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Formula 1, il futuro è tutto da inventare

Intervista con Fred Vasseur, Team Principal della Sauber: 'La F1 si salverà solo se sapremo reagire in modo veloce, deciso e coraggioso'

10 aprile 2020
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L'intervista avviene via Skype ovviamente, in un giorno di sole di una Parigi nella quale Fred Vasseur vive in famiglia da quattro settimane, dimensione alla quale il vulcanico Team Principal Sauber non è certamente abituato. Si siede in giardino, cielo azzurro, sorridente, tutto sommato rilassato e possiamo così parlare ad ampio raggio della situazione della Formula Uno e non solo.

Come va la vita in questi giorni? Immagino spesso su Skype o al telefono, ma anche meglio, vicino alla sua famiglia... «Un cambiamento radicale e direi brutale, ma penso che già non doversi lamentare di essere malati sia una grandissima fortuna. Certo ero abituato a prendere un sacco di aerei ogni settimana, ora entro nella quarta settimana qui a casa e di sicuro mi sto godendo i figli. E poi, onestamente, con la tecnologia della quale disponiamo è comunque possibile lavorare e restare in contatto, credo solo mia moglie lo trovi durissimo davvero (...ride)».

'Le videoconferenze sono il futuro'

In molti contatti che ho avuto in queste settimane ad ogni livello, ho sentito dire da manager e Ceo quanto stiano pensando profondamente a cambiamenti di modalità del business e del futuro. Succede anche a lei? Il tempo a disposizione è utile in questo senso? «Sì, è la prima volta che ho il tempo di pormi grandi domande sulla vita, con questo silenzio attorno. Sono 32 anni che corro come un matto, non mi sono mai fermato per più di dieci giorni e comunque restavo connesso, insomma non staccavo mai. Questo cambia prospettive e idee. Lo vedo anche come Fia e Fom (Formula One Management ndr.), ci si vedeva a Ginevra o Londra regolarmente, ora siamo più spesso in video conferenza e riusciamo a discutere di molti temi in modo rapido. Per esempio, mi sto chiedendo se quando sarà passata questa crisi avrà ancora senso prendere tutti questi aerei e non proseguire come stiamo facendo ora. Per tanti sarà così, la prospettiva cambierà molto, in tanti settori».

La Svizzera si è mossa velocemente

Ha apprezzato la velocità del sostegno svizzero alle aziende, tra le quali rientra Sauber a Hinwil ? «Certo che sì, e molto. Un po' tutta l'Europa si sta muovendo in quella direzione, ma è certo che in Svizzera sono stati davvero veloci. Ciò che è stato proposto a Sauber per resistere è valido, anche se siamo in una crisi molto ampia e non solo legata alle corse. C'è un problema enorme con gli sponsor che sono in crisi loro stessi e cui noi non possiamo fornire le prestazioni alla base dei contratti. Quindi ci chiedono sconti, spostamenti, annullamenti e tutti sono assai nervosi, comprensibilmente. La traversata di questo mare in tempesta è molto impegnativa e ci sta mettendo a durissima prova, quindi il supporto che ci deve arrivare dalle istituzioni dovrà essere di lunga durata, non una tantum all'inizio. Noi siamo un team di F1, le monoposto erano pronte a Melbourne, ma se non possiamo più fare il nostro mestiere...(sospira, ndr). La finanza, il settore legale e delle risorse umane è certamente quello che oggi a ranghi ridotti lavora più di tutti (sorride, ndr). Ma le 400 persone che lavorano per le corse sono tutte a casa, a fare nulla o comunque pochissimo».

Cosa si aspetta per questo Mondiale 2020 che nemmeno è cominciato ? «Ogni due giorni partecipo alla riunione Fom che sta cercando di prendere le decisioni concrete. Ma alla fine sarà la politica insieme alle autorità sanitarie a dover decidere, non certo noi. Parliamo spesso di 150'000 persone per un GP, quindi davvero non è semplice, lo capisco bene. Noi come team ci domandiamo anche se ci lasceranno viaggiare perché pure immaginando un calendario breve e con meno gare, come potremo muoverci con velocità da una nazione all'altra? Anche se fossimo tutti medicalmente controllati e, dunque, no-Covid? In questo momento sono Jean Todt, presidente Fia, e Chase Carey, Ceo della Fom, che tengono queste relazioni politiche internazionali, lavoro difficile a dir poco».

