Dopo mesi di risultati deludenti e gioco inesistente, la Juventus – che non può permettersi di perdere il quarto posto – ha sostituito il suo coach
L’annuncio è arrivato alle 17.02 di domenica 23 marzo, in modo sbrigativo, come se fosse una semplice formalità burocratica. Igor Tudor è il nuovo allenatore della Juventus, Thiago Motta appartiene ormai al passato, liquidato con una breve frase di ringraziamento e nulla più.
Se esonerare un allenatore durante la pausa per le Nazionali è una pratica comune nel calcio italiano, che a farlo sia la Juventus rappresenta una rarità. Nella sua storia ultracentenaria, gli esoneri a stagione in corso si contano sulle dita di una mano, e in queste ore sui social circola un breve video dell’avvocato Gianni Agnelli che, ai microfoni, dichiara: «Noi gli allenatori li teniamo sempre fino alla fine dell’anno, poi tiriamo le somme e vediamo».
E sembrava potesse andare così anche con Motta: dopo la sconfitta di Firenze, un 3-0 senza storia che seguiva un ancor peggiore 0-4 subito in casa contro l’Atalanta, l’allenatore era stato confermato a denti stretti, almeno fino alla partita con il Genoa di sabato prossimo. E invece, nel fine settimana, qualcosa è cambiato. Il nome di Tudor è emerso prima come suggestione, poi come possibile sostituto in caso di ulteriori peggioramenti, infine come nuovo allenatore della Juventus con effetto immediato. Motta, addirittura, avrebbe ricevuto la notizia mentre si trovava in vacanza in Portogallo con la famiglia.
Secondo la Gazzetta dello Sport, a far precipitare la situazione è stato un colloquio tra l’allenatore, il direttore sportivo Cristiano Giuntoli e l’amministratore delegato Maurizio Scanavino, in cui Motta “si sarebbe mostrato freddo e all’apparenza sereno in un momento complicato”, ancora convinto di poter imporre il suo gioco a una squadra che, evidentemente, aveva smesso di seguirlo. L’unico calciatore ad averlo salutato sui social è stato Samuel Mbangula.
Al momento la Juventus è quinta in classifica, un punto dietro il Bologna nella lotta per il quarto posto, ma anche appena cinque lunghezze sopra il Milan, nono. Un passo falso nelle prossime settimane avrebbe significato quasi certamente rinunciare alla prossima Champions League e ai milioni di euro che porta in dote, soldi a cui la Juventus non può permettersi di rinunciare. Inoltre, subito dopo la fine del campionato, la squadra sarà impegnata nel Mondiale per Club, e la finestra per cambiare allenatore sarebbe stata strettissima. Per questo si è scelto di intervenire ora e di puntare su Tudor come ‘traghettatore’, un allenatore non testato a questi livelli, ma juventino di ferro e, soprattutto, considerato capace di dare una scossa ai giocatori, i primi ad apparire in uno stato catatonico sotto la gestione Motta.
La ‘Juventus di Thiago Motta’ rimarrà quindi una creatura mitologica, come l’unicorno: una grande idea di calcio esistita solo nella mente dei dirigenti e dell’allenatore. Qualcosa si era intravisto qua e là – come nella vittoria in rimonta per 3-2 contro il Red Bull Lipsia, nel successo per 2-0 contro il Manchester City e perfino nel recente 1-0 contro l’Inter –, ma si è rivelato un abbaglio. Fino a metà febbraio la squadra ha vivacchiato, giocando un calcio apatico, fatto di possesso palla ma privo di mordente, rimanendo però abbastanza competitiva da far credere che una svolta fosse possibile. La svolta è arrivata, ma in negativo: in meno di 30 giorni la Juventus è stata eliminata dalla Champions League per mano del Psv (che nel turno successivo avrebbe subito 7 gol dall’Arsenal), in Coppa Italia ha perso ai rigori contro l’Empoli (in lotta per non retrocedere) e in campionato è passata dall’essere outsider nella corsa scudetto tra Napoli, Inter e Atalanta al rischio concreto di rimanere fuori dall’Europa.
Il rapporto di fiducia tra l’allenatore e i giocatori si è incrinato, ma quando le cose hanno iniziato a precipitare, Motta non ha avuto la lucidità, o forse l’esperienza, per comprendere che stava esasperando il gruppo con la sua testardaggine. Invece di provare a cambiare qualcosa, sia a livello tattico che umano, per ottenere una reazione dalla squadra, ha insistito sulle proprie idee, senza capire che la Juventus non è una squadra come le altre, tantomeno non è come il suo Bologna. Motta ha continuato a spostare i giocatori alla ricerca di un equilibrio che non ha mai trovato, lasciando in panchina chi fino al giorno prima era titolare inamovibile e prendendo decisioni impopolari che però non hanno portato a nulla di buono.
