Calcio

Era bianca, la casacca

Fine delle speranze. E della storia: il Football Club Locarno è fallito

19 gennaio 2018
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Locarno – L’appuntamento era per le 18.30 allo stadio Lido. Michele Nicora avrebbe voluto parlare alla squadra, confermare ai giocatori che stava lottando per permettere loro di continuare a disputare il campionato di Seconda Lega interregionale, magari comunicare pure qualche buona notizia, prima di lasciarli andare sul campo per il primo allenamento del 2018. Ma non ha potuto farlo. La sua battaglia, il presidente del Locarno l’aveva persa qualche ora prima, quando aprendo la raccomandata della Camera d’esecuzione e fallimenti del Tribunale d’appello, aveva scoperto che non avrebbe più potuto fare nulla per salvare l’Fc Locarno.

«È finita – ci dice Nicora una volta uscito dagli spogliatoi, sul volto l’espressione amareggiata di chi sa di averci provato in tutti i modi, ma invano –. I giudici non hanno tenuto conto dei progetti di risanamento e della raccolta fondi, negando non solo l’effetto sospensivo, ma respingendo già il ricorso. Non posso più fare niente».

Parole che fanno male, che pungono ben più del vento gelido che sferza il vetusto impianto locarnese. Qualcuno le incassa senza scomporsi, altri se ne vanno a testa bassa, ma c’è anche chi non riesce a trattenere le lacrime... «Mi dispiace davvero tanto per questi ragazzi – prosegue Nicora riferendosi ai giocatori –. Non so dove andranno a finire, ma sono giovani e alcuni davvero talentuosi, troveranno un’altra strada. Mi dispiace anche per lo staff tecnico e per i collaboratori, hanno sempre lavorato in modo serio e non posso che ringraziarli. Così come devo dire grazie di cuore anche a mia moglie, che in questo periodo difficile mi è stata sempre vicino. Fortunatamente condividiamo la passione per il calcio, tanto che ci siamo conosciuti proprio qui allo stadio Lido. Infine ci tengo anche a ringraziare Giorgio Ghiringhelli, che ha fatto una cosa molto bella e gradita, così come tutti coloro che hanno partecipato alla colletta, perché in una settimana sono stati raccolti 90’000 franchi e se avessimo avuto più tempo, secondo me avremmo raggiunto e superato i 150’000 franchi. Questo mi ha fatto capire che la gente della regione tiene ancora al Locarno, purtroppo però è mancato il sostegno delle persone “pesanti”, che avrebbero potuto fare la differenza».

Dopo tanti ringraziamenti a chi non lo ha abbandonato, l’ex portiere delle bianche casacche passa (di nuovo) all’attacco, nel tentativo di dare una spiegazione a questa ennesima triste storia del calcio ticinese... «Abbiamo fatto fatica sin dall’inizio perché il primo anno di Promotion League (dopo la retrocessione dalla lega cadetta, nel 2014, ndr) ci è costato tantissimo. I contratti vecchi, da Challenge League, non si potevano disdire e la stessa Promotion è una categoria davvero onerosa. Poi abbiamo cominciato a perdere gli sponsor per colpa di alcuni signori, che ci hanno fatto il vuoto attorno. Abbiamo sbagliato anche noi, ad esempio fidandoci di chi non avremmo dovuto, ma soprattutto siamo stati confrontati con difficoltà oggettive dovute a una cerchia di persone che ha lavorato – molto bene, di questo gliene do atto – contro di noi. Non ho problemi a ribadirlo, mi riferisco alla vecchia dirigenza (la famiglia Gilardi, dalla quale Nicora ha rilevato la società nell’estate 2014, ndr). Abbiamo sempre dovuto difenderci da attacchi alla schiena, soprattutto nel secondo semestre del 2017. Ho passato metà del mio tempo a cercare di anticipare ed evitare certe vigliaccate, ma ho scoperto sulla mia pelle che l’influenza di queste persone nel Locarnese è davvero troppa. Senza considerare il peso della storia del Cerro Porteno – in sintesi il Locarno deve al club paraguaiano una somma superiore a due milioni di franchi per il trasferimento di due giocatori (in realtà mai arrivati al Lido) nel 2008 –. È stata una sorta di spada di Damocle sopra la nostra testa, diversi interessati ad aiutarci mi hanno detto: “Prima sistema quella storia”. Però io dovevo essere sincero, non potevo comportarmi come hanno fatto con me e farglielo scoprire quattro mesi dopo. Credo che ora il Cerro Porteno sarà particolarmente arrabbiato, non con noi ma con quei signori».

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