Come ridare linfa alla politica di milizia nei comuni? Il giovane municipale biaschese Joël Rossetti racconta la sua esperienza.
Quanti giovani, tra le migliaia che in queste settimane si riversano nelle strade delle città svizzere denunciando l’inazione dei politici di fronte al riscaldamento globale, siederanno tra qualche anno in un consiglio comunale o in un municipio? Quanti di loro faranno il salto dalle rivendicazioni globali (zero emissioni entro il 2030) alla politica terre-à-terre (come la difesa di un progetto di rinaturazione di un corso d’acqua, per restare in tema) praticata discretamente e faticosamente nei comuni? Per la scuola universitaria Htw di Coira “il potenziale di reclutamento tra i giovani adulti [25-35 anni, ndr] è circa del 20% ed è superiore alle aspettative” (cfr. articolo a lato). Joël Rossetti, giovane municipale del Plr a Biasca (cfr. scheda), è «fiducioso»: «Anche in Ticino, a livello cantonale e comunale, mi pare che si vada nella buona direzione», dice il 29enne alla ‘Regione’.
L’Associazione dei comuni svizzeri, la Federazione svizzera dei parlamenti dei giovani e la scuola universitaria pee la tecnica e l’economia (Htw) di Coira propongono 84 misure per coinvolgere maggiormente i giovani nella politica comunale. Ne scelga una che le è piaciuta particolarmente.
Una premessa: il solo fatto di parlarne è positivo e interessante. Alcune proposte sono difficilmente praticabili. Altre invece lo sono: come quelle che richiamano quanto abbiamo fatto a Biasca; penso alla creazione di un consesso dei giovani [il Consiglio dei giovani biaschesi, ndr], o ai nuovi canali di comunicazione (una app, una pagina Facebook) che permettono all’amministrazione comunale di raggiungere più facilmente i giovani. Poi però coinvolgerli è un’altra storia.
Modelli di orario di lavoro flessibile, incentivi per i datori di lavoro che impiegano politici o politiche di milizia. Quanto utili sarebbero queste due misure indicate nello studio ‘Promo 35’?
La sensibilità del datore di lavoro, la flessibilità negli orari, sono fondamentali. Anche perché le tematiche trattate sono sempre più complesse, comportano un grande dispendio di tempo e richiedono un notevole impegno. La tecnologia [lo studio menziona tra l’altro sedute a distanza in videoconferenza, deliberazioni circolari, strumenti di lavoro digitali come Skype ecc., ndr] offre possibilità interessanti per ridurre questo carico. Ma la discussione, le riunioni, l’incontro restano imprescindibili. Come dipendente della Fondazione Lingue e Sport dispongo di un buon margine di manovra e posso anche beneficiare del congedo per carica pubblica, al pari dei funzionari dell’amministrazione cantonale.
Nessuna grossa difficoltà, dunque?
Beh, per me entrare in Municipio ha significato riorganizzare la vita. La politica non è l’unico fattore che mi ha portato ad abbandonare lo sport a un certo livello, ma ha avuto sicuramente un peso: giocavo a hockey nel Biasca fino alla promozione dalla Prima lega in B, nel 2016; poi sono stato eletto in Municipio e ho dovuto ridimensionare il mio impegno hockeystico: tre, quattro allenamenti alla settimana non si conciliavano con la nuova attività e le cariche ‘collaterali’ che esso comporta, come ad esempio le riunioni dei consigli d’amminiustrazione dei consorzi. Oggi gioco a livello amatoriale, in terza/quarta lega. Bisogna fare delle scelte. E sapere che serve pazienza, perché la politica – anche nei comuni – ha bisogno dei suoi tempi.
Lei come si è avvicinato alla politica?
I miei genitori non hanno mai fatto politica attiva. In famiglia solo uno zio è stato in Municipio per qualche anno. In casa abbiamo sempre discusso di politica, ma mai in modo sfegatato. E comunque questa non è una condizione essenziale. A convincermi è stato il presidente della sezione locale del Plr: ho sentito non solo interesse, ossia la necessità di ‘fare numero’, ma anche una predisposizione a dare fiducia. Sono stato eletto al primo colpo: non me l’aspettavo certo. Ero ancora studente: terzo anno di scienze della comunicazione all’Usi di Lugano [Rossetti in seguito ha conseguito il master in public management all’Usi di Lugano con specializzazione all’Idheap di Losanna, ndr].
Il potenziale di reclutamento tra i giovani adulti è superiore alle aspettative, afferma lo studio della Htw di Coira. Lo constata anche lei, a Biasca?
Sì. Nel 2012 nelle liste per le ‘comunali’ a Biasca c’erano pochi giovani. Quattro anni dopo erano molti di più; e il Consiglio comunale si è ringiovanito. I partiti – un po’ per necessità, un po’ per scelta – cercano di più i giovani. Mi pare che la diffidenza reciproca tra questi e gli ‘anziani’ stia diminuendo. E in un esecutivo come in un legislativo avere diverse fasce d’età va a beneficio di tutti.
Dal 2017 esiste il Consiglio dei giovani biaschesi. Di cosa si tratta?
Il senso è avvicinare in modo ‘soft’ i giovani alla politica, anche se non per forza a quella istituzionale. Il Consiglio ha il suo regolamento, un esecutivo e un’assemblea; il Comune li sostiene con 5mila franchi l’anno. Così i giovani possono discutere di temi politici in senso lato e portare avanti le loro idee: la pista pumptrack alle scuole medie, il cinema all’aperto... Anche loro, però, come giovani superconnessi si confrontano con la difficoltà di coinvolgere altri giovani.