tecnologia

Guida autonoma: è quasi realtà

Presto anche sulle nostre strade, le automobili senza autista sollevano ancora interrogativi e preoccupazioni legati a sicurezza e responsabilità

“Rilassatevi e godetevi il viaggio”: tra qualche anno un assistente vocale ripeterà questa frase ogni volta che saliremo su un’auto. Niente più mani sul volante o pedali da schiacciare: sarà l’era della guida autonoma, il futuro della mobilità. Le prime versioni di veicoli di livello 4 (alta automazione) sono in fase di sperimentazione, mentre per il livello 5 (guida interamente autonoma) i tempi sono più lunghi – gli ottimisti parlano del 2035 – sia perché occorrerà rivedere buona parte della legislazione esistente (un esempio su tutti: in caso di incidente chi sarà il responsabile se l’auto non ha conducente?), sia perché le sfide tecnologiche che lo sviluppo di auto completamente automatizzate richiedono non sono di facile soluzione.

Per capire a che punto siamo in quest’ultimo campo ci siamo rivolti a Paolo Tonella, professore presso la Facoltà di scienze informatiche dell’Usi che durante la sua carriera si è occupato di metodologie, tecniche e strumenti per testare software, ossia verificare che si comportino come dovrebbero e soddisfino precisi standard di qualità. Negli ultimi sette anni si è spostato verso programmi che contengono componenti basati sull’intelligenza artificiale, come appunto quelli impiegati per la guida autonoma.

Il Professor Tonella mette subito in chiaro una cosa: “Non mi occupo dello sviluppo di auto a guida autonoma, ma di costruire metodi che vanno a esercitare questi veicoli in condizioni limite, per vedere cosa succede quando queste si verificano. I veicoli a guida autonoma sono un settore molto interessante per chi si occupa di testare i software, poiché operano in ambienti complessi, in cui è difficile prevedere tutti i possibili scenari”.

I test vengono effettuati ‘a secco’ oppure in strada?

Testare in strada è molto costoso, pericoloso e difficile, quindi usiamo dei simulatori. Siamo partiti nel 2018 con Udacity, un passaggio importante perché ci ha consentito di provare svariate cose. Oggi il simulatore più accurato tra quelli disponibili per il mondo della ricerca è Carla, un sistema molto avanzato che consente di provare le auto in un ambiente urbano, con edifici, diversi veicoli, ciclisti e pedoni che attraversano la strada, per cui è molto vicino alla realtà e alla sua imprevedibilità.

Quindi non abbiamo ancora una prova reale?

No. Quello che abbiamo fatto per spostarci verso il mondo reale è stato prendere modelli in scala 1:20 e testarli su un circuito in laboratorio. Tutto è comunque molto simile alla realtà. Da alcuni anni abbiamo anche coinvolto studenti da tutta la Svizzera (licei, studenti del nostro Bachelor, del Master, anche qualcuno di dottorato) in un’iniziativa che si chiama Formula Usi, una competizione per la guida autonoma basata su questi modellini.

Insegniamo agli studenti come funzionano gli algoritmi di addestramento, come si raccolgono i dati, come si procede con l’addestramento, come si testano le auto sul campo e poi l’ultimo giorno si svolge, su una specie di tappeto su cui è stampato un circuito stradale, la competizione vera e propria. Le gare sono due: nella prima i partecipanti devono programmare il loro veicolo in modo da percorrere autonomamente alla massima velocità possibile il tracciato senza uscire dalla corsia, nella seconda gareggiano in una sfida a eliminazione diretta. Quest’anno pensiamo di introdurre una novità importante.

Quale?

Mentre finora i circuiti sono stati stampati fisicamente, per cui il giorno della gara si usava un circuito diverso da quello usato per l’addestramento, quest’anno impiegheremo un proiettore che con buona definizione e luminosità riprodurrà il circuito sul pavimento. Abbiamo già eseguito qualche test e funziona. Questo semplificherà molto le cose, perché potremo cambiare circuito, forme e cose facilmente sia durante l’addestramento, sia durante la competizione. Tra l’altro Formula Usi è stata proposta a Phänomena, l’expo svizzera della tecnologia che si svolgerà nel 2026, da marzo a ottobre a Dietikon (Canton Zurigo), in cui dovremmo avere un padiglione dedicato. Stiamo anche pensando a come coinvolgere il pubblico.

Nella realtà a che punto siamo arrivati come capacità di guida autonoma?

Si sta testando il livello 4. Waymo è un’azienda statunitense che ad aprile 2024 ha aperto un servizio regolare di taxi a guida autonoma a San Francisco e a Phoenix, in area urbana, quindi di più complessa gestione, e non extraurbana, tendenzialmente più semplice. E stanno avendo successo, anche perché i percorsi con i robotaxi costano meno di quelli con conducenti umani.

