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Il Mediterraneo, tutto da scoprire

Turismo ed inquinamento mettono a rischio la biodiversità

© Michel Gunther / WWF
8 giugno 2019
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Visto dallo spazio il Mediterraneo è una piccola pozza: misura “solo” due milioni e mezzo di chilometri quadrati (circa 3 se si conta il Mar Nero); quindi solo lo 0,7% dei mari del globo. Eppure, sulle rive di questo “stagno” sono sbocciati miti e religioni, filosofie e culture: le piramidi e il Partenone, Venezia e Costantinopoli, Roma e Gerusalemme; l’agricoltura, scritture diverse, numeri. Anche il suo ambiente naturale è unico. Posto tra l’umida Europa centrale e l’arida Africa, tra l’oceano e i deserti del Medio Oriente, è come un lago salato, profondo in media 1’500 metri. Il ricambio delle sue acque è lentissimo – si completa in 80/100 anni – e bassa la marea, da pochi cm a 1 metro. Scarsa è la portata dei fiumi che vi si gettano e forte l’evaporazione per il clima caldo: solo la massa d’acqua che penetra dall’Atlantico impedisce che il Mediterraneo si abbassi di un metro l’anno.

Il Mediterraneo è azzurro e limpido perché ha poche sostanze nutritive – il plancton – in sospensione. Tuttavia, è ricco di specie di pesci – circa 500 contro le 170 del Mar Baltico – originarie dall’Oceano Atlantico e Indiano, giunte attraverso Gibilterra o dal canale di Suez. Le piante, invece, sono autoctone. La posidonia, una pianta marina – non un’alga –, vive solo in questa azzurrissima pozza a cui garantisce acque pulite, rifugio e cibo per la fauna marina, difesa dei litorali sabbiosi dall’erosione. Tipica è anche la macchia che cresce solo nel Mediterraneo e, con forme simili, in alcune zone di California, Sudafrica, Cile, Australia, Nuova Zelanda. Sono alberi e cespugli con foglie coriacee e lustre, per resistere alla siccità e ai venti; o ovattate di peluria argentea per sottrarsi al sole; con fronde spinose contro i morsi delle capre. Elicrisi, rosmarini, cisti e ginepri si alternano a querce, sughere, oleandri, corbezzoli, pini d’Aleppo e palme nane, formando un incanto vegetale, il cui profumo si sente di notte lungo le coste risparmiate dal cemento.

Anche gli animali mediterranei sono speciali: la foca monaca, grande mammifero marino, un tempo presente in tutte le isole e i promontori del bacino, oggi è rarissima. Basti pensare che se ne contano solo 700 esemplari, quindi è a tutti gli effetti a rischio estinzione. O il gabbiano corso, con il becco rosso fuoco e le zampe verde oliva, ridotto a poche migliaia di individui. E poi le farfalle dai colori incredibili come la ninfa del corbezzolo, l’Aurora dell’Etna (a rischio estinzione). Il Mediterraneo… un luogo speciale.

Il rovescio della medaglia

Il Mediterraneo, questo mare chiuso fra due continenti, non vive tranquillo: in parte sono terremoti ed eruzioni vulcaniche ad “agitare le acque”: gli unici vulcani attivi d’Europa – a parte l’Islanda – si trovano proprio qui. Oppure sono le difficili condizioni climatiche: periodi di siccità si alternano a violenti e improvvisi periodi di pioggia che si trasformano in alluvioni dove il terreno non è protetto dalle piante. Condizioni che peggiorano con i cambiamenti climatici in corso.

Ma è l’uomo il peggior nemico del Mediterraneo e dei suoi incantevoli abitanti. Le attività umane mettono in pericolo questa culla di plurimillenarie civiltà. La notizia è di questi giorni: anche il Mediterraneo ha purtroppo la sua “isola” di plastica oramai. Le sue coste sono molto popolate, sulle sue rive si affacciano Paesi fortemente industrializzati, altri agricoli e pastorali, Paesi ricchi e Paesi meno ricchi… alcuni esposti a guerre, a condizioni di vita molto difficili, a gravi problemi ambientali. Milioni di automobili circolano nelle aree costiere del Mediterraneo, molte cittadine scaricano in mare i rifiuti senza depurazione, senza contare gli idrocarburi che finiscono in acqua dalle petroliere o il carburante delle barche a motore private. I fiumi trasportano in questo mare piccolo e poco profondo una vera e propria alluvione di pesticidi, fertilizzanti, veleni e detersivi. E non parliamo poi degli insediamenti costieri. In alcuni Paesi come la Francia, la Spagna e l’Italia, centinaia di chilometri di costa sono coperti da grandi complessi edilizi fin sulla spiaggia. Una situazione che rischia di peggiorare se non si punta ad un rispetto maggiore dell’ambiente. Secondo uno studio del WWF – commissionato due anni fa – il valore economico stimato per il Mediterraneo è pari ad almeno 5’600 miliardi di dollari americani. L’eccessivo sfruttamento delle risorse minaccia il funzionamento di questi ecosistemi, fondamentali per la vita marina. Dai 46mila chilometri di coste del Mare Mediterraneo dipende la vita di circa 150 milioni di persone.

