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‘Coi 200 m delfino ho chiuso, a Singapore punto sulla velocità’

Scelte mirate ai Mondiali in vasca lunga e consapevolezza nei propri mezzi per Noè Ponti che si racconta tra obiettivi, pressioni e futuro

In sintesi:
  • Da Dubai, il nuotatore ticinese ci svela condizione attuale e obiettivi futuri per la sua carriera
  • Per ora, l'atleta del Gambarogno ha deciso di accantonare i 200 metri delfino, specialità che gli toglie troppe energie: si concentrerà dunque sulla velocità pura
  • Guardando al futuro, il 23enne dice che, una volta smesso di nuotare, non gli dispiacerebbe restare nel mondo dello sport, un ambiente in cui si trova molto bene
18 febbraio 2025
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“Tre ori e due record del mondo, eppure mi sembra di essere ancora in alto mare”. Basta questa frase per capire che nella testa di un vincente come Noè Ponti quanto ottenuto non è mai abbastanza. Vincere: facile a dirsi, meno a farsi, terribilmente difficile se la testa non è lucida. Parola del ticinese, che da Dubai ha voluto spaziare su temi che strizzano l’occhio al 2025, ma pure a quelli che sconfinano dal mondo natatorio.

Che lettura dai dei tempi nuotati questo weekend?

Iniziare l’anno così è un’iniezione di fiducia. Nuotare 22”83 nei 50 m delfino è una conferma che stiamo lavorando correttamente sotto tutti i punti di vista. Al di là dei tempi, sono contento che la testa con cui ho affrontato questo weekend di gare è stata centrata. Se mentalmente sono sereno vado sempre forte, indipendentemente dallo stato di forma.

Forma attuale costruita in parte a St. Moritz: come hai vissuto il campo d’allenamento in altura?

Ho ripreso positivamente dopo le vacanze e in acqua ho risposto bene. Ora sono in un periodo che comprende tanta aerobica, dunque circa 60 km di allenamento a settimana, suddivisi su 10 sessioni. Mi capita di sforare i 6 km ad allenamento, ma sarà l’unico momento in cui nuoterò così tanto. Rispetto alle altre stagioni faccio un po’ meno volume, ma comunque più chilometraggio degli altri nuotatori.

I tuoi rivali fanno allenamenti più specifici o ti trovi in una fase dove devi caricare?

In inverno caricano tutti. Si crea una sorta di base energetica per arrivare pronti al momento clou, ovvero il Mondiale in vasca lunga in cartellone a Singapore, e un campo d’allenamento in altura certo aiuta fisicamente. Insieme al mio team ho scelto di diminuire i carichi perché i 200 m delfino non li farò più, perlomeno in vasca lunga e agli appuntamenti di rilievo.

Come mai?

È una gara che richiede più lavoro, fisico ma soprattutto mentale. Li soffro più di qualsiasi altra gara. È una decisione che avevo già abbozzato prima della finale olimpica e che ho confermato subito dopo averla svolta. La scelta è dettata da vari motivi: fisicamente non sono certo una passeggiata, inoltre ai Mondiali sono sempre collocati scomodamente nel programma, cioè prima dei 100 m delfino, ma soprattutto mi devastano emotivamente. Mi è già capitato di credere nella medaglia, essere a un nulla dal podio, e poi rimanere deluso ai suoi piedi. A Singapore voglio fare all-in sulla velocità, e senza i 200 m posso prepararmi meglio. Però non escludo che tra qualche annetto mi venga voglia di rifarli.

Fai spesso riferimento all’aspetto mentale: quanto pesa sulla tua prestazione?

Il talento, per essere negli otto migliori nuotatori al mondo, non manca a nessuno di noi. Allenarci, ci alleniamo tutti. Voglia di vincere, l’abbiamo tutti. Colui che vince è quello più lucido e solido mentalmente. E non lo dico solo io, lo dicono i grandi campioni. La testa è quella che fa la differenza tra un buon atleta e un fuoriclasse.

Quando ritieni di aver fatto il clic decisivo, passando da buon atleta a fuoriclasse?

Nello sport in realtà non esiste un clic, piuttosto un processo. Sono cresciuto come atleta dal periodo post-Covid, mentre dopo le Olimpiadi ho alzato il mio livello, ma non mi posso considerare un fuoriclasse. In realtà penso che ci siano tanti atleti più forti di me e nella mia testa credo di non aver ancora vinto nulla. Ho 3 ori mondiali e 2 record del mondo, eppure mi sembra di essere ancora in alto mare. Ho tanta strada ancora davanti e molto da dimostrare, sia agli altri che a me stesso.

