Basket

Valter Montini e la sua avventura al Winterthur

Il comasco ex storico tecnico del Riva aveva lasciato le momò a gennaio con la B ferma per guidare le zurighesi al secondo posto nella massima divisione

Era fine gennaio e, con il campionato di serie B sospeso, la dirigenza del Riva Basket aveva dato il via libera al suo coach storico per approdare su una delle migliori panchine del mondo del basket femminile, quella del Winterthur. Nei tre mesi successivi, Valter Montini ha guidato la compagine zurighese al secondo posto tanto nella regular season quanto nei playoff della massima lega, finendo sempre dietro all'inarrivabile Elfic Friborgo, che ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Ma in fondo, non c’era da dubitarne visto il budget della squadra burgunda, almeno tre volte quello delle avversarie. A bocce ferme, tracciamo con il tecnico comasco un bilancio della sua mezza stagione con il "Winti". 

Quanto è stata dura?

«Premetto che a Winterthur mi sono sentito subito a mio agio, ho trovato una società ben organizzata e strutturata, con persone competenti e in grado di facilitare il mio inserimento. Detto ciò, arrivare a metà stagione in un ambiente nuovo e con un gioco oramai radicato, non è mai facile. Ci vogliono più settimane per entrare in sintonia con il gruppo, io dovevo conoscere loro e loro dovevano conoscere me: per questo motivo all’inizio ho cambiato poco, visto che l’apprendimento di nuovi schemi e nuovi moduli di gioco richiedono tempo, di solito un paio di mesi».

Ma di tempo ce n’era poco...

«Infatti nelle prime settimane non ha mutato molto se non piccoli accorgimenti, proprio per facilitare anche le ragazze. Poi, a poco a poco, ho introdotto le mie idee e la mia filosofia di gioco, sempre con una buona corrispondenza da parte di tutte».

Impegno e condivisione?

«Due fattori a tutti i livelli societari, con una risposta molto positiva del gruppo. Ci siamo allenati quattro volte alla settimana, più tre sedute mattutine per le professioniste, oltre al lavoro fisico prevalentemente individuale. Ci sono stati davvero molta serietà e impegno da parte di tutte».

Veniamo ai risultati: soddisfatto?

«In campionato siamo arrivati secondi ma il divario con l’Elfic non è così grande come il 3-0 nella serie di finale potrebbe indurre a pensare. Fatta eccezione per gara tre, persa 85-60, ce la siamo giocata alla pari per lunghi tratti. Poi la maggiore fisicità delle friborghesi, troppo spesso oltre i limiti ma molto tollerate dagli arbitraggi, hanno fatto la differenza: soprattutto con la Giroud che è stata la migliore svizzera della stagione e la regia della Fora».

Maluccio nelle Coppe?

«Nella Sbl Cup (la Coppa di lega, ndr) abbiamo perso malamente in casa contro l’Hélios, con un primo tempo da incubo: sotto di 25 alla pausa, siamo risaliti fino al -3 finale, peccato. In Coppa Svizzera, la semifinale con l’Elfic l’abbiamo persa di 8, dopo essere stati a un nulla dalla vittoria. Credo che con tre arbitri anziché due, anche il basket femminile ne trarrebbe dei vantaggi, ma per ora è così».

E il livello globale del basket femminile elvetico?

«Non possiamo certamente dire che sia cresciuto molto in questi ultimi anni, per una mancanza di ricambi di un certo livello. Molte squadre giocano con ragazze molto giovani che magari avranno un bel futuro, ma per ora ci si deve accontentare di quanto c’è. Sarebbe importante dare nuovi impulsi al settore da parte dei club ma il periodo di pandemia non ha aiutato».

Piani per il futuro?

«Dovrò parlare con i dirigenti e capire quali sono le loro intenzioni. Da parte mia c’è la disponibilità a continuare ma non va dimenticato che il coach recedente aveva smesso a gennaio per motivi personali e non legati al club. Quindi spetterà alla dirigenza capire in che direzione vogliono andare. A Winterthur c’è un bell’ambiente ed è piacevole allenare: inoltre la distanza si è raccorciata grazie ai tunnel di base di AlpTransit e quindi è fattibile anche logisticamente».

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