sfruttavano il mondo del cinema o della moda come terreno di caccia per abusare di giovani donne. Un sistema che arrivò a coinvolgere anche la Svizzera.
Nel 1993 Keul aveva 23 anni, era una modella emergente e vice-Miss Svizzera. Invitata a New York al concorso “Donald J. Trump American Dream Beauty Pageant”, racconta di essere stata prima molestata sessualmente da Donald Trump - «mi toccava ovunque» - e poi insistentemente corteggiata da Jeffrey Epstein. «Cercavo l’american dream e ho trovato un incubo», spiega. «Epstein era a caccia e io dovevo essere la sua preda. Se fossi andata con lui, probabilmente sarei stata abusata».
Epstein si presentò come «il miglior amico di Trump» e le promise un appartamento, un visto e una nuova vita negli Stati Uniti. «Diceva sempre: “I will take care of you”». Keul rifiutò, ma lui continuò a insistere, arrivando persino a proporle un incontro con il principe Andrew. Spaventata e traumatizzata, tornò a Zurigo e abbandonò il mondo della moda, iniziando una carriera in banca.
Il suo racconto è emblematico di un’industria che negli anni Novanta, dietro il luccichio delle top model e dei grandi nomi, nascondeva abusi e sfruttamento. Le indagini mostrano come il “sistema Epstein” abbia incrociato altre volte la scena svizzera della moda, in particolare attraverso Jean-Luc Brunel, potente agente francese e stretto collaboratore di Epstein. Brunel, accusato di stupro di minorenni, si è suicidato in carcere nel 2022.
Brunel avrebbe fondato con il denaro di Epstein l’agenzia MC2 a New York. Secondo i resoconti, volò numerose volte sul jet privato di Epstein, che per il gran numero di passeggeri minorenni si guadagnò il soprannome di "Lolita Express". E avrebbe svolto un ruolo centrale nella rete di abusi di Epstein, che «andava a letto con migliaia ragazze che Brunel gli procurava», sostiene una delle vittime più note.
L'agente aveva contatti regolari con agenzie svizzere e partecipava a concorsi e scambi di modelle. Zineta Blank, storica agente zurighese, racconta uno dei suoi ultimi incontri a Parigi: «Accanto a lui c’era una ragazza che sembrava una bambina. Disse che era la sua fidanzata. Rimasi scioccata». All’epoca, però, certi comportamenti venivano normalizzati.
Keul è convinta che emergeranno altre verità, forse anche nuove vittime svizzere. «Negli anni Novanta potevamo solo tacere. La colpa veniva sempre attribuita alle donne», sottolinea. Dopo le sue accuse contro Trump ha ricevuto minacce e sostiene di essere stata silenziata sui social.
Sta ora completando un libro, che definisce una forma di terapia. «Il cassetto non si chiude mai del tutto», conclude. «È arrivato il momento di mettere tutto sul tavolo, perché non succeda mai più».