Hockey

Lars Weibel e una Svizzera che vuole rilanciarsi

Il direttore delle squadre nazionali spiega la nuova filosofia adottata in questi mesi dalla Federazione. 'Lavorare sul fisico fin da subito'

Patrick Fischer e (a destra) Lars Weibel (Keystone)
3 novembre 2020
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A Krefeld, domani, la Svizzera avrebbe dovuto scendere in pista per la sua prima partita nell'ambito della Deutschland Cup, contro i padroni di casa della Germania. Questo prima che l'emergenza sanitaria dettata dalla seconda ondata della pandemia di coronavirus sconvolgesse ancora una volta tutti i piani. E non solo del mondo dello sport.

Con l'annullamento del tradizionale appuntamento autunnale in Germania, per l'hockey a tinte rossocrociate si prolunga l'astinenza di prove pratiche, iniziata di fatto lo scorso febbraio. Complice la cancellazione dei Mondiali - che avrebbero dovuto svolgersi oltretutto proprio in Svizzera - l'ultimo impegno ufficiale agli ordini di Patrick Fischer risale infatti ai Prospect Games dello scorso febbraio. Un digiuno di nove mesi interrotto solo dal Prospect Camp di fine luglio (a Cham), raduno rivolto ai giovani che in futuro potrebbero vestire la maglia della Nazionale. Non tutto il male viene però per nuocere per i vertici della Federazione svizzera, che hanno approfittato di questa mancanza forzata di hockey giocato per rivedere la sua filosofia. «A mio modo di vedere, nonostante ci sia mancata l'opportunità di acquisire esperienza con i Mondiali casalinghi, siamo riusciti a sfruttare nel migliore dei modi questo periodo senza hockey», sottolinea il selezionatore della Nazionale Patrick Fischer.

Una visione per il futuro

Con i nuovi allenatori di U18 e U20, Marcel Jenni e Marco Bayer, così come con altri membri dei quadri nazionali, si sono svolti molti scambi per «definire la nostra filosofia per tutti i livelli», ricorda il direttore delle squadre nazionali, Lars Weibel. «Come vogliamo essere visti dall'esterno? Quali sono i nostri punti di forza, non solo in termini di hockey su ghiaccio, ma anche di carattere? E come possiamo implementarlo in pista? Ognuno ha detto la sua su questi temi: è stato un bel modo di procedere. Naturalmente a livelli più bassi ci sono alcuni aggiustamenti da fare, dato che velocità e potenza non sono le stesse. Ma ora c'è questa insistente volontà di praticare il proprio stile di gioco e di non adattarsi all'avversario. Simili riflessioni, a ogni buon conto, le avremmo fatte anche se non ci fosse stata questa pandemia di Covid-19: è essenziale avere una visione del futuro». A detta del direttore delle squadre nazionali, tutto lo staff si è dimostrato molto coinvolto da queste tematiche volte a far progredire l'hockey svizzero, piuttosto che occuparsi di concetti e regolamenti.

La squadra prima di tutto

Questo intenso brainstorming ha prodotto risultati concreti? E di fatto, qual è il concetto che sta alla base di questa filosofia? «La cosa più importante è che la squadra venga prima di tutto. Poi vogliamo fare tutto ciò che portiamo avanti nel miglior modo possibile e concentrarci al 100 per cento su ogni dettaglio. L'obiettivo è che ogni giocatore, anche se non è stato selezionato di recente, sappia esattamente quali sono gli esercizi, quali sono le tattiche e come comportarsi in attacco, ad esempio. Questo per poter dare il massimo fin dal primo giorno, perché i tempi di preparazione sono relativamente brevi. Questo modo di lavorare prima o poi avrà un ulteriore effetto positivo sui risultati. La messa in atto di questo progetto spetta naturalmente a ogni allenatore».

Oltre a questo, la Svizzera deve fare un passo avanti in termini di preparazione atletica, soprattutto a livello giovanile, in particolare rispetto alla Svezia o alla Finlandia. Un buono scorer, ad esempio, potrebbe vedersi negare la selezione per un Campionato del mondo U18 in quanto non sufficientemente forte sul piano fisico per competere a quel livello. Weibel sottolinea questo esempio, sottolinea che non si tratta di toccare sul vivo un giovane talento, ma piuttosto di mostrare loro dove deve migliorare per essere competitivi a questo livello.

Lavorare con i club

Tutto questo, però, deve essere pensato e sviluppato in collaborazione con i club: «Le società devono avere un orientamento internazionale: non basta più cercare di battere il proprio rivale cantonale - prosegue il direttore delle squadre nazionali -. Per questo motivo la consapevolezza di questo aspetto atletico dovrebbe essere introdotta e implementata fin dai primi passi (da U9 a U13), al fine di comprenderne l'importanza in seguito». Le doti e i progressi di ciascuno potrebbero essere sempre verificate sul campo attraverso i test. Va inoltre ricordato che, in ogni caso, le selezioni nazionali cominciano con gli U16.

La Svizzera non vuole lasciare indietro nessuno, e, soprattutto, non i migliori talenti: «Dobbiamo prendere in considerazione tutti: il nostro bacino è così piccolo che non possiamo permetterci il lusso di mettere alla porta qualcuno. Dobbiamo anzi dare l'esempio, in modo da poter sfruttare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione».

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