I dati sulla sicurezza sono però raccolti da loro, per cui dobbiamo prenderli con le pinze, anche se in quasi un anno i loro veicoli hanno percorso milioni di miglia. Fatta questa premessa, risulta che rispetto agli umani i robotaxi sono più prudenti, fanno meno incidenti, e quando li fanno provocano per lo più danni materiali (strisciate, toccate ecc.). In sintesi, migliorano la sicurezza, anche se il problema non è questo ma nella percezione che si ha di essa. Questo perché la gente, spesso sbagliando, tende a fidarsi più della propria percezione che dei numeri. Significa che se anche fosse dimostrato da studi indipendenti che le auto a guida autonoma sono più sicure, basterebbe un incidente grave con un’ampia risonanza mediatica perché questi fossero messi in dubbio e le auto autonome venissero guardate con sospetto e paura.

Come funzionano i robotaxi?

Con un’app simile a quella di Uber: vedo dove si trovano quelli disponibili, chiamo e il più vicino arriva. Nell’auto ci sono ancora i comandi ma non c’è un guidatore; c’è comunque un controllo remoto, una centrale operativa con umani che seguono i veicoli e possono intervenire in situazioni critiche.

Gli utilizzatori sono molto contenti, ma non so quanto questi giudizi siano rappresentativi, perché ogni volta che si introduce una nuova tecnologia i primi ad adottarla sono gli entusiasti, tendenzialmente più disponibili a scontare disservizi e inconvenienti. Sicuramente io la prossima volta che mi recherò da quelle parti lo proverò.

Da un punto di vista informatico qual è la difficoltà di passare ai livelli 4 e 5?

Sta nelle situazioni eccezionali, negli imprevisti che per definizione accadono raramente, dunque nell’avere dati sufficienti per addestrare i software anche in queste situazioni. Si devono perciò introdurre sistemi automatici di ‘anomaly detection’, che capiscano l’anormalità della situazione e la gestiscano correttamente. La gestione di questi casi dal punto di vista informatico è una sfida a cui stiamo lavorando, cercando di capire quando è opportuno attivare sistemi di protezione o anche passare a un livello di guida autonoma inferiore in modo che il conducente umano possa reagire.

Stiamo sperimentando il livello 4. Prospettive per il 5?

I robotaxi Waymo non sono così lontani. Il problema per il livello 5 è raccogliere abbastanza dati per avere sufficienti garanzie di sicurezza. Ridurre il tasso di incidenti a zero è un obiettivo irrealistico. È invece plausibile garantire che anche togliendo il controllo remoto la probabilità che succeda qualcosa di grave sia molto bassa, ad esempio 10 volte inferiore al tasso di incidenti gravi che attualmente si riscontra nella guida ‘umana’, perché per un’azienda come Waymo la reputazione è tutto, in caso contrario rischiano di non avere più né finanziatori né clienti e chiudere.

Teoricamente è possibile hackerare ogni programma. La sicurezza in questo campo è garantita?

Il problema in questo campo risiede soprattutto nei sensori delle auto, che possono fungere da porta d’entrata per eventuali malintenzionati. Ad esempio abbiamo notato che le auto a guida autonoma possono recepire delle immagini, magari esposte o proiettate su cartelloni pubblicitari, che ne alterano il funzionamento pur se innocue per l’occhio umano. Stiamo lavorando anche su questo. In linea generale, premesso che anche in questo caso la sicurezza assoluta non esiste, possiamo comunque affermare che come per i tradizionali virus informatici, anche per gli attacchi contro auto a guida autonoma esistono contromisure efficaci, che però richiedono consapevolezza e competenze specifiche nel campo della sicurezza informatica.

Attualità

Svizzera pioniera in Europa

Dal 1° marzo in Svizzera sarà permessa la guida automatizzata. L’ordinanza è stata approvata dal Consiglio federale in dicembre. Tale modalità “può incrementare la sicurezza stradale e migliorare la viabilità, oltre a dischiudere nuove opportunità per l’economia e i servizi di trasporto”.

L’ordinanza prevede tre possibilità: guida autonoma in autostrada, dove sarà possibile utilizzare il livello 3; veicoli senza conducenti ma monitorati in remoto da un operatore esterno in ambito urbano su tratti autorizzati (di competenza dei Cantoni, livello 4) e parcheggio automatizzato.

Finora l’Ustra, a cui compete l’esame delle richieste, ha autorizzato due sperimentazioni: un sistema per la consegna pacchi nella città di Berna e un minibus elettrico per il trasporto pubblico a Sciaffusa. Un terzo progetto, un servizio di robotaxi proposto dalle FFS in collaborazione con il Canton Zurigo, è in fase di approvazione.

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