Nella terza città della Svezia, dove stasera il Lugano affronterà in Europa League la squadra di casa e dove Ibrahimovic è nato e cresciuto, tutti si coccolano il loro campione

Ammiri ergersi la Turning Torso, torre residenziale (la più alta della Svezia) di 54 piani e 190 metri che si avvita su se stessa nella zona del porto ovest di Malmö, e può capitare che quando la guida cita l'architetto che ne è l'autore, Santiago Calatrava, qualcuno chieda: "Chi?". O ancora che, immaginandolo tra la nebbia, ti accorgi che c'è chi non ha mai sentito parlare del ponte sullo stretto di Oresund, pazzesca opera ingegneristica stadale e ferroviaria inaugurata nel 2000 che unisce la Danimarca (Copenhagen) e la Svezia (appunto Malmö) attraverso una galleria che si tuffa nelle acque del mar Baltico per oltre 4 km e un ponte di 8 km (il più lungo strallato d’Europa), collegati da un’isola artificiale di altri 4 km. Non capiterà mai, invece, di passare davanti alla statua in bronzo posata appena due settimane fa di fronte al Malmö Stadion e sentire qualcuno chiedere chi sia raffigurato. Così come emblematico è il fatto che lo stop per ammirare quella faccia di bronzo sia stato il primo del nostro giro per la città e che in generale dalla sua inaugurazione sia diventata una tappa obbligatoria di tutti i tour organizzati.
Sì, a Malmö tutti conoscono Zlatan Ibrahimovic, nato 38 anni fa da mamma croata e papà bosniaco nella terza città più popolosa della Svezia, che è anche quella con il tasso più alto di stranieri, ben il 38 per cento (la maggior parte musulmani). Cifra che sale fino a 90 nel quartiere-ghetto di Rosengard, dove è nato e cresciuto il campione svedese. Il quale non si è mai dimenticato degli anni difficili vissuti in condizioni disagiate, tanto da far costruire – ripetendo che “puoi togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo” – nel 2007 un campetto in mezzo al quartiere. E non è difficile immaginare come i ragazzini che si ritrovano a tirar calci a un pallone sullo “Zlatan Court”, lo facciano sognando di uscire da quella difficile realtà grazie al calcio, proprio come ha fatto il loro idolo. Un idolo che però come detto non è amato solo nel suo quartiere e ce ne rendiamo conto passeggiando per il centro città. Edvin, un ragazzo che lavora in un negozio lungo una delle vie principali, ci mostra orgoglioso il selfie scattato in una delle rarissime occasioni in cui “Ibracadabra” è tornato a casa – nel 2015, in occasione del 5-0 rifilato dal suo Psg (con tanto di gol dello svedese) proprio alla squadra della sua città in Champions League – e ci spiega come nemmeno il re di Svezia Carlo Gustavo abbia una camera di albergo a lui intitolata, mentre all’Hotel Clarion esiste la Zlatan Suite (costa giusto circa mille franchi a notte). Qualcun altro ci racconta di quella volta che dopo aver ricevuto un no dalle autorità cittadine per far alzare il muro di cinta della sua casa situata in uno dei quartieri migliori di Malmö con vista sul mare (nel frattempo venduta), fece abbassare il giardino. Un gesto alla Ibrahimovic, certo, come tanti altri discutibili compiuti dall’attaccante dei Los Angeles Galaxy (che sembrerebbe intenzionato a tornare a giocare in Europa e in particolare in Italia), ma che praticamente tutti i suoi concittadini sembrano perdonargli. Troppo grande, l’orgoglio per il loro campione. Sì, a Malmö non solo tutti conoscono Ibrahimovic, tutti lo amano.