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Docenti senza posto: un’abilitazione da riabilitare

La vicenda dei tredici insegnanti di italiano in divenire solleva più di un interrogativo, nonostante le spiegazioni e le rassicurazioni di Decs e Dfa

In sintesi:
  • Quando il legittimo desiderio di diventare insegnanti si scontra troppo tardi con la situazione reale sul territorio
  • A sentirsi beffati, non c’è dubbio, gli abilitandi che a fine febbraio sono stati colpiti da un fulmine a ciel sereno
Di punto in bianco senza prospettive professionali
(Ti-Press)
21 marzo 2025
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“Si cerca di fare in modo che chi decide di investire tempo ed energie in percorsi di abilitazione, che necessitano di un grande impegno, abbia poi anche delle concrete possibilità di trovare un posto di lavoro negli anni seguenti, evitando così di formare persone che non avranno sbocchi in Ticino”. È in questi termini che si esprimeva la direttrice del Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport, Marina Carobbio, presentando lo scorso dicembre l’offerta formativa per futuri docenti. Una ricerca, insomma, di equilibrio tra il legittimo desiderio di diventare insegnanti e la situazione reale sul territorio. Dichiarazione che, con il senno di poi, lascia in bocca un retrogusto amaro.

A sentirsi beffati, non c’è dubbio, i tredici aspiranti docenti di italiano colpiti da un fulmine a ciel sereno. Selezionati dopo un percorso sicuramente non all’acqua di rose, da settembre stanno seguendo l’abilitazione per il medio superiore presso il Dfa di Locarno. Qualcosa va però evidentemente storto. Il 20 febbraio è stato infatti loro spiegato che “il fabbisogno stimato di nuovi docenti è calato”. Risultato? Una volta terminata l’abilitazione, a settembre del prossimo anno in nessuna scuola media superiore del cantone ci sarà posto per loro. Per nessuno di loro.

Sempre in dicembre, Carobbio precisava: “L’abilitazione non offre garanzie di un accesso sicuro e diretto a un posto di lavoro, ma è un requisito importante”. Ragione per cui “è fondamentale un buon coordinamento” con il Dfa. Ed è proprio questo coordinamento che sembra non aver funzionato, come dichiarato sabato alla Rsi dal direttore del Dfa Alberto Piatti. Ma non c’è da disperare. Certo, l’apertura dei bandi per l’abilitazione viene fatta sulla base di previsioni del fabbisogno di docenti. Non a caso quindi, in teoria. Certo, per accedere al Dfa, gli aspiranti insegnanti sono stati selezionati dopo un iter impegnativo che prevedeva, tra le altre cose, un esame orale e uno scritto. Certo, per candidarsi e poi seguire l’abilitazione, hanno dovuto rinunciare ad altre strade, pagare rette, studiare e scendere a compromessi. Ma appunto, state sereni, non c’è da disperare. “La formazione – ha rassicurato lunedì il direttore della Divisione della scuola Emanuele Berger – non è un anno perso. Il diploma conseguito darà loro la possibilità di concorrere per un posto di insegnamento non appena si libereranno delle ore”. Magra consolazione per chi, di punto in bianco, si è trovato senza prospettive professionali.

Tutto a posto allora? La risposta, va da sé, non può che essere negativa. Sono in effetti tanti i punti ancora da chiarire, molti dei quali messi nero su bianco negli atti parlamentari già depositati negli scorsi giorni. Primo tra tutti, come mai il coordinamento tra Decs e Dfa non abbia funzionato. Non va poi trascurata la critica di fondo al modello formativo dei futuri docenti, di cui questa vicenda rappresenta forse solo la punta dell’iceberg. A evidenziarlo, lo scrittore e insegnante Fabio Pusterla che, sull’edizione di martedì, parla di “lamentele e mugugni ricorrenti” che “solo raramente si sono trasformati in presa di posizione pubblica”. Si attendono dunque i primi chiarimenti, forse già durante la prossima sessione di Gran Consiglio al via lunedì. Una buona occasione per il governo di mostrarsi reattivo, dato l’interesse generale dell’argomento. Non da ultimo, l’auspicio è che l’istituzione annunciata in dicembre dell’Osservatorio docenti possa effettivamente contribuire a meglio pianificare le risorse per il sistema educativo cantonale, prevedendo per tempo le necessità di formazione di nuovi insegnanti.

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