Una lista non esaustiva: Koopmeiners, pagato in estate 60 milioni di euro, usato con insistenza come trequartista quando è evidentemente a disagio; Yildiz, il futuro leader tecnico della Juventus, sballottato sulle fasce quando invece ha sempre detto di trovarsi meglio al centro; Douglas Luiz, costato 45 milioni di euro, non è mai entrato nei suoi piani, passando quasi tutta la stagione in panchina. Fagioli, prima incensato come soluzione migliore per dare un po’ di qualità al palleggio, poi emarginato e infine venduto a gennaio, nonostante sia uno dei pochi prodotti del vivaio. McKennie prima messo fuori rosa, poi reintegrato e quasi sempre titolare, spesso in ruoli diversi. Fino ad arrivare all’ultima partita della sua gestione, quella contro la Fiorentina, in cui ha lasciato in panchina Cambiaso, Conceição, Yildiz e Vlahovic. Addirittura, nonostante lo svantaggio da recuperare, Yildiz e Vlahovic sono rimasti seduti per tutti e 90 i minuti. Sono il numero 9 e il numero 10 della Juventus, anche a livello simbolico è una scelta forte, che racconta bene lo scollamento tra i giocatori e l’allenatore e la deriva che stava prendendo la squadra. Soprattutto il rapporto col centravanti serbo è stato turbolento, l’investimento più importante dai tempi di Cristiano Ronaldo fatto fuori senza tanti complimenti e senza nessuna spiegazione.
Non sono stati solo i giocatori a ruotare, ma anche la fascia da capitano, passata di mano ben sette volte nei suoi otto mesi da allenatore. Un dettaglio che però suggerisce una mancanza di leadership chiara. Nelle ultime settimane erano trapelate indiscrezioni dallo spogliatoio: «Non lo sopporto e non sono l’unico», avrebbe confidato un giocatore della Juventus a un amico, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, «non sai mai cosa aspettarti: un giorno titolare, il giorno dopo in panchina per 90 minuti».
Dopo l’eliminazione con l’Empoli in Coppa Italia, era stato lo stesso Motta ad accusare alcuni giocatori, senza però fare nomi: «C’è chi pretende senza dare. Oggi abbiamo toccato il fondo e chiedo scusa a tutti, società e tifosi [...] dobbiamo vergognarci». Parole che, più che un mea culpa, sembravano un atto d’accusa verso i calciatori, considerati i veri responsabili.
Se un allenatore non guida come dei burattini i suoi calciatori, il suo lavoro influisce sulle loro prestazioni; e il lavoro di Motta è stato così confuso che è giusto considerarlo il maggiore responsabile. La sensazione, comunque, è che sia un allenatore migliore di quanto si è visto negli ultimi mesi e che lo dimostrerà altrove. Eliminato lui, però, alcuni problemi rimangono. In estate la Juventus ha rivoluzionato la rosa spendendo moltissimo. Oggi molte di quelle scelte di mercato non convincono. Non solo gli oltre 100 milioni spesi per Koopmeiners e Douglas Luiz si stanno rivelando un tremendo boomerang, ma più in generale la costruzione della rosa ha mostrato dei pesanti problemi strutturali, in cui certo gli infortuni – quello di Bremer su tutti – non hanno aiutato.
Alcune operazioni gridano vendetta: la cessione in fretta e furia di Huijsen per 15 milioni di euro (oggi ne vale già una cinquantina) per poi comprare il terribile Kelly a 17 milioni di euro, i 12 milioni di euro più bonus per Alberto Costa, un terzino destro con una manciata di presenze tra i professionisti quando sarebbe servito uno pronto a giocare da subito in un ruolo totalmente scoperto, i tanti soldi spesi per dei prestiti che ora appesantiscono il bilancio.
La Juventus di oggi quanto vale? Giocatori come Gatti, Di Gregorio, Locatelli, Yildiz, Koopmeiners, Kalulu, McKennie, Cambiaso, e sto citando quelli con più minuti giocati, quanto sono ‘da Juventus’? In campo in questa stagione si sono visti tantissimi errori tecnici e di concetto, ora scopriremo se erano solo colpa di Motta o anche dei giocatori e di chi li ha scelti. Anche per questo Giuntoli deve aver deciso di cacciare l’allenatore su cui aveva puntato tanto. «Mi vergogno di averti scelto», sembra gli abbia detto in questi giorni convulsi. Il rischio per lui era quello di cadere insieme a Motta a fine stagione, se le cose non si fossero aggiustate. Un rischio che ancora rimane.
Toccherà allora a Tudor in questi due mesi e mezzo provare a capire qual è il valore della rosa della Juventus. Per farlo cercherà di tornare a un calcio più lineare. Il croato viene dalla scuola gasperiniana, seppure non sia un discepolo diretto dell’allenatore dell’Atalanta, e porta in dote un gioco più verticale e aggressivo di quello di Motta, meno ricerca del palleggio e più ripartenze veloci, meno ricerca della superiorità posizionale e più duelli uno contro uno a tutto campo. Ma più che l’aspetto tattico, a Tudor verrà chiesto di rivitalizzare col suo temperamento una squadra che si è ammosciata, scuotere giocatori come Koopmeiners, Douglas Luiz e Vlahovic, per capire se per loro ci sia un futuro alla Juventus. Soprattutto per il centravanti è l’ultima spiaggia.
Il croato sembra l’uomo giusto per ricompattare l’ambiente, per il suo passato juventino che lo rende amato dai tifosi e per la sua capacità di interpretare l’uomo forte ai microfoni. Lo ha già fatto con la Lazio, riuscendo a incidere fin da subito da traghettatore, per poi però scontrarsi con squadra e dirigenza e andarsene dopo appena due mesi.
Con la Juventus però è sempre diverso e Tudor lo sa. Il tempo e lo spazio di manovra che gli hanno concesso è pochissimo, dovrà fare qualcosa di speciale per meritarsi di restare. Anche perché in attesa c’è già la fila: per quanto possa essere usurante, in Italia tutti vogliono allenare la Juventus.