Un solo punto contro il Servette per l'Ambrì di un poco invidiabile record, quello degli overtime. ‘Dobbiamo cercare di più i cosiddetti gol sporchi”
Ambrì – Le ventidue sono passate da un po’, e ad Ambrì non è certo una notizia di quelle sconvolgenti, quando gli uomini di Cereda e quelli di Franzén dopo una breve pausa debbono rimetter piede sul ghiaccio per giocarsi il successo all’overtime. Anzi, per Kubalik e compagni quella del supplementare è un’autentica maledizione, siccome da inizio stagione la metà delle volte (18 partite) in cui i biancoblù sono scesi in pista (36) sono stati costretti ad andare oltre il sessantesimo. Stavolta, però, l’epilogo è anche più amaro del solito, visto che il secondo punto in palio se l’aggiudicano quelli del Servette, al terzo ‘shift’ del prolungamento, quando Kubalik e Landry lasciano andar via un po’ troppo facilmente Vatanen, il quale dopo essersi sganciato serve il puck a un Miranda che si trova spianata la via sul lato di sinistra e poi beffa Senn con un tocco sul primo palo. A quel punto, lo staff tecnico biancoblù prova a giocare la carta del coach’s challenge, anche perché in fondo non costa niente, tuttavia dalle immagini televisive appare subito chiaro che l’entrata nel terzo non è viziata da fuorigioco.
Si chiude così, con una delusione cocente, una serata che è stata tutta una rincorsa per i biancoblù, dopo un primo periodo giocato meglio dagli ospiti, mentre negli altri due se c’è qualcuno che avrebbe meritato di più, quello senz’altro era l’Ambrì. Che, oltretutto, è andato sotto poco prima di metà partita per colpa di uno sfortunato autogol (impercettibile tocco di Zgraggen su conclusione di Hartikainen), oltretutto contro l’andamento del gioco. «Sì, è vero, quel tiro è rimbalzato sul mio bastone, purtroppo sono cose che succedono – ammette il trentunenne difensore urano –. Al di là di tutto, credo che avremmo meritato più di un punto, perché ai ginevrini non abbiamo concesso molto, impedendo loro di costruire il gioco. Tuttavia, alla fine conta solo il risultato, e noi abbiamo perso: dobbiamo trovare il modo di vincere queste partite».
Sarà anche vero che nella stragrande maggioranza dei casi Raanta ha sempre potuto veder partire i tiri, scagliati oltretutto il più delle volte da lontano, però l’ottimo portiere finlandese del Servette non ha praticamente mai concesso respinte. Eppure, al tirar delle somme le occasioni migliori sono finite sul conto dei biancoblù, trascinati non soltanto dalle giocate dei soliti Kubalik, Maillet e DiDomenico – clamorosa la sua traversa al quarantaduesimo minuto, che grida vendetta al cielo –, ma pure dal grande lavoro di quella che sarebbe la sua quarta linea, il cui gran daffare è stato infine ricompensato al 49’39’’ dal pareggio di Heim, dopo insistente lavoro sotto porta di Müller. «In verità abbiamo avuto abbastanza chance per vincere questa partita – dice l’autore dell’1-1 –. Entrambi i portieri hanno giocato bene, ma noi dobbiamo cercare ancor di più i cosiddetti gol sporchi. Difensivamente invece abbiamo dato prova di solidità ed è su questa base che dobbiamo costruire. Stasera, a Bienne ci aspetta una partita difficile contro un avversario diretto, ma con la stessa attitudine messa in pista ieri dovremo forzare le reti e portare a casa la vittoria».
È arrivata come un fulmine a ciel sereno la notizia diffusa ieri dalla Neue Zürcher Zeitung – e che la società biancoblù non ha smentito, limitandosi a non commentare – secondo cui ci sarebbe un investitore canadese (a quanto pare, sarebbe l’ex general manager dei Vancouver Canucks, Mike Gillis – pronto a mettere le mani sull’Ambrì. Se da un lato è indubbiamente un bel segnale, sempre che sia vero, dall’altro vien da dire che non è la prima volta che in Leventina si rincorrono voci secondo cui c’è gente pronta a iniettare soldi nel club biancoblù: dal fantomatico Tom Stewart, lo pseudo investitore scozzese di cui si fece un gran parlare sul finire del secolo scorso (salvo poi non saperne più nulla da un giorno all’altro) a un Samih Sawiris che non ha certo bisogno di presentazioni, fino al gruppo Red Bull – questa è storia recente, trattandosi di 5 o 6 anni fa – arrivato praticamente a un passo dal piazzare non solo il proprio marchio sul nuovo stadio, ma pure su tutta la società biancoblù. In attesa di capire se quella canadese sarà una strada percorribile, una cosa nel frattempo la si può già dire, e cioè che negli statuti della società – come del resto spiegato ieri dal presidente Lombardi – sta scritto che ad Ambrì non possono esistere degli azionisti di maggioranza. Ciò che dovrebbe tranquillizzare anche i più irriducibili tra i catastrofisti.