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Il pastore, più che un mestiere un’arte

Il futuro incerto del pascolo libero autunnale

Capra nel ricovero notturno
(© Silvia Gandolla)

In molte parti della Svizzera italiana sono già diverse le aziende agricole che hanno cominciato a far capo a pastori per gestire e proteggere il proprio bestiame al pascolo libero prima, durante e dopo l’alpeggio. Per l’estivazione i costi vengono in parte coperti dai pagamenti diretti dell’Ufficio federale dell’agricoltura, che però non riconosce il pascolo autunnale tipico del Sud delle Alpi.

L’assunzione di personale per la gestione degli animali in autunno per il Ticino è stata in diversi casi possibile solo grazie ai fondi d’emergenza dell’Ufficio federale dell’ambiente e in Valle Calanca grazie al coordinamento e sostegno del Parco Calanca. Anche WWF, Pro Natura e GWS hanno dato il loro contribuito, ma da quest’anno questo non sarà più sufficiente. Infatti, l’UFAM ha comunicato che non riconoscerà più il pastore come sistema di protezione delle greggi e non ne sosterrà più i costi. Ciò significa che in molti casi si dovrà rinunciare al pascolo autunnale incidendo pesantemente sui budget delle aziende.

La regolazione proattiva dei lupi non cambierà la situazione e i contadini di montagna hanno bisogno di sostegno e stabilità per potersi adattare. Ci auguriamo quindi che la Confederazione possa trovare una soluzione al più presto.

L’arte di fare il pastore

Quello del pastore è uno dei mestieri più antichi e iconici della storia dell’umanità. Nonostante gli epocali cambiamenti degli ultimi millenni, questa figura è rimasta pressoché immutata nel tempo.

Un buon pastore vive per i suoi animali, anteponendo il loro benessere e la loro salute persino ai propri. Un pastore vagante, che segue per 365 giorni all’anno il suo gregge in pianura e in montagna, ha dato una volta una perfetta definizione di ciò che è un vero pastore: “Noi non respiriamo perché c’è l’aria, respiriamo perché ci sono le pecore”. Essere pastore significa essere agronomo, veterinario, avere una buona manualità e un ottimo spirito d’inventiva, come pure nervi saldi per far fronte a tutti gli imprevisti che quest’arte comporta. Sì, perché di un’arte si tratta, più che di un mestiere. È un’arte difficile, che richiede tempo, perseveranza e buoni maestri per essere appresa e praticata, per gestire bene pascoli e greggi/mandrie, ancora maggiormente da quando sono tornati i grandi carnivori. L’immagine bucolica del pastore che si gode il paesaggio guardando i suoi animali è quindi ben lontana dalla realtà: essere pastore significa stare con i propri animali ogni giorno dalla mattina presto alla sera tardi, se necessario, con qualsiasi tempo, anche con pioggia, neve, vento e temperature sotto lo zero, in pianura e in montagna, a volte mettendo persino a repentaglio la propria incolumità. Ora, con la presenza dei grandi carnivori, questo mestiere va assolutamente sostenuto in maniera ancora più decisa, perché si tratta di un anello indispensabile per la gestione e la protezione degli animali e dei nostri paesaggi.

Celebrare la natura

Una passeggiata tra gli alberi delle Isole di Brissago, giocare a nascondino con la puzzola o una conferenza per capire come possiamo promuovere la biodiversità nella vita di tutti i giorni? Il Festival della Natura, in programma dal 22 al 26 maggio 2024, presenta oltre 750 esperienze naturalistiche in tutta la Svizzera, di cui ben 70 eventi soltanto nel Canton Ticino.

L’organizzazione dell’edizione ticinese è affidata all’Alleanza Territorio e Biodiversità, che si impegna ogni anno a fianco di numerose associazioni e realtà locali per offrire un programma ricco e variegato. Il Festival mira a promuovere la conoscenza della flora e della fauna svizzere, sensibilizzare sulle sfide cui la biodiversità è soggetta e portare le persone a vivere all’aria aperta e scoprire il territorio.

Quest’anno, il Festival si concentra in particolare sulla biodiversità urbana e l’importanza di pianificare spazi verdi rispettosi della natura nelle città. La promozione di spazi verdi favorevoli alla biodiversità aiuta anche nel contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici: più spazi verdi e biodiversi riducono le isole di calore, aumentano le superfici permeabili e garantiscono una città più vivibile e resiliente per la popolazione e la natura. Per saperne di più potete visitare la mostra “Biodiversità: c’è vita in città!”, creata e promossa da Alleanza Territorio e Biodiversità e Dipartimento del territorio, presso il Museo cantonale di storia naturale a Lugano: tanti pannelli e postazioni interattive sulla biodiversità urbana!

Volete partecipare al Festival? Basta visitare il sito www.festivaldellanatura.ch, dove è possibile consultare il programma e filtrare gli eventi per tipo, luogo, tema e orario, per adattare l’esperienza alle proprie esigenze e interessi. Vi aspettiamo!

Vago pascolo: chi lo ama e chi lo odia

Con la scomparsa dei grandi carnivori a fine ’800, nella nostra regione ha preso piede il “vago pascolo”, ovvero la pratica di lasciar pascolare gli animali in libertà e incustoditi. Oggi esso viene ancora praticato con ovini e caprini e nel Sud delle Alpi assume un ruolo importante anche in autunno, dopo l’alpeggio. I contadini in questo periodo possono dedicarsi ad altri lavori e risparmiare foraggio mentre le bestie si nutrono di rovi, faggiole e castagne in totale benessere psicofisico. Mentre i forestali lo tollerano a fatica, per i villeggianti dei monti invece è una piaga perché si vedono orti e giardini devastati dal bestiame in loro assenza.

Il ritorno dei predatori ha però rimesso in discussione questo tipo di pastorizia in quanto molto vulnerabile alle predazioni. Per salvare l’allevamento estensivo, diverse aziende agricole della Svizzera italiana stanno cercando di passare a un sistema di pascolo libero controllato da pastore. Ciò permette di mettere in atto diverse misure di protezione come i recinti notturni e l’inserimento di cani da guardianìa minimizzando i conflitti col turismo. Il pastore, inoltre, è in grado di condurre le greggi dove è necessaria una gestione del verde mirata, ma lontano dai boschi di protezione e dai rustici rendendo capre e pecore più “sopportabili” ai loro detrattori.

I buoni pastori però sono rari e costano (giustamente) cari! Questa transizione non è possibile senza il sostegno della Confederazione. A beneficiarne non sarebbero però solo gli agricoltori, bensì la sostenibilità ecologica dei prodotti, la gestione del paesaggio e la conservazione genetica di razze antiche allevabili solo allo stato brado.

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