laR+ IL COMMENTO

Una tragedia di nome Emmaus

Il villaggio palestinese venne raso al suolo nel 1967, i suoi abitanti deportati. Ahmed, che lì è nato, da moderato è diventato un simpatizzante di Hamas

In sintesi:
  • L’uomo non capiva come l’Occidente cristiano potesse rimanere ignaro e indifferente alla sorte di un villaggio citato anche nelle scritture
  • La sua delusione è andata man mano crescendo di fronte all’occupazione israeliana e all’incapacità della leadership palestinese laica
Rifugiati palestinesi si apprestano ad attraversare il fiume Giordano, 1967
(Keystone)
22 novembre 2023
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Nella tradizione cristiana, Emmaus è il villaggio della Palestina in cui Gesù riapparve ad alcuni apostoli per consolarli e incoraggiarli dopo la sua resurrezione. E il Caravaggio vi dedicò uno dei suoi più celebrati dipinti. Pochi però sanno, anche fra credenti e praticanti, che non esiste più. Perché e con quali conseguenze per i suoi abitanti? E perché parlarne oggi?

Riuscii a ricostruirne la vicenda grazie a un docente di origine palestinese, professore a Losanna. Può servire a rispondere a una delle questioni centrali riproposte dall’attuale tragedia mediorientale. Del protagonista della storia fornirò solo il nome: Ahmed, insegnante di inglese, appartenente a una delle famiglie più influenti del villaggio, ragazzino nel 1967, l’anno di quanto sto per raccontarvi.

La regione si chiama Latrun, situata ai piedi del monte la cui strada, oggi trafficatissima, porta velocemente a Gerusalemme. Già nella guerra del 1948 – scatenata dai Paesi arabi che respinsero la risoluzione Onu sulla divisione della Palestina storica in due entità statali, Israele e Palestina – Ben Gurion aveva cercato di conquistare Amwas (nome arabo di Emmaus), allora sotto sovranità giordana. Il padre dello Stato ebraico voleva conquistare quelle terre per garantire a Israele una rapida via d’accesso alla “città santa”: non ci riuscì, e fu allora l’unica vittoria della coalizione araba. Con la guerra lampo dei sei giorni, le cose andarono diversamente. Emmaus (poche migliaia di abitanti, molti i lavoratori nelle vigne del locale convento trappista) fu conquistato e raso al suolo dagli israeliani, che ne deportarono gli abitanti verso i campi profughi di Betunyia e Ramallah.

Incontrai dunque Ahmed, allora laico sostenitore di Arafat e della soluzione dei ‘due Stati’ prospettata a Oslo. Mi portò nella ‘foresta Canada’, nata grazie alla generosità ebraica canadese. Sotto quelle piante, i resti della sua Emmaus. Luogo di pic-nic dei turisti israeliani. In diversi squarci del terreno erano visibili numerose tracce del villaggio demolito. Mi fece ‘visitare’ anche i segni della casa sua: «Quella era la nostra cucina, lì la sala, ecco i muri delle stanze». E così per molti altri ruderi. Un racconto penoso, straziante.

Ahmed mi portò anche da un giornalista e scrittore che aveva fatto parte del reparto entrato a Emmaus. Confermò tutto. Da un suo ex commilitone, fotografo, ottenni alcune istantanee dell’espulsione forzata dei palestinesi. Colonne di fuggitivi lungo strade sterrate e tortuose. Va del resto ricordato: è lungo l’elenco dei villaggi arabi distrutti da Israele nel ’48 e nel ’67. Ne ha scritto molto lo storico Benny Morris. Uno dei responsabili dell’Ente che si occupò della crescita di molti “boschi” finanziati dalla diaspora sopra le macerie di diversi villaggi arabi confessò: «Si trattava anche di nascondere quel che stava là sotto».

Ahmed non capiva come l’Occidente cristiano potesse rimanere ignaro e indifferente alla sorte di un villaggio citato anche nelle scritture. Lo incontrai altre due volte. Sempre più deluso e amareggiato. Nell’ultimo colloquio mi fece capire che, di fronte all’occupazione israeliana e all’incapacità della leadership palestinese laica, le sue simpatie politiche andavano ormai ad Hamas, sempre più popolare nei Territori, anche prima della strage di civili ebrei del 7 ottobre e della micidiale e ancor più deprecabile (per numero di morti) ritorsione israeliana su Gaza.

Domanda: se si fosse data speranza agli accordi di Oslo (sepolti soprattutto per l’opposizione di Netanyahu), se l’Olp non fosse stata ridotta alla sudditanza, Hamas sarebbe stata in grado di privare Israele del mito della sua sicurezza?

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