L’iniziativa dei Giovani Verdi è stata respinta da sette elettori su dieci. I vincitori indicano la via da seguire: è quella del pragmatismo
Per fare una prova ci vogliono almeno tre indizi. Se le parole attribuite ad Agatha Christie si applicassero alla politica, la domenica di votazioni dimostrerebbe che la popolazione svizzera è quantomeno cauta sui passi da compiere per contrastare la crisi climatica e rafforzare la protezione dell’ambiente. Com’era lecito attendersi, l’iniziativa dei Giovani Verdi sulla ‘responsabilità ambientale’ è stata sommersa sotto una valanga di no (69,8%, 69,4% in Ticino). Ma anche altre proposte su temi affini, assai meno radicali e di portata più limitata, sono state liquidate in diversi cantoni (vedi a pagina 3). La prova che un ciclo si stia chiudendo?
Trenta per cento in meno di termopompe vendute in Svizzera nel 2024, calo delle vendite delle auto elettriche, ‘orrendo contraccolpo’ nel settore fotovoltaico: la ‘SonntagsZeitung’ registrava proprio ieri la fine dell’‘euforia verde’. Per il domenicale, il futuro è tutt’altro che promettente per le rinnovabili: ‘Altro che svolta energetica: il petrolio ha i migliori anni ancora davanti a sé’. Intanto il Consiglio federale vuole risparmiare centinaia di milioni di franchi sulla protezione del clima. E gli Stati Uniti di Trump voltano le spalle all’Accordo di Parigi.
In un simile contesto, è già qualcosa che le giovani speranze del Partito ecologista svizzero abbiano raggiunto la soglia del 30% di sì. Alla fine la quota di consensi – che i sondaggi davano in costante calo – corrisponde su per giù al bacino elettorale di riferimento. La sinistra sembra aver fatto quadrato intorno ai promotori. I ‘grandi’ dei Verdi e del Ps sostenevano l’iniziativa, così come il Partito evangelico (Pev) e numerose organizzazioni ambientaliste. Il Partito verde liberale raccomandava il no, anche se la maggioranza dei suoi simpatizzanti – stando ai sondaggi – era a favore.
Scopo dell’iniziativa era di preservare le basi naturali della vita con un cambiamento radicale nell’economia, nei consumi e nella vita quotidiana. La proposta di modifica costituzionale chiedeva che in Svizzera fossero utilizzate per le attività economiche e i consumi solo le risorse che possono essere rigenerate. Confederazione e Cantoni avrebbero dovuto fare in modo che entro 10 anni (2035) l’impatto ambientale dei consumi nel Paese non superasse più i limiti del pianeta. Un obiettivo considerato irrealistico dai contrari, che hanno dipinto un cupo scenario fatto di divieti, restrizioni e prezzi alle stelle. Da parte sua, ancora domenica sugli schermi della Rts la copresidente dei Giovani Verdi Margot Chauderna ha accusato gli oppositori – Consiglio federale, tutti i partiti del centro e della destra e le organizzazioni economiche – di aver condotto “una campagna della paura”.
Paura o no, la campagna – stretta tra la fine delle ferie natalizie e la data imposta dal calendario – è stata corta e piuttosto fiacca. Di mezzo ci si è messo anche il... Centro: le peripezie incontrate nella ricerca di candidati per la successione di Viola Amherd in Consiglio federale hanno oscurato il tema in votazione. A tutto questo si somma probabilmente anche un certo effetto riflusso, dopo l’abbuffata di votazioni dello scorso anno su oggetti (13esima Avs, riforma del secondo pilastro, estensione delle autostrade ecc.) che hanno fortemente mobilitato l’elettorato. Non sorprende dunque che la partecipazione sia stata bassa: del 37,9%, ben al di sotto della media pluriennale (47% tra il 2011 e il 2023).
