In un delirante finale di partita, proprio dopo che Carr aveva riacceso la speranza arriva la condanna al playout. ‘Abbiamo bisogno dei nostri tifosi’
Quell’urlo di Daniel Carr, che corre nell’angolo gridando come un ossesso dopo il gol che sembra riportare in vita il Lugano al 57’26’’ della penultima uscita di campionato, è un’immagine impietosa che meglio non potrebbe fotografare una regular season drammatica, che si chiude poco dopo le 22 sul ghiaccio delle Vernets con il più tragico e (forse) inevitabile dei verdetti. Cioè con i bianconeri che – sempre che il Visp non ci rimetta le penne nelle semifinali di B – sabato 15 marzo affronteranno l’Ajoie nel primo duello dei playout per sfuggire all’onta dello spareggio di promozione/relegazione.
Del resto, non è la prima volta nelle ultime settimane che il Lugano di Uwe Krupp si fa beffare all’ultimo secondo o quasi. E anche a Ginevra va a finire in quel modo, pur se nella fattispecie ancor prima di essere drammatico il finale è semplicemente assurdo. Infatti, dopo aver trascorso la serata a dover rincorrere il gol firmato al 13’38’’ da quell’Arnaud Jacquemet che fin lì aveva segnato una volta in stagione, e appena un paio d’ore prima aveva annunciato sui social che questa sarebbe stata la sua ultima stagione della carriera, quando infine ci riescono, al 54’03’’, per merito di Samuel Guerra, i ticinesi sanno che nonostante tutto dovranno chiudere la partita a porta sguarnita. Per colpa della classifica, certo, ma pure dei risultati che arrivano dalle altre piste, e che impongono al Lugano di richiamare il portiere in panchina nonostante il risultato sia di perfetta parità, visto che soltanto un successo pieno gli permetterebbe di tener viva la speranza di evitare all’ultimo la minaccia playout, prima degli ultimi sessanta minuti della stagione, domani, contro il Bienne. Il bello, però, è che l’inevitabile, disperata mossa di Krupp di richiamare Huska in panchina dà immediatamente i frutti sperati, grazie – appunto – al tocco da due passi del canadese numero 7, che al 57’26’’ festeggia il suo gol numero sedici come se fosse il più importante della stagione. E invece, di nuovo, nell’epilogo di una grottesca partita giocata a porta vuota per quasi tutti gli ultimi tre minuti, siccome prima a tornarsene in panchina è Huska, poi tocca a Meyer, e quindi nuovamente allo slovacco, il Lugano si farà ancora rivoltare come un calzino: prima arriva l’insperato 2-2, al 58’48’’, firmato da un Teemu Hartikainen che sotto porta è praticamente inarrestabile, seguito dal definitivo 3-2 di Granlund a diciassette secondi dalla fine. Rete che, oltretutto, riporta le Aquile più che mai in corsa per un posto ai play-in: oltre al danno anche la beffa, insomma. «È un momento duro e mi dispiace tantissimo per i tifosi – dice, a caldo, la presidente Vicky Mantegazza ai microfoni di Rsi –. Valuteremo gli errori che abbiamo fatto: non voglio puntare il dito contro nessuno, per carità, ma abbiamo forse ingaggiato dei giocatori sbagliati, e io come presidente me ne assumo la responsabilità, perché sono io che sto al vertice. Da quando sono presidente, è la prima volta che arriviamo ai playout, e credo comunque di aver dato tanto a questo club, e spero di poter continuare a portare avanti la storia del club bianconero: lo meritiamo noi, lo meritano i tifosi e lo merita la città. Ma mi spiace molto, perché io amo questo club più di ogni altra cosa, e ora che mio padre non c’è più, avrei voluto regalargli qualcosa di diverso e non ce l’ho fatta. Tuttavia ci tengo a sottolineare che il nostro è un club unito, spero che i tifosi ci seguano, perché abbiamo bisogno del sostegno del popolo bianconero, e la squadra del cuore la si sostiene soprattutto nei momenti difficili».