L'analisi

Navalny contro Putin, specchio di un Paese in difficoltà

Lo scontro tra il potere moscovita e il blogger, che da anni denuncia corruzione e malefatte, non conosce più confini. Dietro c'è la crisi economica

Navalny (Keystone)
12 gennaio 2021
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Mai nessuno prima d’ora si era azzardato a suonare al campanello di casa di un uomo dei Servizi segreti russi. I simpatizzanti di Aleksej Navalny l’hanno fatto dopo che “un’inchiesta giornalistica internazionale indipendente”, utilizzando sofisticate tecnologie mediatiche, è riuscita a identificare la squadra che avrebbe avvelenato l’avvocato moscovita in Siberia in agosto. Lo stesso Navalny ha poi telefonato all’uomo, visitato successivamente dai suoi sostenitori, che avrebbe messo il veleno nelle sue mutande, appena lavate nella lavanderia dell’albergo di Tomsk in cui soggiornava l’acerrimo avversario del Cremlino.
Lo scontro tra il potere moscovita e il blogger, che da anni denuncia corruzione e malefatte, non conosce più confini. E avviene a pochi mesi dalle elezioni parlamentari del 19 settembre, in un Paese in cui preoccupano il brusco ridimensionamento delle entrate delle famiglie, l’impennata dei prezzi e la svalutazione del 30% del rublo. I segnali e le cause per l’inizio di un’ondata di proteste popolari ci sono tutti. L’Amministrazione Putin ha per questo alzato le difese, approvando una serie di leggi “anti-interferenze”, definite al contrario dalle opposizioni “liberticide”.
Dopo il suo presunto avvelenamento, certificato da laboratori occidentali, Navalny è ora in cura in Germania e difficilmente, a breve, potrà tornare in Patria, dove rischia il carcere per vecchi e nuovi casi giudiziari, da lui definiti “inventati da Putin”. Così, a meno di colpi di scena, il “paziente della clinica di Berlino” – come l’ha chiamato il capo del Cremlino – sarà costretto adesso a starsene all’estero, magari preparando il suo ritorno poco prima delle consultazioni settembrine, in modo da sparigliare le carte. Sempre che la situazione glielo permetta. Un arrivo “detonatore”, come quello nell’aprile 1917 di Vladimir Lenin che fece saltare il sistema zarista, predice il politologo Abbas Galljamov.
Al momento lo scontro Putin-Navalny pare destinato a seguire la sceneggiatura di quello cinquecentesco tra Ivan il terribile e il principe Kurbskij, fuggito nel granducato di Polonia-Lituania; i due si scambiarono un’incredibile corrispondenza. Ma al tempo di Internet e dei social media la distanza non è un problema: ecco perché scandali e rivelazioni sono all’orizzonte. Il Cremlino ha già messo le mani avanti, affermando: l’accusa di Navalny, secondo il quale dietro al suo avvelenamento si nasconderebbe l’intelligence di Mosca, è un modo per utilizzare materiale falso, prodotto dai Servizi americani. Tale messaggio è da leggersi soprattutto per l’auditorio interno: fate attenzione - questo il senso – perché l’oppositore è al soldo degli stranieri. Un’antica accusa che funziona da secoli sulle masse in Russia.
Di uno scenario così teso, in teoria a nove mesi dalle elezioni, sono i comunisti e gli ultranazionalisti che potrebbero approfittare, come successe a Khabarovsk, nell’estremo oriente, la scorsa estate. Ma altri imprevedibili scenari sono possibili. Difficoltà economiche e risse politiche sono da sempre una miscela pericolosa, foriera di guai, per la Russia. Di certo questa non è una bella situazione per l’Occidente, bisognoso di stabilità a Est per il proprio rilancio post-virus nel 2021.

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