Nella Svizzera romanda l’opposizione all’Iniziativa è stata meno marcata rispetto ai cantoni germanofoni. Basilea Città ha registrato la più bassa percentuale di no (54,7%). Seguono Neuchâtel (58%), Ginevra (58,3%), Vaud (61,7%), Giura (62,1%) e Friburgo (67,9%). In Vallese invece i contrari sono stati il 76,4%. Nella Svizzera tedesca i campioni del no sono Svitto (84,6% di voti contrari), Nidvaldo (83,2%) e Obvaldo (83%). Degli oltre 2mila comuni svizzeri, solo una decina ha accettato l’iniziativa. Quelli con le percentuali più elevate di sì si trovano nella Svizzera francese o al confine: Lajoux (Ju) ha detto sì con il 60,1%, Losanna con il 58%, Romainmôtier-Envy (Vd) con il 56,4%, Vevey con il 56,1% e Friburgo con il 53,5%. Seguono Clarmont (Vd), Les Enfers (Ju), Veysonnaz (Vs), Neuchâtel e Bienne (Be).
In una nota, i Giovani Verdi si dicono orgogliosi per essere riusciti a raccogliere le firme necessarie e per aver condotto una campagna a livello nazionale. Per il resto, deplorano “la vittoria della procrastinazione, di coloro che vogliono mantenere lo status quo e che continuano a privilegiare la massimizzazione del profitto piuttosto che il benessere delle persone e dell’ambiente”.
Ps e Verdi rimandano alla loro iniziativa popolare congiunta per istituire un Fondo per il clima. Secondo i socialisti, sono essenziali investimenti massicci nella transizione energetica e maggiori sforzi per combattere la distruzione dell’ambiente. “Dobbiamo agire dove si generano le emissioni: trasporti, edifici, industria”. I Verdi evocano inoltre la loro Iniziativa solare (mira a installare impianti solari su tutti gli edifici idonei) e quella per una piazza finanziaria sostenibile (mira a introdurre prescrizioni più stringenti per gestori patrimoniali, assicuratori e fondi pensione in ambito ambientale e climatico).
Greenpeace ritiene necessario stanziare fondi per la ristrutturazione degli edifici, lo sviluppo dell’economia circolare, la mobilità dolce, un sistema sanitario accessibile e la creazione di catene di approvvigionamento sostenibili e controllate in Svizzera e all’estero. Per finanziare queste misure, Parlamento e Consiglio federale devono porre fine alle sovvenzioni dannose per l’ambiente. E garantire che gli ultra-ricchi siano tassati in modo adeguato.
Gli svizzeri hanno respinto “una proposta estrema che ignora gli aspetti economici e sociali”, afferma l’Alleanza ‘No a divieti irresponsabili’, composta dal Plr, dal Centro e dall’Udc e sostenuta da economiesuisse, dall’Unione svizzera delle arti e mestieri e dall’Unione svizzera dei contadini. Dall’ampio fronte dei contrari si invita al pragmatismo. Gli elettori non hanno voluto portare il Paese a sbattere contro un muro, ha dichiarato la direttrice generale di economiesuisse Monika Rühl. “Gli svizzeri vogliono soluzioni pragmatiche. E noi vogliamo continuare su questa strada. La protezione del clima rimane un tema importante e le aziende devono pensare a lungo termine”.
Il Plr si rallegra di essere “riuscito a dimostrare efficacemente le numerose conseguenze nefaste dietro la proposta” dei Giovani Verdi, ma si preoccupa già delle prossime votazioni sulla proposta di tassare le successioni superiori a 50 milioni di franchi. Il Centro ricorda che il principio dello sviluppo sostenibile è sancito dalla Costituzione federale e misure concrete sono state adottate dal Consiglio federale e dal Parlamento per la riduzione delle emissioni di gas serra, la promozione delle energie rinnovabili e la protezione della biodiversità. Per i Verdi liberali il no all’iniziativa dei Giovani Verdi non è comunque un no a una maggiore protezione dell’ambiente. È un chiaro impegno a perseguire gli obiettivi di sostenibilità con misure concrete invece che con articoli costituzionali rigidi e astratti, hanno scritto in un post su X.
Dello stesso tenore il commento di Albert Rösti. Il popolo e i cantoni hanno seguito il parere del Consiglio federale e del Parlamento, ha detto il ministro democentrista davanti ai media. Quello scaturito dalle urne non è un no alla protezione dell’ambiente e dobbiamo evidentemente prenderci cura della nostre risorse naturali. Oggi gli svizzeri hanno confermato l’attuale politica ambientale che si potrebbe riassumere con “proteggiamo la natura, ma teniamo conto degli interessi dell’economia e della popolazione che sono altrettanto legittimi”.