Il prossimo step che dovrai affrontare qual è?

Quello più difficile: riuscire a confermarsi. È più facile arrivare dal nulla e vincere senza pressione, ma è molto più difficile rivincere le stesse medaglie e riconfermarsi tra gli otto eletti. Penso di essere l’unico…

… che da Tokyo 2021 a oggi ha partecipato a tutte le finali dei 100 m delfino nei grandi appuntamenti...

Confermo, tranne agli Europei di Belgrado 2024, perché mi sono ammalato. Chiaramente non sono sempre stato al top, sono inciampato diverse volte, ho imparato a perdere ma sono rimasto in alto. Spesso chi mi guarda non si rende conto che sono ormai da 5 stagioni sempre su ottimi livelli e tra i primi 8 al mondo nella mia gara. Si aspettano sempre tutti la medaglia, ma quella è un risultato della combinazione di tanti fattori.

Come sopporti questa pressione?

Non è facile, ma posso migliorare anche sotto questo aspetto. Fukuoka 2023 può essere l’esempio lampante per descrivere il caso: lì ho accusato tanta pressione perché la settimana prima delle competizioni stavo benissimo in acqua, ma mentalmente ho patito il fatto di presentarmi da favorito. Tutti si aspettavano qualcosa, i media soprattutto, in particolare quelli d’oltralpe. Questi dettagli sono piccoli aspetti a cui cerchi di non far caso, ma che nel subconscio ti sciupano.

Da Fukuoka in poi hai imparato a gestirla?

Non del tutto, perché lo stesso sgambetto è successo alle Olimpiadi, dove la pressione mediatica è enorme. A Parigi l’ho gestita meglio ma non al 100%, poi alcune vicende personali non mi hanno fatto performare come volevo. Però ho capito una cosa: devo imparare a gestire solo e soltanto quello che posso controllare io. È tutto frutto dell’esperienza, ora cerco di isolarmi. Mi è riuscito benissimo a Budapest, anche se non è stato evidente riuscire a essere brillante nell’ultima gara, soprattutto stampando il record del mondo.

A proposito, sono arrivati i complimenti di Dressel?

No, non si è fatto sentire. Forse a Singapore me li farà, c’è un altro suo record da infrangere.

Ai detrattori della vasca corta cosa dici?

È meno esposta mediaticamente, ma il valore degli atleti non cambia rispetto a quella lunga.

Questione misti: li hai sperimentati quando le cose non andavano bene e avevi bisogno di altri stimoli. Come li tratterai in futuro?

Si è visto che, quando dedico parte dell’allenamento a tutti gli stili, indirettamente vado ancora più forte nel delfino. I misti coinvolgono tanti gruppi muscolari diversi e migliorano la coordinazione. In vasca lunga non li porterò ai Mondiali, non sono ancora in grado di farli, però è un obiettivo prefissato che tratterò in futuro. È una disciplina che mi diverte, poi mi alleno con Matthew Sates. Finalmente ho qualcuno davvero forte con cui allenarmi: mi stimola, mi sprona e mi spinge al limite. Non cala mai, anche se è stanco spinge sempre al massimo. Tante volte addirittura mi batte, non mi ero mai trovato in questa situazione prima d’ora, ma può essere solo un plus per me.

A ciò che verrà dopo la tua carriera natatoria ci pensi?

Un po’ si, dovrei studiare, costruirmi un percorso professionale. Purtroppo adesso faccio fatica a fare qualcos’altro che non sia indirizzato verso il nuoto. Mi capita di pensare a cosa vorrò fare dopo, ma non riesco a guardare più in là di 5 anni. Mi auguro di rimanere in salute e di poter continuare su alti livelli a lungo, anche dopo Los Angeles 2028. Se proprio dovessi pensare al dopo, vorrei comunque lavorare nel mondo dello sport, è un ambiente che sento mio e che faticherei ad abbandonare. Magari entrare in qualche federazione, agenzia sportiva, o nell’organizzazione di eventi. Di sicuro non farò l’allenatore, e mi distaccherò per un po’ dal nuoto.

Situazione scolastica?

