laR+ IL COMMENTO

Putin non ha fretta, Trump sì

Il presidente russo ha scelto la tattica dell’esaurimento dell’interlocutore e tenterà di prendersi quello che non ha ancora conquistato con le armi

In sintesi:
  • L'attesa conversazione tra i due capi di Stato ha partorito il classico topolino
  • Troppi rimangono i punti in sospeso da concordare in un serio piano di pace
(Keystone)
20 marzo 2025
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In russo esiste l’espressione “otfutbolit”, interpretabile elegantemente come “lanciare la palla in un altro campo”. Oppure più rudemente: mandare qualcuno “a spigolare o a perdersi”. Non potendo permettersi di dire di no a Trump, Vladimir Putin ha scelto la tattica dell’esaurimento dell’interlocutore; del dire “sì, ma”, ponendo condizioni. La tanto attesa conversazione tra i due capi di Stato ha così partorito il classico topolino.

Poco? Molto? Occasione fallita? Per il momento bisogna accontentarsi di una “tregua parziale” che per trenta giorni risparmierà le infrastrutture energetiche in Russia e in Ucraina. Per poi “proseguire nella ricerca di una soluzione” definitiva – leggasi pace –, verranno organizzati gruppi di esperti russo-americani. Saranno invitati gli ucraini? Questo nemmeno lo si è capito.

Nella pratica si comprendono, invece, due altri aspetti. Il primo è che nelle prossime settimane osserveremo nuovi incontri tra leader sull’Ucraina. Il secondo è che non basta la sola volontà di Trump per terminare il conflitto. Anche Putin e Zelensky devono essere d’accordo, trovando tra loro un punto di equilibrio. Riassumendo: nell’ultima settimana il presidente russo ha compiuto verso il collega d’Oltreoceano due passettini, che insieme però non equivalgono all’intero passo per iniziare a dialogare seriamente.

Colpisce che, mediaticamente, anche al Cremlino quando c’è Trump di mezzo si utilizzi la politica dell’annuncio eclatante, urlato. Di “momento storico” ha per esempio parlato uno degli aiutanti di Putin. Storico perché, dopo anni, alla Russia viene di fatto riconosciuto dalla Casa Bianca lo status di “potenza”, tanto che ora Washington ha chiesto a Mosca di intervenire sull’Iran per riportare ordine anche in Medio Oriente. Kirill Dmitriev, inviato speciale di Mosca per la cooperazione, ha pure aggiunto: “Sotto la guida di Putin e Trump oggi il mondo è diventato un posto molto più sicuro”.

Per poter acconsentire alla pace, il Cremlino ha la necessità di mostrare di aver recuperato i fasti passati a livello globale. L’aspetto psicologico e comunicativo è centrale per compiere passi futuri, che potrebbero risultare anche non troppo popolari. Ma Putin oggi è di nuovo accettato come leader tra i grandi del mondo. Che per arrivare a questo punto ci abbiano lasciato la pelle milioni di persone e siano stati costretti ad abbandonare le proprie case milioni di civili non interessa ai “propagandisti” russi.

Quali sono dunque le prospettive per la composizione della tragedia russo-ucraina? Difficile fare oggi una previsione. E con quali tempi? Al momento Putin non ha fretta; Trump, invece, sì. Troppi rimangono i punti in sospeso da concordare in un serio piano di pace. Altre domande fondamentali rimangono senza risposta: che succederà alle regioni ucraine ora in mani russe? Quali garanzie geopolitiche di sicurezza verranno concesse a Kiev?

Se dovessimo fare una scommessa tra la secolare fine arte della diplomazia russa e quella grezza di un immobiliarista d’assalto di Manhattan, non avremmo dubbi. Con la politica Putin tenterà di prendersi quello che non ha conquistato con le armi. A meno che gli europei non finiscano per mettersi di traverso.