La Davos senza Spengler raccontata da chi ci è arrivato carico di aspettative e pronto a tifare, ma anche da un albergatore e un ristoratore
È un’altra Davos quella che si presenta agli occhi dei residenti e dei turisti, comunque parecchi malgrado tutto. Le ripercussioni per la cancellazione della Coppa Spengler, per il secondo anno di fila, arrivata immediatamente dopo quella dell’annullamento del Forum economico, balzano subito all’occhio. Per le strade, all’imbrunire, c’è molta meno gente. E la sera, davanti alle terrazze riscaldate dei ristoranti, la maggioranza è composta da persone intente nel loro aperitivo après-ski. In mezzo a loro ci sono comunque alcuni che nella cittadina grigionese ci sono arrivati appositamente per il torneo di hockey e che, complice la sua cancellazione all’ultimo minuto, non hanno più potuto cambiare i loro piani. Come Noa, giovane di Lodrino che veste la maglia degli Juniores dell’Ambrì Piotta. Lui il biglietto per Davos l’aveva ricevuto come regalo dal papà in tempi ovviamente... non sospetti (quando cioè i biancoblù figuravano nel palinsesto originale della competizione) come regalo di Natale. «Inizialmente sarei dovuto venire con lui, per poi trovarci a Davos con la mia ragazza e i suoi genitori. La mancata partecipazione dell’Ambrì ci aveva già fatto un po’ rivedere i piani. Poi, la cancellazione vera e propria, li ha nuovamente stravolti, e ho anticipato il rientro così da poterci essere per la ripresa degli allenamenti con la squadra. Ovviamente rincresce parecchio che sia andata così. Mi sarebbe piaciuto vedere l’Ambdrì in questo contesto, o, almeno, un po’ di buon hockey... Mi sono consolato con una bella sciata. E, dopo, con una buona cena al ristorante. Dove, di ticinesi, ce n’erano davvero tanti, molti dei quali con sciarpa o cappellino biancoblù. Ho anche scambiato qualche chiacchiera con uno del posto che mi ha ribadito che per la gente di Davos, un Natale senza la Spengler non è un Natale, tanta è la desolazione che si respira per le strade del centro in quei giorni svuotati dal torneo. Si è detto anche impressionato da come la gente del posto riesca a cambiare radicalmente in meno di ventiquattro ore: il 25 sono tutti vestiti di tutto punto per festeggiare il Natale, e l’indomani, di primo pomeriggio, sono quasi tutti in pista o nelle sue adiacenze con addosso i panni, decisamente meno formali, dei tifosi di hockey!».
Sarà per l’anno prossimo...
Anche Monica e Roger erano arrivati a Davos per vedere l’Ambrì Piotta. Lei dalla Valle di Muggio e lui, originario di Monte Carasso, da Berna: «Ci resteremo comunque tutta la settimana, perché ormai eravamo fuori tempo massimo per annullare la prenotazione dell’appartamento. Cercheremo di fare qualcosa di alternativo: sci, sci di fondo, qualche bella mangiata e shopping...». «Un mio collega ha l’abbonamento stagionale del Davos, per cui ci saremmo spartiti le partite dell’Ambrì e quelle dei padroni di casa, poi una semifinale a testa: sarebbe stata un’intera settimana a tutto hockey – prosegue Roger –. Anche senza l’Ambrì allo stadio ci sarei andato comunque, del resto sono dieci anni che vengo alla Coppa Spengler: l’ambiente che c’è è sempre unico». «La nostra settimana a Davos la iniziamo comunque dalla pista – gli fa eco Monica –. Se c’è la possibilità , vorremmo comperare qualche gadget della Coppa Spengler: con i problemi finanziari con cui saranno confrontati gli organizzatori mi sembra giusto sostenerli con un piccolo gesto, seppur simbolico».
«Inizialmente saremmo dovuti restare qui fino a mercoledì, per poi tornare il giorno della finale – racconta Stefania, arrivata da Preonzo –. La cancellazione del torneo ci ha costretto a rivedere un po’ i piani. Alcuni del nostro gruppo non se la sono sentita di venire comunque, e hanno cancellato la loro prenotazione. Noi invece (lei e altri due compagni d’avventura), passata la delusione iniziale, ci siamo riorganizzati cercando di fare buon viso a cattiva sorte. La prenderemo come una vacanza last-minute, con un po’ di sci, qualche passeggiata e un po’ di relax nella piscina dell’albergo. Insomma, sfrutteremo questi giorni per ricaricare un po’ le batterie».
