laR+ Sportellate

Von Allmen Franjo e il grande Mucho Frigerio

Dovesse essere convocato in Nazionale da Yakin, Lucas Blondel non sarebbe comunque il primo rossocrociato nato in Sudamerica; almeno un paio i precedenti

11 febbraio 2025
|

Dopo il weekend dedicato alle prove più veloci dei Mondiali in corso a Saalbach, ero tentato di consacrare la rubrica odierna proprio allo sci, partendo dalla sfortunata prova di Lara Gut-Behrami per giungere alla strepitosa prestazione di Von Allmen Franjo, scritto così, col cognome anteposto al nome come si usa nella lotta svizzera, disciplina a cui – come suggerito dalla mia morosa mentre seguivamo la discesa libera dal divano – il ragazzo, per via di stazza e sorriso che fa onore alle sue origini, avrebbe benissimo potuto dedicarsi, probabilmente con ottimi risultati anche in quel caso. Parlerò invece d’altro, ma l’appuntamento con la neve è soltanto rimandato a quando la kermesse austriaca si sarà conclusa.

Una certa curiosità l’ha destata, nei giorni scorsi, la notizia relativa al viaggio intercontinentale intrapreso da Murat Yakin – Ct della Nazionale di calcio – per far due chiacchiere con Lucas Blondel, giocatore in forza agli argentini del Boca Juniors e munito di un passaporto elvetico che potrebbe risultare assai prezioso per le sorti della nostra selezione, specie durante il percorso di qualificazione alla prossima Coppa del mondo. Cronica è ormai infatti la carenza di difensori capaci di presidiare con una certa efficacia le fasce laterali, e il 28enne nato a Buenos Aires da madre santafesìna e padre vallesano – ormai del tutto recuperato da un brutto infortunio al ginocchio – potrebbe dunque rivelarsi provvidenziale.

In effetti, non succede troppo spesso che un coach rossocrociato ricorra per la sua bisogna a elementi nati addirittura nell’altro emisfero, ma la pratica non è del tutto inedita. Così a memoria, la procedura era stata infatti messa in atto in almeno un paio d’altre occasioni, una delle quali risalente alla preistoria del nostro gioco del pallone: quella relativa alla convocazione di Alessandro ‘Mucho’ Frigerio, nato a Tumaco, costa pacifica della Colombia, nel 1914.

Figlio di madre colombiana e dell’allora console svizzero, quando aveva solo otto anni Frigerio rientrò a Lugano, dove – oltre a una squadra in cui mostrare le sue qualità già notevoli in tenera età – trovò pure il soprannome, figlio del suo intercalare in lingua castigliana, che non lo avrebbe più abbandonato e che, addirittura, restò appiccicato anche a suo figlio, diventato a sua volta calciatore di buon livello.

Dopo l’esordio nella prima squadra bianconera a 15 anni, Mucho debuttò con la Nazionale rossocrociata nel 1932, quando aveva soltanto 17 anni e 4 mesi, stabilendo un record di precocità ancora oggi imbattuto. Il ragazzo, un paio d’anni più tardi, pareva destinato a far parte della rosa per il Mondiale italiano, quello di Mussolini, ma alla fine – non si sa bene perché – dovette restarsene a casa: la sua avventura nella Nati durò così soltanto una decina di partite. In seguito, Frigerio abbandonò le rive del Ceresio per approdare allo Young Fellows, nelle cui file fece così bella figura da suscitare l’interesse dei francesi del Le Havre, a cui prestò i suoi servigi per una stagione. Rientrato al Campo Marzio, con la maglia del Lugano vinse il titolo nazionale del 1941 e conquistò due dei suoi tre allori come capocannoniere del massimo campionato, prima di chiudere la sua solida carriera fra Bellinzona e Chiasso.

Meno fortunata – ma soprattutto assai meno brillante di quanto ci si aspettasse – fu la parabola sportiva di Johan Vonlanthen, anch’egli attaccante nato in Colombia da padre elvetico e, proprio come ‘Mucho’, capace di esordire nella massima serie a 15 anni (nell’YB) e di vestire per la prima volta i colori rossocrociati quando era ancora minorenne. Indicato fra i più puri talenti a livello continentale, prese parte all’Europeo del 2004 in Portogallo andando pure in gol contro la Francia e impossessandosi del primato di più giovane marcatore della storia del torneo, poi scippatogli la scorsa estate da Lamine Yamal. Ciò che pareva essere soltanto una rampa di lancio, però, si rivelò purtroppo in realtà il punto più alto della sua carriera, trascinatasi senza più acuti degni di nota fino al 2018 in un lungo vagabondaggio – almeno una dozzina di squadre – fra Olanda, Italia, Austria, Colombia e di nuovo Svizzera.