Il mare ha infatti un ruolo fondamentale per le economie delle singole regioni e per l’interesse generale delle collettività che vi abitano. Lo studio mette in evidenza i vantaggi economici che il Mediterraneo è in grado di offrire ai Paesi che si affacciano sulle sue rive. L’output economico annuale (Gross Marine Product, GMP) del Mediterraneo equivale ad almeno 450 miliardi di dollari. Per rendere l’idea: se il Mediterraneo costituisse un’economia a sé, sarebbe la quinta regione dopo Francia, Italia, Spagna e Turchia.

La sirena di Ulisse

La foca monaca, celebrata già da Omero nell’Odissea, è l’unica foca a vivere nelle calde acque del Mediterraneo e, primato questo niente affatto invidiabile, è tra le foche più minacciate al mondo. Sta scomparendo dai nostri mari per le uccisioni illegali, ma soprattutto per l’inquinamento, la distruzione dell’habitat naturale e il disturbo di un turismo eccessivo e invadente proprio nel periodo della riproduzione. Oggi ne restano non più di 700 esemplari, in piccole popolazioni fra le isole greche, lungo le coste della Turchia e nelle acque atlantiche del Sahara. Alcuni esemplari sono stati avvistati anche lungo le coste italiane. Grazie ai diversi progetti di tutela del WWF per la foca monaca, si è assistito a una leggera crescita del numero di animali. Basti pensare che fino a 40 anni fa se ne contavano solo 300 esemplari.

Ecco cosa fa il WWF:
istituzione di riserve naturali, sorveglianza delle coste, cura degli esemplari feriti, campagne di sensibilizzazione su pescatori e turisti. In particolare, diversi anni fa è stato dato il via a un progetto molto speciale che prevede la sorveglianza delle grotte ancora abitate dalla foca, con speciali telecamere a raggi infrarossi che funzionano grazie all’energia solare. Un modo per sorvegliarle, studiarle e proteggerle, anche durante il delicato periodo dell’allevamento dei cuccioli, senza disturbarle in alcun modo.

Spruzzi di notizie

Circa 5 milioni di anni fa si chiuse il collegamento tra l’Atlantico e il Mediterraneo, che si prosciugò tutto. Poi, tremendi movimenti tellurici riaprirono l’istmo di Gibilterra e una gigantesca cascata irruppe dall’oceano, riempiendo nuovamente il bacino, che potrebbe scomparire anche tra 1 o 2 milioni di anni! I Fenici furono tra i primi a radere al suolo le grandi foreste mediterranee e i Romani non furono da meno. La raccolta del corallo rosso è cominciata con i Greci e i Romani: parecchi decenni occorrono a queste “pietre viventi” per crescere fino a 30 cm. I sub a caccia di trofei li distruggono in pochi secondi, ignorando le leggi di protezione (che tra l’altro non esistono in tutti i Paesi del Mediterraneo). Anche le praterie sottomarine di posidonia sono a rischio. Producono ossigeno, indispensabile alla vita del mare. Ma questo polmone del Mediterraneo, ora è malato: metà delle praterie sono state distrutte da strutture portuali e turistiche, pesca a strascico, ancore, e soprattutto detersivi, micidiali veleni per la posidonia anche in piccole quantità. I più affascinanti abitanti del Mediterraneo sono i cetacei: dalle balene lunghe oltre 20 metri, come la Balenottera comune o il Capodoglio, al piccolo delfino comune di soli 2,5 metri, ormai rarissimo. Capita sporadicamente anche di vedere un’orca, con la sua grande sagoma bianca e nera di circa 10 metri.

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