Ma c’è anche chi a Davos ci è arrivato da molto più lontano. Come Miriam e Gunnar, una coppia di mezza età che non passa certo inosservata, visto che a poche ore da quello che sarebbe dovuto essere il debutto del Frölunda al torneo, si aggirano sul semideserto piazzale antistante la pista trascinando il loro trolley con indosso la maglia del club svedese. Quella di lei senza nome, mentre lui con orgoglio mostra il nome ‘Lasch’ scritto sulle spalle, quel Ryan Lasch che nell’edizione della Champions League 2018/19 aveva segnato il gol a 2’47" dal sessantesimo della sfida di ritorno degli ottavi di finale che aveva segnato la fine della campagna europea del Lugano. «Quando abbiamo saputo della cancellazione del torneo era già troppo tardi: eravamo già in viaggio... – racconta in un misto tra il rassegnato e l’incredulo Gunnar –. Eravamo partiti da Göteborg con la voglia di sostenere la nostra squadra in quest’avventura. Era la nostra prima volta a Davos e l’idea di assistere dal vivo alla Coppa Spengler, che rimane una delle passerelle più prestigiose, era una sorta di evento per noi. Il Frölunda ha già vinto diverse volte la Champions League, e avremmo tanto voluto vedere se la nostra squadra sarebbe stata capace di mettere in bacheca anche questo trofeo. Cosa faremo adesso? In tutta franchezza non lo so ancora: eravamo partiti con l’idea di assistere a quattro-cinque giornate di hockey e invece adesso ci ritroviamo con nulla di particolare da fare o di pianificato. Certo, il prezzo dei biglietti lo recupereremo, ma quella resta pur sempre la parte meno onerosa dei costi sostenuti per arrivare qui». Malgrado la brutta sorpresa, Miriam e Gunnar si dicono possibilisti su un loro possibile ritorno a Davos in futuro: «L’anno prossimo? Chi lo sa. Tutto dipende se ci sarà il Frölunda. Ma non sarà così facile, visto che in Svezia il campionato non si ferma tra Natale e Capodanno e dunque la partecipazione a un torneo come questo va pianificata con largo anticipo e previo accordo con la Federazione svedese».
Vicoli ormai... ciechi
«Avevamo affittato un appartamento per l’intera settimana, per seguire il torneo – raccontano Silvia, Kari e Christian Werder, trio arrivato a Davos da Winterthur appositamente per la Coppa Spengler. «Durante la stagione vengo a Davos solo due o tre volte all’anno per assistere alle partite di campionato – prosegue Christian, che la sua berretta gialloblù non la vuole lasciare, nonostante il suo Davos (come le altre squadre) quest’anno non animeranno la settimana tra Natale e Capodanno sotto le volte dell’Eishalle –. La Coppa Spengler, però, è un appuntamento che seguo assiduamente dal 1995». Per il secondo anno Silvia, Kari e Christian si devono dunque accontentare dei ricordi delle passate edizioni. L’ultima delle quali contraddistinta dalla prima partecipazione dell’Ambrì Piotta: «Ah, quella è stata un’edizione fantastica», rispondono all’unisono (e in italiano) tutti e tre. «La Spengler è un torneo sempre magico per la sua atmosfera, ma due anni fa si è toccato davvero l’apice». E come trascorrerete il tempo visto che allo stadio non ci si potrà andare? «Resteremo comunque qui tutta la settimana. Facendo un po’ di escursioni e facendo pure una puntata a Lenzerheide per assistere alle prove del Tour de Ski di sci nordico. Bene o male il nostro soggiorno a Davos è iniziato da dove avremmo voluto, solo qualche metro più in là : sulla pista esterna, per una pattinata in compagnia».