Ho lasciato il percorso di fisioterapia una settimana prima dei Mondiali. Purtroppo non ci stavo dietro, si sono sovrapposti troppi impegni in una volta sola: scuola reclute militare, quasi un mesetto di Coppa del mondo dall’altra parte del globo e gli allenamenti. Sono via almeno 5 mesi all’anno, e fisioterapia è un settore che necessita tanta pratica. Se avessi continuato avrei sacrificato qualcosina sullo sport, e in questo momento non sono disposto a farlo.

Mi è sembrato di capire che ti senti sopraffatto da tutti gli impegni...

Tra richieste di media e sponsor, interviste, viaggi, shooting, sessioni di allenamenti che non hanno nulla a che vedere col nuoto, come osteopatia o pilates, spesso non trovo manco il tempo per me stesso. Questa settimana torno da Dubai e sarà una di quelle settimane di fuoco, fuori dall’acqua, che non vorrei mai vivere.

Ti senti capace di gestire tutto?

La mia famiglia mi dà una grossa mano con tutti i compiti che mi distraggono dal mio lavoro. Faccio fatica a dire di no a qualcuno, tendo a dire di sì a tutti gli inviti più disparati, ma mi gratifica assecondare coloro che mi cercano. Avrei bisogno di più equilibrio nella mia vita o di ponderare le scelte che prendo, ma fa tutto parte del gioco.

In questo gioco rientra anche il senso di responsabilità verso le nuove leve del nuoto?

Responsabilità sì, ma non deve essere confusa con il peso. Mi rende soltanto felice essere pioniere del nuovo movimento natatorio svizzero e divulgatore di questo sport in tutto il Paese. Il Ticino è conquistato, la Svizzera pian piano lo sarà, ma l’evoluzione sarà verso il mondo. Anche perché una crescita del nuoto implica un beneficio economico.

Se su questo mondo cresce l’attrazione, aumentano pure i premi. Condividi il fatto, come accaduto a Budapest, di esibire a tutti la cifra vinta su un cartellone appena terminata la gara?

Quella mossa è stata troppo esibizionista e non mi è piaciuto che la gente mi facesse i conti in tasca. In realtà non si trattano di numeri così esorbitanti, la stessa cifra che ho guadagnato alla Coppa del mondo un tennista la percepisce al primo turno di un Australian Open.

Se dovessi immaginare la storia perfetta da qui fino al 2028, cosa disegneresti?

L’obiettivo è completare il palmarès, ma andando con ordine: prima l’oro ai Mondiali in vasca lunga, poi il record del mondo in vasca lunga l’anno prossimo agli Europei, perché mi manca il titolo in vasca corta, e poi l’epilogo perfetto sarebbe l’oro olimpico. 50 m o 100 m delfino non fa differenza. In realtà l’ideale sarebbe completare il grande slam: vincere l’oro olimpico, il titolo mondiale e quello europeo detenendo i record del mondo in entrambe le vasche. Questo sarebbe l’apice della mia carriera.

E se tutto ciò, lecitamente sognando, si realizzasse a Los Angeles 2028, ti concederesti qualche sgarro che finora non ti sei permesso?

Troppo difficile pensarlo ora, non so cosa potrei provare se accadesse. Tutto ciò che ti ho detto rimane un sogno. Sono consapevole che il picco della mia carriera lo vivrò adesso e che nel 2028 sarò ventisettenne, dunque con qualche annetto buono davanti a me per competere ancora. Ammiro la personalità di chi si ferma all’apice della carriera, ma lo trovo un po’ peccato perché ci sarebbe ancora tanto da dimostrare. Il momento giusto per dire stop sarà quando entrerò in acqua con l’idea di non vincere.

Esperienza americana del 2021: la rifaresti, cambieresti qualcosa, o ci metteresti sopra una croce?

La parte del college americano non la rifarei, non fa per me. Non escludo qualche trasferta in più o nuove frontiere per allenarsi. Sono sempre aperto ai cambiamenti e alle nuove esperienze, ma di sicuro a Los Angeles ci arriverò senza grosse rivoluzioni. Ogni scelta che prenderò dovrà essere funzionale ai miei obbiettivi e comporre quel puzzle di fattori che citavo prima, sempre cercando nuovi input. Lo chiamo ‘effetto del nuovo’. Mi libera la mente, sono più sereno e performante. Magari è un effetto effimero, ma 2 settimane sono sufficienti per allenarmi al meglio.