L'editoriale

Quel monte nel mezzo

22 gennaio 2016
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Il Monte Ceneri, come del resto il massiccio del Gottardo, è per noi ticinesi il simbolo di tante distinzioni e differenze. Lo è stato nella storia, quando fra Sopra- e Sottoceneri si sono consumate dispute nell’aggiudicazione della sede della capitale del cantone, dapprima itinerante, e poi fissata a Bellinzona; lo è nella conformazione geologica delle terre e delle montagne (alpine al nord e più collinari a sud) che ci circondano, sorte su due placche continentali distinte. Una conformazione che ha di certo prodotto riflessi anche nella diversità dei nostri costumi e caratteri; lo è stato dal punto di vista edilizio, con un Sopraceneri che ha utilizzato molto di più la pietra, integrando le costruzioni nel territorio, mentre a sud andava già più di moda l’uso del mattone; lo è stato, di recente, dal punto di vista delle sensibilità politiche e sociali, con una piazza finanziaria e un tipo di commerci che hanno fatto del Luganese e (in parte) del Mendrisiotto aree più ricche e aperte verso sud, mentre nel Sopraceneri si è guardato più naturalmente a nord. Lo è ancora oggi nelle rivalità sportive… Sono tante, a ben guardare, le differenze che hanno marcato chi qui vive, per il fatto di appartenere ad una o all’altra zona geografica del cantone (ben evidenziate ieri a ‘Modem’), con nel mezzo a dividerle (e a dividerci) il Monte Ceneri. Ora, con la festosa caduta del diaframma, dopo quello sotto il massiccio del San Gottardo (avvenuto nell’ottobre del 2010), le nostre distanze si accorceranno ancor più. Per tutti noi, grazie alla galleria di base fra Erstfeld e Biasca, sarà più facile sentirsi meno subalpini e, al nostro interno, sarà più facile spostarci da una città all’altra. Con la ferrovia, divenuta metrò, sarà questione di una manciata di minuti. Si potrà quindi più facilmente vivere in un luogo e lavorare in un altro, senza temere le infernali colonne stradali. Anche le nostre differenze – fra Ticino e il resto della Svizzera e fra Sopra- e Sottoceneri – saranno meno evidenti? A ben guardare il trend è già in atto da alcuni anni. Accelerato dalle aggregazioni di valle e urbane, che hanno cancellato un certo numero di Comuni politici, allargandone i confini e mischiando le appartenenze. Anche gli importanti recenti investimenti nel mattone stanno contribuendo a cambiare e, in certi casi, a stravolgere il paesaggio che abbiamo sotto i nostri occhi. Le persone, che stanno occupando i nuovi immobili, perlopiù di lusso e spuntati come funghi, spesso vengono da via e, lentamente, il tessuto sociale cambia pelle dall’interno. Allo stesso modo anche la nuova via ferrata darà il suo contributo al nostro cambiamento, abbassando il Ceneri. Ma quest’opera, come detto, non fa altro che aggiungersi ad altre importanti sfide, che volenti o nolenti dovremo affrontare. Si tratta dunque di un’ulteriore occasione da cogliere e, soprattutto, da gestire, tenendo conto che uno dei beni più preziosi che abbiamo, e che sta consumandosi come la neve (che non c’è) al sole, si chiama territorio. Si tratta di un bene non infinito, che oggi è capace di attrarre tanti investimenti e persone, perché garantisce una qualità di vita alta. Rendiamoci conto che le nuove decise e crescenti spinte che lo stanno ora sollecitando, lo possono anche irrimediabilmente compromettere. Livellandoci tutti, sopra- e sottocenerini, e facendoci assomigliare a che cosa? A una nuova anonima periferia di Milano. Se vogliamo invece – eccome se lo vogliamo! – rimanere noi artefici del nostro futuro e non desideriamo gettare alle ortiche quanto c’è di buono nel nostro essere svizzeri e ticinesi, dobbiamo avviare una sana riflessione sugli impatti che queste scommesse stanno avendo e avranno. Non di solo cemento armato vive l’uomo. Di oggi e anche di domani.

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