La maggiore banca privata svizzera nonostante l’aumento colossale dell’utile nel 2024 ha affermato che bisogna procedere con tagli sul personale
Il miliardario austriaco René Benko, arrestato in gennaio nella sua villa di Innsbruck per il crac del gruppo immobiliare Signa, nel 2006 ottenne un prestito strutturato di 606 milioni di franchi da Julius Bär, la maggiore banca privata svizzera. Prestito mai rientrato, se non in minima parte. A Benko i capitali servivano, tra l’altro, per acquistare da Migros i grandi magazzini Globus. Tuttavia nel 2023 una serie di fattori, non da ultimo il conflitto in Ucraina, misero in seria difficoltà Signa, che si trovò esposto per 13 miliardi di euro. Benko si dimise dalla guida del gruppo, Globus passò in mani thailandesi e Julius Bär si ritrovò, come si suol dire, con il cerino in mano e con il titolo che subì forti scossoni in Borsa e l’utile netto che venne fortemente ridimensionato. Pur essendo il 2023 lo stesso anno del crollo di Credit Suisse, Julius Bär non ha mai corso un rischio analogo. Ha dovuto, però, aumentare gli accantonamenti, tagliare i bonus ai membri della direzione e iniziare a riflettere su di un piano di risparmi.
Ed eccoci al 4 febbraio scorso, con l’istituto privato che annuncia per il 2024 un utile netto di 1,02 miliardi di franchi, in crescita del 125% rispetto al 2023, oltre a un consistente afflusso di capitali da parte della clientela. Insomma, il ciclone Benko-Signa sembra essere passato, il direttore generale Philipp Rickenbacher sotto la cui gestione Julius Bär ha tremato si è dimesso e, al suo posto, è arrivato un nuovo Ceo, Stefan Bollinger. Il quale nonostante quell’aumento colossale dell’utile se n’è uscito affermando che bisogna comunque procedere col taglio dei costi. E quando si parla di costi a cosa pensano i top manager se non al personale? Che verrà ridotto del 5%. Ovvero salteranno 400 posti di lavoro. D’altronde anche Ubs, dopo aver rilevato Credit Suisse per poco o niente con Finma, Banca nazionale e Consiglio federale ai suoi piedi, si affrettò ad annunciare grossi tagli del personale. Nel frattempo il valore della sua azione è quasi raddoppiato, per la gioia di chi possiede titoli del colosso bancario guidato da Sergio Ermotti.
Julius Bär, dal canto suo, ha pagato il dividendo anche nel 2023. Sulla prevista ristrutturazione, con le pesanti ricadute sui dipendenti, è insorta l’Asib, l’Associazione svizzera degli impiegati di banca la cui vicepresidente, Natalia Ferrara, ha definito “incomprensibile” la decisione, deplorando il fatto che i dipendenti abbiano appreso la notizia dai media. Intanto la Finma che non sempre, come nel caso di Credit Suisse, dà l’impressione di scarsa vigilanza, ha aperto un’inchiesta sui rapporti tra René Benko e Julius Bär.
Va detto che nella storia recente di questa banca i casi di comportamenti illeciti non sono infrequenti. Nel 2021, ad esempio, pagò una multa di 79,7 milioni di dollari al Dipartimento di giustizia statunitense, dopo che un suo dirigente argentino, Jorge Arzuaga, ammise di aver pagato una tangente al presidente della federazione calcistica del Paese sudamericano. Una vicenda che costò a Julius Bär una reprimenda anche da parte della Finma. Come pure avvenne per un caso di riciclaggio in Venezuela.
Insomma: è caduto il segreto bancario, Berna ha stabilito accordi di collaborazione fiscale con molti Stati, ma i vizi di sempre sono duri a morire.