Trump e Putin hanno deciso di sedersi al tavolo per la questione ucraina. In troppi però, Europa compresa, hanno molto da perdere
Sull’Ucraina si inizia finalmente a negoziare, ma non sono ancora chiari i contorni di una trattativa complicatissima, a cui non si capisce nemmeno ancora chi parteciperà.
Dopo settimane di annunci, smentite e fughe di notizie, Donald Trump e Vladimir Putin si sono, quindi, parlati ufficialmente e si incontreranno in Arabia Saudita. Questo è almeno quanto comunicato all’opinione pubblica. Nelle stesse ore, in Europa, l’ovvio è stato ribadito agli alleati dal neosegretario della Difesa Usa Hegseth: impensabile oggi che l’Ucraina possa tornare ai confini di prima del 2014; non se ne parli nemmeno dell’adesione di Kiev all’Alleanza atlantica, eventualità che potrebbe causare uno scontro diretto tra Nato e Russia.
Bisogna, pertanto, negoziare, partendo da basi realistiche. Il che significa che sarà indispensabile fare concessioni per raggiungere la pace e per costruire un’architettura di sicurezza stabile. Una prima parzialissima conclusione: Trump ha il non piccolo merito di essere riuscito a far uscire dal suo guscio Putin, che è fermo sulle sue condizioni negoziali (di chiusura) dell’autunno 2021.
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Vecchie strette di mano
Per il capo del Cremlino, non lo si dimentichi, la questione “Ucraina” è di carattere esistenziale e non importa che la Russia stia pagando un prezzo economico salatissimo per la sua “Operazione speciale”. Logico, dunque, che, ora in apparenza, questo inizio di dialogo pare sia favorevole al Cremlino. E non poteva essere diversamente se si intende invogliare Putin a trattare seriamente.
Fin dai tempi della Guerra fredda americani e russi sono abituati tra loro a negoziare in maniera muscolare. Chi vorrà sedersi al tavolo dovrà essere, in breve, pronto a fare altrettanto. Al momento il gioco, impostato da Washington e da Mosca, è quello di buttare la palla in campo europeo e ucraino. Bruxelles troverà risorse finanziarie per sostenere in futuro Kiev sia militarmente sia per la ricostruzione? E, se necessario, l’Ue potrà radunare una forza di interposizione da dislocare sulla linea del fronte lunga oltre mille chilometri? Si parla da 100 a 200mila di soldati peacekeeping.
Alcune opinioni pubbliche continentali non hanno ancora compreso che è il 24 febbraio 2022 – giorno dell’entrata delle truppe russe in Ucraina – la data spartiacque del nuovo scenario internazionale e non l’elezione di Donald Trump, concentrato soprattutto sulla sfida con la Cina, unico Paese a poter contendere agli Usa la leadership mondiale. Ecco spiegato perché il capo della Casa Bianca intende fare presto a risolvere la questione ucraina.
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Sagome inconfondibili
Quando si negozierà ci saranno, però, tanti ostacoli da superare. Il primo: quali concessioni è disposto a fare il Cremlino? Putin vuole vantaggi geopolitici (in violazione del diritto internazionale) collegati alla cancellazione delle sanzioni economiche. Il secondo: come reagiranno gli ucraini e le loro Forze armate alle varie ipotesi di accordo?
Il terzo: che faranno gli europei ex “satelliti” di Mosca, i quali si stanno adesso armando fino ai denti? Il quarto: il Regno Unito, che ha sostenuto lo sforzo bellico di Kiev fin dall’inizio, rimarrà a guardare? Il quinto: nascerà una Ue nuova potenza politico-militare mondiale?
La trattativa della svolta è partita. Chi si dimostrerà debole è destinato a soccombere.