Grazie alla sua posizione, sulla via principale di Davos, l’hotel Meierhof è una sorta di crocevia per chi percorre le strade della cittadina grigionese. E, soprattutto, lo è per i parecchi ticinesi che, specie in inverno, la frequentano. Anche perché da un paio d’anni è diretto da un ticinese, Vittorio Rozzato (originario di Stabio), e sua moglie, Virginie. «Abbiamo rilevato il Meierhof (la cui proprietà resta comunque dell’ex pilota di F1 Jarno Trulli, ndr) nel giugno del 2019: ironia della sorte, pochi mesi dopo è scoppiata la pandemia, che ancora oggi sta condizionando, e non poco, la nostra attività – sottolinea Vittorio Rozzato –. Certo, la cancellazione del Forum economico prima e la Coppa Spengler poi non facilitano le cose, ma al di là di tutto guardiamo avanti con fiducia: Davos, nonostante tutto, resta una destinazione turistica che ha tanto da offrire. Grazie ai nostri punti di forza, come il ristorante gastronomico ‘Jarno’ quotato nella guida Gault Millau, possiamo contare su una buona clientela. Anche in un periodo come questo, contraddistinto dalla cancellazione di quegli eventi che per noi rappresentavano il clou stagionale. È comunque innegabile che quello che si è verificato negli ultimi due anni è sia il peggior scenario che si possa immaginare per la nostra destinazione. Un po’ come se d’un colpo Locarno venisse privato uno dopo l’altro di Moon & Stars e del Filmfestival...». Di quanto quegli eventi siano significativi per l’economia locale, Vittorio Rozzato ne ha grande cognizione, visto che prima del Meierhof, sulla piazza di Davos ha diretto un altro albergo: «In tutto avrò vissuto da direttore dieci edizioni del Forum economico e altrettante della Spengler. Sono eventi che contribuiscono a dare notorietà internazionale alla nostra regione, oltre che a garantire un indotto molto importante a tutta l’economia locale». E la prima partecipazione dell’Ambrì Piotta alla Spengler come l’ha vissuta Rozzato nei panni di direttore del Meierhof? «Quando c’è una squadra ticinese che partecipa al torneo è sempre qualcosa di speciale. Quando arrivano in massa i ticinesi a sostenere la loro squadra, in pista ma anche nelle strade di Davos, è come se arrivasse una ventata di calore in pieno inverno. Va da sé che spesso, grazie alle mie origini ticinesi, molti di questi pernottino qui da noi. Anche in questi giorni, malgrado il torneo sia stato cancellato, sono parecchi i ticinesi alloggiati qui. E ogni volta è come ritrovare un gruppo di amici». Globalmente, e inevitabilmente, l’annullamento del torneo ha tuttavia ritoccato verso il basso il numero di pernottamenti: «Ormai per la Spengler l’appuntamento è rinviato all’anno prossimo, per il Forum economico, invece, c’è ancora la speranza che si possa recuperare a fine primavera, chissà ... Ora come ora il calo è evidente: siamo nell’ordine di oltre il 50 per cento in meno di pernottamenti rispetto agli anni normali».
Pronti all’uso ma inutilizzati
Cifre, quelle che snocciola Rozzato, che sono suppergiù le stesse che, poco distante, elenca Giovanni Croce, titolare del ristorante-pizzeria Da Elio, altra tappa quasi obbligata per i ticinesi che frequentano Davos: «Il calo lo si vede soprattutto sul mezzogiorno, quando solitamente il ristorante viene preso d‘assalto da chi a Davos ci viene per la Coppa Spengler, mentre gli altri sono sulle piste da sci. Tutta questa fetta quest’anno ci manca... Poi, quando questi ultimi rientrano nei loro alloggi, bene o male c’è sempre il pienone. Facendo un paragone con due anni fa, anno ’normale’, la clientela è calata di almeno il 50». Malgrado il calo, Croce cerca il lato positivo nella situazione venutasi a creare dopo la cancellazione del torneo: «Sebbene la notizia che l’Ambrì non ci sarebbe stato quest’anno era già nota da qualche giorno, sono parecchi i ticinesi che hanno scelto di venire ugualmente a Davos. E molti di loro con tanto di sciarpa, cappellino o altri gadget biancoblù. Al di là di tutto la presenza dell’Ambrì, in un modo o nell’altro, è palpabile in questi giorni ingrigiti dalla pandemia. E queste persone meritano sicuramente un plauso».