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Scialpinismo, eroi sulle pelli

Per gli scialpinisti non è una gara: è la gara. Il trofeo Mezzalama, la meta cui ambire per superare i propri limiti. L'hanno affrontata anche tanti ticinesi

4 maggio 2019
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Il Trofeo Mezzalama, svoltosi la scorsa domenica sul massiccio del Monte Rosa, è la meta a cui tendere se nello scialpinismo si vogliono raggiungere e superare i propri limiti. Non è una gara per tutti. A causa delle altitudini raggiunte e per i chilometri d’impegno che richiede (erano 48, quest’anno), per potervi partecipare occorre possedere un curriculum sportivo di rispetto. Questo perché non si tratta di una piacevole competizione che mescola professionisti e sportivi d’élite non professionisti, come avviene in altre discipline di montagna (in particolare per i vertical e i trail), bensì di una sfida ai limiti delle possibilità umane, in un ambiente alpino che non concede sconti e non ammette errori. In breve: partenza da Breuil-Cervinia (quota 2’000 m.s.m.), salita al Passo del Teodulo (3’300 m.s.m.), passaggio al Colle del Breithorn (3’800 m.s.m.), Passo di Verra (3’400 m.s.m.), Rifugio Quintino Sella (3’600 m.s.m.), Base del Naso del Lyskamm, Rifugio Gnifetti (3’650 m.s.m.), Gressoney-La Trinité (1’600 m.s.m.). Totale: 4’000 metri di dislivello. Per i più veloci (la squadra dell’Esercito italiano composta da Michele Boscacci, Robert Antonioli e Matteo Eydallin) un percorso di 4h45’. Per la maggior parte degli atleti, un’impresa fra le sei e le nove ore di fatica senza pause. Due i cancelli orari: uno sul Colle del Breithorn e uno dopo il Rifugio Quintino Sella. Si sfora? Si è fuori. Una gara non per tutti, si diceva. Occorre sapersi muovere in alta montagna con sicurezza e bisogna saperlo fare tenendo conto di sé e del resto della squadra. Già, perché: uno sbaglia, gli altri pagano. I cambi di assetto sono diversi. Legarsi e slegarsi dalla cordata, togliere gli sci e mettere i ramponi, utilizzare la piccozza, saper far fronte ai repentini cambiamenti climatici e di temperatura tipici dell’alta quota. E poi il ritmo, l’acqua, i gel, tutto dev’essere calibrato e pensato nei minimi dettagli, come l’abbigliamento, la preparazione fisica e l’alimentazione nei mesi prima della gara. E lassù c’è da tenere a bada la testa, concentrati al massimo per ore e ore, e spingere fra crepacci, sulle creste, sui canali, sfidare gli strapiombi, la nebbia, il freddo (-20 °C in quota domenica). Sono partite 286 squadre, 178 hanno completato la gara. Fra queste: cinque squadre ticinesi. Atleti professionisti? No, non lo fanno di mestiere, ma sportivi di punta sì, lo si può dire. Fuori i nomi: Mirco Pervangher, Luca Morelli che, con l’italiano Cristian Minoggio (Team Gotthard), si è classificato ottavo. Mattia Dotta, Claudio Giudici, Giacomo Fransioli (Team Gotthard Skimo 1), giunti 23esimi. Luca Pini, Ivano Pedrini e Carlo Bonetti (Team Gotthard Skimo S), arrivati 41esimi. Reto Cortesi, Reto Passini, Christian Monti (Team Gotthard Skimo), 52esimo posto. Silvia Pedrini, Andrea Cairoli, Ean Barelli (Team Gotthard SkiMo-mix), 111esimo posto. Vito Notari, Peter Morosi, Martino Singenberger (Os Javalindos), partiti con il pettorale 220. Senza dimenticare Fausto Zanini, in gara assieme agli italiani Ivan Volponi e Stefano Toffolet (G.S. Alpini Intra), 74esimi e il grigionese Vittorio Scartazzini che con il team austro-elvetico Tres Bandidos è giunto 139esimo. Non un semplice elenco di atleti: loro hanno gareggiato con gente del calibro di Kilian Jornet i Burgada (arrivato terzo) e con i mostri mondiali dello scialpinismo, i membri del C.S. Esercito 1 di cui sopra, Martin Anthamatten, William Boffelli fra gli altri. E non lo fanno di mestiere. Che le punte di diamante di questa disciplina sportiva brillino ai primi posti delle classifiche, è impressionante, ma in fin dei conti normale. Dedicano tutto il loro tempo, gli sforzi, la loro concentrazione allo sport. E con lo sport si guadagnano da vivere. Gli altri, la gente “comune”, compiono la stessa impresa pur avendo un lavoro che non sempre agevola la regolarità degli allenamenti o le fasi di recupero. Oltre allo sport devono farci stare tutto il resto. La famiglia, gli impegni, i problemi, perché non hanno un manager, uno sponsor, o altre agevolazioni e tutto ciò che raggiungono è frutto di una tenace forza di volontà e di una costante determinazione. Va detto, perché la classifica di questo non parla mai. E chi li ha visti muoversi nelle raffiche di vento a 90 km/h, le barbe ghiacciate, i volti ustionati dal freddo, chi ha assistito alla loro impresa coraggiosa non può evitare di chiamarli eroi.

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