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Le zone umide

Alla scoperta di Polesia

Una zona umida distrutta
27 febbraio 2021
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Qualche settimana fa è stata celebrata la Giornata internazionale delle zone umide. Come ogni anno, dedichiamo una pagina a queste aree sempre più a rischio, dalle quali però dipende la vita di tutti noi, visto che sono le zone che ci riforniscono di acqua potabile. Perché l’acqua non arriva da un rubinetto. Eppure, negli ultimi 40 anni abbiamo già perso un terzo delle zone umide e continuiamo a perdere queste aree ad una velocità esponenziale. Solo conservando e ripristinando i nostri fiumi, laghi e zone umide possiamo sperare di avere acqua potabile a sufficienza per tutte le persone e per la natura.

Ricordiamoci che meno dell’1% dell’acqua sulla Terra è acqua dolce utilizzabile e la maggior parte di essa è conservata nei nostri laghi e fiumi. Basti pensare che oltre 2,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile - e la crisi climatica peggiorerà solo la crisi idrica. Il declino catastrofico delle specie d’acqua dolce è l’indicatore più chiaro del danno che stiamo facendo alle zone umide del mondo - i nostri sistemi di supporto vitale. Gli ultimi studi dimostrano che in Europa il 60% delle zone umide, fiumi e laghi non è attualmente sano.

Polesia, che meraviglia

Le zone umide del mondo stanno scomparendo tre volte più velocemente delle foreste, con il 90% delle zone perse negli ultimi 300 anni. Questi ecosistemi in via di estinzione svolgono un ruolo cruciale nell’immagazzinare e pulire l’acqua, mitigare i danni delle inondazioni, sostenere la biodiversità, fornirci cibo e accumulare enormi quantità di carbonio. Oggi vi presentiamo Polesia: è la più grande area paludosa d’Europa. In questa zona troviamo alcuni degli ultimi fiumi “selvaggi” del vecchio continente che serpeggiano nel paesaggio, attraverso un vasto mosaico di torbiere e foreste che immagazzinano carbonio. Vi si trovano isole, laghi e paludi. Si estende attraverso la Bielorussia e l’Ucraina, ma raggiunge anche la Russia a est e la Polonia a ovest. La Polesia copre più di 18 milioni di ettari - circa la metà della Germania. Questo è un habitat cruciale per la fauna selvatica in difficoltà. L’area ospita il 60% della rimanente popolazione mondiale dell’uccellino Pagliarolo, ed è il più importante terreno di riproduzione a ovest della Russia per il rapace Clanga clanga, detto anche aquila maggiore, minacciato a livello globale. Centinaia di migliaia di uccelli migratori si fermano in Polesia ogni anno per riposare, nutrirsi e riprodursi, mentre i grandi mammiferi, come il lupo, la lince e il bisonte europeo, sono presenti in numero significativo. Esiste un progetto che si chiama Wild Polesia e che ha come obiettivo la mappatura di tutti i siti più importanti; si sta cercando di ampliare le aree protette ed espandere quelle già esistenti

Ripristinare i paesaggi

Riconoscendo l’importanza globale della Polesia, il progetto sta lavorando su una nomina a patrimonio mondiale dell’Unesco e a una riserva della biosfera e sta portando alla creazione di un sito Ramsar transfrontaliero in Polesia. Il progetto Wild Polesia fornisce anche attrezzature e supporto tecnico alle autorità locali per migliorare la gestione delle aree protette. La protezione delle zone umide sopravvissute e intatte, infatti, oggi è fondamentale, ma purtroppo abbiamo raggiunto un punto in cui dobbiamo fare un ulteriore sforzo. Le zone umide alterate e degradate e i loro servizi ecosistemici vitali devono essere restaurati e riportati in vita. Anche se gran parte delle zone umide della Polesia rimangono intatte e non danneggiate, alcune aree sono state alterate. Nei prossimi anni il progetto Wild Polesia prevede di ripristinare oltre 6’000 ettari di paludi e pianure alluvionali che sono state prosciugate all’inizio del secolo scorso. Il lavoro è iniziato nel primo sito di restauro del progetto: Nerasnia, in Bielorussia. Nerasnia è una palude di transizione degradata, parte della zona umida Topilovskoye, che copre circa 2’000 ettari. Questa palude è stata significativamente alterata da canali di drenaggio e incendi. I canali di drenaggio saranno bloccati, al fine di far nascere nuovamente la palude. Il monitoraggio dell’idrologia, della vegetazione e degli invertebrati aiuterà a valutare e adattare i nostri sforzi di ripristino. Si tratta di progetti che pian piano stanno prendendo piede ovunque nel mondo, vista l’importanza delle zone umide.

La tortora dal collare

La tortora dal collare si distingue dagli altri congeneri per il portamento elegante, la colorazione caffelatte chiaro con un semi-collare nero su fondo biancastro nella parte posteriore del collo. L’occhio scuro contrasta con il capo chiaro. La specie ha una storia relativamente recente in Europa. Ha infatti colonizzato il continente proveniente dall’Asia all’inizio del secolo scorso iniziando dalla Turchia e dai Balcani. È arrivata in Svizzera negli anni ’50 entrando da nord. La prima notizia ufficiale per il Ticino risale al maggio 1961 ma probabilmente era presente in modo silente anche prima nel Mendrisiotto, proveniente dal Comasco. Ogni notizia storica è quindi molto importante e se volete segnalarla andate al seguente sito: www.ficedula.ch.  Ora è ben distribuita in tutte le regioni pianeggianti, soprattutto nel Sottoceneri ma risale i solchi vallivi fino a Cevio, Airolo e Olivone. In inverno gli individui non ancora nidificanti possono formare gruppi di decine di individui, ma si mescolano raramente con il Piccione domestico. La Tortora può iniziare a covare anche all’inizio dell’inverno. A fine gennaio 2021 un individuo giovane era già segnalato al di fuori dal nido, il che lascia supporre una deposizione verso metà dicembre. È capitato di osservare tortore in cova sotto la neve. I nidi sono piuttosto rudimentali, a volte formati solo da pochi rametti sovrapposti. Si adatta volentieri alle situazioni più disparate, comprese le fioriere sui balconi. La stagione riproduttiva può essere lunga e arrivare anche a 4 deposizioni. Per questa ragione la tortora dal collare può avere densità importanti nelle zone urbane nonostante sia sottoposta alla predazione di uova e piccoli da parte della gazza che sta approfittando delle risorse.

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