'Per salvare la F1 dovremo essere veloci e coraggiosi'

Un tratto del suo carattere che tutti le riconoscono è la franchezza che le permette di rispondere sempre in modo chiaro. La domanda è: un annullamento totale del Mondiale F1 2020 potrebbe mettere in discussione la sopravvivenza della categoria? «La risposta è sì e no. Partiamo dalla storia: tutte le volte che la F1 si è confrontata con una grande crisi, è sempre ripartita più forte. Ad esempio nel 2008 perdemmo in una stagione 4 team per la crisi finanziaria e degli sponsor, la F1 fu in tensione, perse il suo equilibrio. Nacque proprio poco dopo la Formula E, la tendenza verde. Se vedo una differenza positiva con allora è che sia Fia, sia Fom hanno questa volta subito preso in mano la questione e reagito. Per esempio, da un lato si cerca di gestire il 2020, dall'altro stiamo lavorando su cambiamenti importanti per le stagioni 2021 e 2022 e quelle a seguire. Questa crisi senza precedenti non sta risparmiando nessun team di F1, grande o piccolo che sia. Quindi il futuro, proprio sul piano dei costi, dovrà essere ripensato e in modo profondo e fattuale. Il messaggio per me è molto chiaro: se reagiamo veloci, decisi e coraggiosi la F1 ha un futuro, se non lo faremo potrebbe essere finita. Todt per primo lo ha compreso e così tutti noi».

Crede che sia il momento giusto perchè F1 e Formula E si parlino ? Che pensino ad un campionato unico nel medio termine ? «No, non sono d'accordo. Reputo ci sia spazio per entrambi i campionati. Uno nelle città e l'altro nei tracciati. Uno elettrico, l'altro parzialmente ibrido. Sono troppo diversi, sono davvero mondi lontani tra loro. Penso semmai che in F1 viaggeremo meno, contrarremo costi, cambieremo calendari, cercheremo di essere meglio sostenibili in senso ampio. Abbiamo sempre cercato il massimo della tecnologia certo, ora i bilanci saranno da riparare, la sfida sarà qui, non solo in pista».

La sensazione è che coronavirus, fatta astrazione dal tanto dolore che genera, stia anche portando ad una riflessione collettiva su valori e esigenze. Per anni si era parlato di Budget Cap (limite di spesa dei team), questa pandemia vi obbliga a decidere su qualcosa che per anni non riusciva a sbloccarsi? «Giusto non essere male interpretati, ma è indubbio che questa crisi dura, profonda e radicale debba darci rapidamente un senso di opportunità. Se non siamo capaci ora, proprio ora, di decisioni drastiche e lasciamo passare questo momento, siamo persi. Tutti i soldini che spendavamo anche eticamente non saranno più accettabili».

Cosa farà le prossime settimane ? «Spero prima di tutto che mia moglie riesca ancora a reggermi (ride...). Credo che sino maggio non potrò muovermi ed è già stato cancellato anche il Gp del Canada. Poi ci sarebbero Austria e Inghilterra, anche qui non sono fiducioso. Le autorità non credo si chineranno sulle esigenze della F1 con i problemi di salute pubblica che devono affrontare e a piena ragione. I promotori dei Gp guadagnano solo sulla vendita dei biglietti, come possono avere un Gp senza nessuno lungo il tracciato? Chi paga? La strada obbligata sarà quella di effettuare un numero minore di Gp a porte chiuse, solo con dirette TV, incassando almeno i diritti televisivi che finanziano i team e trovando un modo per compensare parzialmente le perdite. Ma qui, di nuovo, cruciale sarà il fatto di potersi muovere liberamente, perché se ad esempio una settimana siamo in Cina e poi in Australia, non possiamo stare tutti in quarantena per 15 giorni. Del resto, questo in prospettiva è il futuro dello sport, almeno per un certo tempo: dovremo avere passaporti sanitari certificati per muoverci, nel breve sarà impossibile controllare 120'000 persone al momento dell'afflusso. Ci aspettano tempi fatti di coraggio e visioni».

L'intervista finisce così, a microfono spento oltre ai normali saluti condividiamo con questo sergente di ferro, che ha scoperto tra gli altri Hamilton, Rosberg e Kubica, che avere oggi un'idea chiara sia impossibile. Il sogno di tornare presto alla sua scrivania di Hinwil è grande, lo sento.  E anche la sua gentil signora lo condivide senza riserve.

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