laR+ IL COMMENTO

Lugano tra tuffi negati e un bagno d'umiltà

Trascorso l'anno elettorale, nel 2025 l’emergenza finanziaria torna a dettare l’agenda politica

In sintesi:
  • L'esigenza di risparmiare diventa il principale obiettivo di legislatura della Città
  • Criticate la chiusura della piscina di Carona e il Municipio che incolpa chi contesta il Glamping
Palazzo Civico Lugano
(Ti-Press)
11 gennaio 2025
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Allarme rosso per i conti della Città. L’anno appena trascorso, per Lugano, sarà ricordato soprattutto per la difficoltà finanziaria e per l’elezione del suo primo rappresentante Udc, Marco Chiesa. Invece, non finirà negli annali di storia locale la scelta del Municipio di chiudere la piscina di Carona. Di sicuro se ne parlerà ancora nel 2025 perché l’Esecutivo, di fatto, ha penalizzato tutta la cittadinanza eliminando un servizio molto apprezzato. Peggio: l’autorità politica ha scaricato la responsabilità dell’interruzione dell’attività balneare sugli oppositori del partenariato pubblico-privato con il Tcs, che prevede, in parte nella zona boschiva, una trentina di casette per il Glamping nel parco della piscina.

Le due questioni sono legate da un comune denominatore: l’emergenza finanziaria. Un’emergenza che assumerà i contorni del principale obiettivo di legislatura che è emersa ora nella sua notevole gravità e contro la quale occorrerà raddrizzare la conduzione al più presto per evitare il tracollo. Tutto questo nonostante la tempesta fosse preannunciata da tempo, perlomeno dall’autunno 2021, dopo il voto popolare favorevole alla realizzazione del Polo sportivo e degli eventi (Pse). Per anni sono rimaste inascoltate le parole e le indicazioni scritte dai partiti rappresentati nell’Esecutivo che chiedevano maggiore rigore finanziario e invitavano il Municipio a fissare le priorità. Tanto che i liberali hanno picchiato i pugni sul tavolo bocciando il Preventivo 2025. La situazione è tanto critica che nei prossimi anni il menu politico prevederà una “dieta” e non mancheranno le discussioni.

Ma la Città di Lugano è davvero messa così male da dover inviare il capodicastero Finanze Marco Chiesa, accompagnato da un alto funzionario cantonale, in Inghilterra a caccia di globalisti in fuga dall’isola per la fine dei privilegi fiscali? Un’iniziativa di per sé discutibile che rappresenta una novità per le nostre latitudini.

Città e Cantone condividono una cagionevole salute finanziaria. In riva al Ceresio, oltre ai risparmi minori, come la rinuncia all’aperitivo di Natale per i dipendenti e al panettone ai consiglieri comunali, si prospettano interventi molto più incisivi da quest’anno. A cominciare dal taglio dei costi di dieci milioni di franchi, votato dal Consiglio comunale lo scorso 16 dicembre, passando al calo degli investimenti annuali da 60 a 45 milioni di franchi, con alcune rinunce fino all’ipotesi di vendita di qualche bene immobiliare (tipo villa Heleneum), oppure di cessione di partecipate, tipo Casinò Lugano Sa o addirittura di Ail Sa. Come è possibile che ci si trovi in tale situazione?

Ci sono parecchie similitudini con quanto capitato dieci anni fa: finanze pubbliche in profondo rosso e Lugano che dovette affrontare il cantiere e la concretizzazione del Polo culturale, inaugurato nel 2015, con maggiori spese negli anni successivi. Un investimento oneroso costato circa 220 milioni di franchi, quasi tutti a carico della Città. Con il Pse all’orizzonte, sta capitando qualcosa di paragonabile. Nel 2014 il moltiplicatore d’imposta balzò dal 70 all’80%, per arretrare al 78% nel 2018 e l’anno successivo al 77%. Insomma, la città spesso indicata come la locomotiva economica del cantone avanza col freno tirato. S’impone un bagno di umiltà.