Calcio

Il ritorno a Wuhan: 'Sensazione strana, ho avuto paura'

Il brasiliano Rafael (ex Lugano) ci racconta l'odissea vissuta con la sua squadra, il Wuhan Zall, dall'esilio forzato al ritorno nella città epicentro della pandemia

27 aprile 2020
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Tifosi festanti, striscioni colorati, mazzi di fiori. Ma anche mascherine sul viso, distanze da mantenere, controlli della temperatura corporea e via dicendo. E così capisci che quello che in tempi normali assomiglierebbe tanto al ritorno trionfale dopo la conquista di un trofeo, nell’era del Coronavirus in realtà è il saluto di una città al rientro a casa della sua squadra dopo oltre tre mesi di “esilio” a causa della pandemia. Già perché non si tratta di una compagine qualsiasi, ma del Wuhan Zall, formazione della città capoluogo della provincia di Hubei (Cina centrale) da cui lo scorso novembre è partito il virus poi purtroppo diventato famoso come Covid-19 e che è rimasta isolata in quarantena dal 23 gennaio all’8 aprile, per un totale di 76 giorni.

«Ho provato una strana sensazione nel tornare a Wuhan, ero spaventato e felice allo stesso tempo». A raccontarci il turbinio di emozioni che ha provato rimettendo piede in quello che è stato a lungo l’epicentro della pandemia è Rafael Da Silva, attaccante brasiliano che ormai dal gennaio 2018 veste i colori dello Zall e che nella stagione 2013/2014 era passato anche da Lugano. «È stato bello vedere i tifosi accorrere in stazione per salutarci e sostenerci, soprattutto perché è un segnale che qui le cose vanno meglio, sono felice di vedere che Wuhan sta tornando a vivere».

Un ritorno alla normalità evidentemente ancora solo parziale… «Molti posti sono già aperti, compresi i ristoranti, dove però non si può rimanere a mangiare, bisogna ordinare il cibo e consumarlo a casa. Anche nei supermercati bisogna rimanere meno tempo possibile e ovunque tu vada devi farti misurare la febbre e avere con te un codice QR con tutte le tue informazioni sanitarie. Senza non puoi entrare da nessuna parte. Ma ci si adatta e va bene così, soprattutto pensando a quello che hanno vissuto qui negli ultimi mesi. Noi da una parte abbiamo avuto la fortuna di essere all’estero quando è stata decretata la chiusura della città, ma questo non significa che sia stato facile, anzi. Quando il virus ha cominciato a espandersi anche in Spagna e in Europa c’è stata parecchia agitazione, poi siamo dovuti rimanere tre settimane chiusi in una camera di albergo e mi sono dovuto sottoporre a quattro test del coronavirus per assicurarmi di non avere problemi. Ho avuto paura e a inquietarmi era soprattutto per il fatto di non sapere quando sarebbe finito tutto questo».

Un’odissea lunga 104 giorni

La formazione della Super League cinese (la massima serie) era partita all'inizio di gennaio per il ritiro a Guangzhou, prima di trasferirsi come d’abitudine a Malaga per un periodo di preparazione in Europa (il campionato in Cina va solitamente da febbraio/marzo a novembre/dicembre), dove è poi rimasta bloccata a causa dell’espansione del virus. Una volta migliorata la situazione nel paese asiatico e visto l’aggravarsi dell’emergenza nel Vecchio continente, il club ha deciso di lasciare la Spagna e tornare (dopo uno scalo prolungato in Germania) in Patria, ma visto che Wuhan era ancora “chiusa”, giocatori e staff hanno dovuto fare tappa a Shenzen, dove sono arrivati il 16 marzo e dove sono rimasti in isolamento per tre settimane. Trascorso questo lasso di tempo, i ragazzi diretti dal tecnico spagnolo Jose Gonzalez hanno raggiunto la vicina città di Foshan, dove hanno potuto ricominciare ad allenarsi. Fino a una settimana fa, quando dopo 104 giorni di lontananza i giocatori dell’Fc Wuhan hanno potuto mettere nuovamente piede nella loro città e riabbracciare i famigliari. Perlomeno la maggior parte di essi… «Quando la squadra si trovava in Europa ho potuto raggiungere per qualche giorno la mia ragazza e la mia famiglia in Brasile, poi però ho dovuto riaggregarmi al gruppo per tornare in Cina e qui sono solo (Rafael è uno dei tre giocatori stranieri in rosa, gli altri sono il suo connazionale Leo Baptistao e l'ivoriano Kouassi, ndr). Non è sempre facile, a maggior ragione in una situazione del genere. Dato che gli aeroporti sono chiusi, nessuno può venire a trovarmi e devo superare me stesso ogni giorno per sopportare e combattere questa solitudine. Anche per questo spero che tutto passi rapidamente, è molto difficile stare da soli senza la compagnia della mia famiglia, della mia ragazza e dei miei amici».

Altro piccolo passo grande passo verso una normalità perlomeno apparente, il fatto di aver ricominciato (mercoledì) ad allenarsi tutti assieme nella sede abituale del club… «Questo è molto importante per noi, anche se non si sa ancora quando inizierà esattamente il campionato ci teniamo in forma, ma soprattutto possiamo fare ciò che amiamo e per questo siamo molto fortunati».

Lugano nel cuore

Il 28enne ammette di essersi «adattato bene al calcio cinese, molto diverso da quello europeo. Ho ancora un anno di contratto, spero di continuare a fare bene (31 gol e 9 assist finora in 39 presenze, ndr) per avere ancora qualche opportunità interessante».

Un po’ come capitato con il passaggio a Lugano, dove le 13 reti e i 3 passaggi decisivi firmati in Challenge League gli avevano aperto le porte del calcio asiatico con il passaggio ai giapponesi dell’Albirex Niigata… «Il Lugano ha creduto in me, mi ha permesso di mettermi in mostra e di compiere un passo avanti nella mia carriera. Ero molto felice in Ticino e mi è dispiaciuto rimanerci per così poco, ma ho adorato la città e la società mi è rimasta nel cuore».

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